17.

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Ermal si svegliò nel cuore della notte, a causa di un rumore sordo proveniente dal bagno. Senza aprire gli occhi, che erano ancora troppo appesantiti dal sonno, allungò una mano dall'altra parte del letto, stupendosi di trovarla vuota e fredda. Il suo compagno doveva essersi alzato da tempo.

Si strofinò gli occhi con il dorso della mano, sbadigliando rumorosamente prima di mettere i piedi sul pavimento ed alzarsi.

Fabrizio era in bagno, chino sulla tazza del water. Le gambe del giovane si mossero da sole, quasi corse per raggiungerlo. Si chinò vicino a lui, con un senso di apprensione che gli cresceva nello stomaco, e gli spostò i capelli dalla fronte. Era terribilmente sudato e tremava. Lo sostenne, finché i conati non smisero di scuoterlo, per poi aiutarlo a sedersi vicino a lui.

"Ti prendo dell'acqua"

"Non lasciarmi da solo"

"Brì, guardami". Fabrizio era bianco come uno straccio, con delle occhiaie violacee che gli davano un'aria ancor più malata. "Non ti lascio da solo, vado solamente in cucina. Chiudi gli occhi, conta fino a 30 e quando li riaprirai sarò qui con te"

Chiudi gli occhi amore mio, andrà tutto bene. Chiudi gli occhi e aspetta, torno da te in un lampo. La voce di sua madre gli risuonava chiara nella mente. Lo riportò alla sua infanzia, quando la donna subiva in silenzio, senza mai lamentarsi. Lo proteggeva, lo schermava dalla furia del padre. I minuti diventavano però ore, il silenzio si riempiva di urla e la consapevolezza che tutto si sarebbe sistemato volava via. Come una bolla.

Ma questa volta non voleva fallire. Avrebbe sacrificato anche se stesso pur di rivedere il compagno in piedi. Gli avrebbe offerto un pezzo di cuore, la sua mente, i suoi polmoni, qualsiasi cosa. Si sarebbe aperto, si sarebbe privato addirittura dei suoi organi, pur di poterlo aiutare.

"Sono qua. Bevi". Gli porse il bicchiere, ma l'altro non mosse un muscolo. "Brì, per favore"

Silenzio. L'altro se ne stava seduto, immobile, Solo il suo respiro irregolare a riempire il vuoto nella stanza.

"Er, devo farmi"

"No Fabrizio. Non lascerò che tu ti distrugga"

"Ne ho bisogno"

"Lo so. Ma sei più forte di questo. Ti prego, non cedere. Parlami, piuttosto. Insultami. Fai qualsiasi cosa, ma ti prego dal profondo del cuore, non mollare"

Gli occhi del compagno erano vuoti, inespressivi. Sembrava un cadavere, un corpo vuoto privo di qualsiasi umanità. L'unica cosa che lo faceva sembrare vivo erano i movimenti scomposti causati dai brividi.

"Usciamo da questo bagno. Appoggiati a me, ti accompagno in camera". Il giovane si era alzato in piedi, porgendo una mano al compagno, che prontamente afferrò. Con passi malfermi il musicista aveva quasi raggiunto il letto, ma un crampo allo stomaco lo fece piegare nuovamente.

Ermal prontamente si abbassò per aiutarlo, ma l'altro lo spinse via.

"Lasciami in pace cazzo!"

"Brì, per favore. Sto solo cercando di aiutarti"

"Non voglio essere aiutato, ho bisogno di una cazzo di dose". Fabrizio l'aveva afferrato per le spalle e l'aveva iniziato a scuotere, senza rendersi pienamente conto delle sue azioni.

Il giovane, dal canto suo, si era spaventato per l'irruenza del maggiore. Cominciava a sentirsi minacciato, nonostante sapesse che il ragazzo fosse mosso solo da una mancata lucidità.

"Ermal cazzo ne ho bisogno. Ti prego, ragiona"

"Sto ragionando, proprio per questo ti dico di no. Devi resistere, fallo per te"

"NO!". La voce gli era uscita strozzata e l'urlo gli era morto in gola. Il giovane aveva fatto un passo indietro, spaventato dalla violenza che trapelava dal tono del musicista.

L'altro, dal canto suo, aveva sferrato un pugno contro la parete. Era totalmente fuori controllo, non ragionava più. Era mosso solo una disperata astinenza. I colpi arrivavano uno dopo l'altro, contro qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.

Ermal continuava ad indietreggiare. Con le spalle aveva raggiunto la parete opposta, ma ancora non si sentiva al sicuro. Si accasciò al suolo, portandosi le gambe al petto. Aveva chiuso gli occhi e aveva iniziato a piangere. Il rumore dei pugni che l'altro stava sferrando li sentiva arrivare su di sé, nonostante nessuno lo stesse in realtà colpendo. Era in piena crisi di panico e l'aria sembrava non raggiungerlo più.

Fabrizio alla fine si era calmato e si era fermato con la fronte rivolta verso il muro, riprendendo a respirare regolarmente.

"Ermal?"

Silenzio.

Il maggiore si decise a girarsi e la figura del giovane entrò nel suo campo visivo. Era raggomitolato su se stesso, i ricci a coprirgli il viso e un leggero tremore che lo faceva sembrare ancor più fragile di quel che era.

"Cazzo". Fabrizio imprecò sottovoce per la sua stupidità e si decise a raggiungere il riccio.

"Ehi ricciolì, calmati. Va tutto bene"

"N... on picchiarmi"

Fabrizio si sentì ancora più in colpa. "Nessuno vuole picchiarti, sei al sicuro".

Ma il ragazzo non lo ascoltava, era totalmente assente. "Mi farai male".

"Non ti farei mai del male"

Un'altra volta le parole non furono reperite. "Ti prego, non sul viso, non riesco a nasconderli i lividi".

Il musicista smise allora di rispondere, si limitò ad abbassarsi alla sua altezza per stargli vicino.

"Papà mi dispiace"

"Ermal, non sono tuo padre. Lui non è qui. Nessuno vuole farti del male. Ti prego, torna da me"

Fabrizio cominciava a temere che l'altro non sarebbe più tornato in sé. Era terrorizzato da ciò che Ermal stava vivendo in quel momento. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé e sussurrargli che non l'avrebbe mai lasciato solo. Ma non poteva toccarlo, in quello stato.

"Fab"

"Dimmi"

"Ho paura"

"Non devi avere paura, sono qui con te. Sono qui per te"

"Allora abbracciami"

Fabrizio passò le sue braccia tatuate attorno alle spalle dell'altro, avvicinandolo a sé. La testa del riccio si appoggiò al suo petto e rimase lì, immobile, respirando impercettibilmente.

"Ermal, mi dispiace. Ho fatto un casino"

"Sto bene"

"No, non stai bene. Smettila di fare l'eroe"

"Era solo un attacco di panico"

"Non era solo un attacco di panico"

"Brì...". Ermal si lasciò sfuggire un singhiozzo. "Io ho paura. Ho paura che possa tornare a prendermi. Ho paura di poter tornare all'inferno. Ho paura cazzo"

"Lo so che hai paura, ma ti prego, parlami. Sfogati. Piangi. Lasciati andare, non devi fare tutto da solo, sono qui con te"

"Andiamo a letto"

Tra le lenzuola Ermal liberò tutti i suoi timori. E pianse. Pianse in modo scomposto, singhiozzando, tremando. Era aggrappato alla maglia del compagno, che nel frattempo gli accarezzava la schiena, cercando di dargli quel minimo di sollievo che il giovane tanto cercava, ma mai raggiungeva. Disegnava grandi cerchi, fermandosi di tanto in tanto all'altezza delle spalle per massaggiargliele. Gli lasciava numerosi baci nei capelli, inspirando quel profumo che tanto gli era mancato.

Alla fine crollarono entrambi, stanchi e spossati, ma con meno peso sullo stomaco. 

Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho [MetaMoro]Where stories live. Discover now