3.

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**attenzione: capitolo con scene di sesso esplicite**

Ermal aveva raggiunto il bar e si era lasciato cadere su uno sgabello sgangherato. Aveva bisogno di scaricare la tensione della giornata.

Ordinò un boccale di birra al barista, il quale glielo servì con riluttanza, dopo averlo squadrato da capo a piedi. Dimostrava meno anni di quelli effettivi e il suo colorito lo faceva sempre sembrare malaticcio. Ma la sua aria così affranta aveva convinto l'uomo a non ribattere ulteriormente.

Dopo aver agguantato il suo terzo boccale di birra, il ragazzo si alzò per avvicinarsi al piccolo palco allestito al centro del locale.

Lì un ragazzo si era appena sistemato tenendo ben salda una chitarra. Aveva uno sguardo poco lucido, ma brillava di luce propria. Come se quello fosse davvero il suo posto nel mondo.

Suonava con rabbia, con convinzione. Le sue dita si muovevano sulle corde con la velocità di un uragano. La sua voce graffiava l'aria, riducendola in poltiglia. Muoveva la testa a ritmo, scuotendo i suoi lunghi capelli. Sembrava a suo agio, doveva esserlo davvero.

Ermal lo osservava con aria trasognante. Lo invidiava. Invidiava la sua sicurezza. Invidiava la sua sfrontatezza. Invidiava la sua voce.

Avrebbe pagato oro per essere come quel ragazzo, anche solo per un’ora. Invece lui era completamente diverso: lui era l’emarginato, lo sfigato. Lui era il ragazzo destinato a rimanere nell'ombra. Il ragazzo su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo.
Si sentiva inadeguato.

Quasi iniziò ad odiare l'artista sul palco. Cazzo, con quella sua faccia così da duro. Con quelle sue braccia tatuate. Con quel suo sguardo tronfio. Sembrava quasi lo stesse sfidando.

Una volta terminata l'esibizione, Ermal cominciò a sentirsi sollevato.

Non reggeva il confronto. Era un bambino viziato. Quello stronzo aveva tutte le fortune.

Inoltre, tutto l'alcool ingerito cominciava a dargli alla testa. Ma soprattutto, gli aveva ingigantito la vescica. Barcollando si diresse verso il bagno del locale, sperando di non incontrare nessuno.

Si chiuse nella cabina con una velocità fulminea. Si rese conto di avere anche una leggera nausea, ma non riusciva a vomitare.

Quando riaprì la porta quasi non fece un infarto. Il ragazzo di prima, quello sul palco, era lì. Con la sua faccia tosta. Era appoggiato al lavandino a fumare una sigaretta.

Ermal fu costretto a passargli di fianco per raggiungere il secondo rubinetto.

“Ti ho visto sotto il palco prima. Avevi una faccia schifata”

Il giovane sobbalzò. Non si aspettava che l’altro gli rivolgesse la parola.

“Schifata? No, anzi. Sei stato molto bravo”

L'altro rispose sbuffando una nuvola di fumo.

“Tieni un tiro. Hai la faccia di uno che ha bisogno di tirarsi su”

“Oh, no. Io… non fumo”

“Povera ragazzina. Mammina ti ha detto di non accettare caramelle dagli sconosciuti?”

Dicendo questo, estrasse una bustina trasparente dalla tasca anteriore dei jeans. Prese una pastiglia di un colore fluorescente tra le dita e la mostrò all'altro.

“La vedi questa? Ah ragazzo, non sai cosa ti perdi”. Come per sfida, allungò bene la lingua appoggiandovi la pasticca al centro.

Ermal si sentiva sbeffeggiato. Odiava sembrare stupido.

“Non sono un bambino. Vai, passa”

L’altro per tutta risposta si avvicinò e, in una frazione di secondo, infilò la sua lingua nella bocca dell'altro che strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.

Una volta che si fu allontanato, sentì la pasticca sciogliersi e l'effetto farsi strada.

Era meraviglioso. Aveva abbandonato tutta la merda della giornata precedente. Al suo posto si era fatta largo l’euforia. Vedeva i colori amplificati, così come i suoni.

“Non penserai di tenertela per te”
Un minuto dopo, i due avevano le labbra incollate. Si passarono la pasticca da una lingua all'altra, fino a che non si sciolse completamente.

Questo aveva mandato su di giri il più giovane, al quale un’erezione vistosa era esplosa nei pantaloni. Gemette piano, mentre la lingua dell’altro gli leccava il labbro inferiore.

Nonostante non avessero più nessuna pasticca da condividere, le loro lingue continuavano a rimanere avvinghiate.

“Voglio scoparti” ruggì il musicista, cominciando a spingere l'altro nel cubicolo del bagno.

Dopo aver chiuso la porta, si avventò nuovamente sul giovane. Lo teneva in pugno. Il ragazzo era con le spalle al muro, con il corpo dell'altro appoggiato al suo.

Continuò a baciarlo, quasi con rabbia, facendo strusciare i loro bacini. Risucchiava ogni centimetro delle sue labbra, facendolo sospirare. Cominciò ad interessarsi anche al suo collo, che iniziò a baciare e a mordere con foga, lasciando visibili segni rossi.

Gli tolse la maglia, quasi gliela strappò via. Cominciò a stuzzicare i suoi capezzoli, prima con le dita, poi con la bocca. Ci sapeva fare, sapeva che stava abbattendo ogni difesa del giovane. Cominciò a disegnare piccoli cerchi con la lingua sul suo petto, per poi iniziare a scendere.

Con la bocca percorse tutta la sua pancia, per raggiungere poi i suoi pantaloni. Con mano sicura sfilò la cintura ed inserì la mano nei jeans. Poteva sentire l’eccitazione dell'altro attraverso i boxer.

Una volta abbassati i pantaloni, afferrò il suo pene turgido, senza però eliminare l’attrito delle mutande. Lo stava facendo impazzire. Lo sentiva gemere violentemente.

Si inginocchiò ai piedi del ragazzo e percorse tutta la lunghezza dell'asta turgida con la lingua.

Alla fine, decide di abbassargli anche i boxer. Cominciò a succhiare e a leccare con foga, provocando un urlo all’altro. Sapeva come far impazzire gli uomini, conosceva tutti i loro punti deboli.

Mentre con la lingua indugiava sulla cappella, con la mano gli stimolava i testicoli. Non appena si rese conto che il ragazzo era quasi al limite, si fermò.

Si svestì anche lui, con una velocità fulminea. Prese il ragazzo per le spalle e lo girò di schiena. Gli permette la sua erezione sui glutei. Erano entrambi estremamente eccitati, complice anche la droga in circolo.

Il musicista non riusciva più ad aspettare, voleva possederlo. Fece inclinare il ragazzo, per favore la penetrazione. Decise prima di prepararlo: con un sapiente lavoro di dita e saliva riuscì a farlo rilassare.

Appoggiò quindi il suo membro sull’apertura del giovane e spinse piano. L'altro si irrigidì per il dolore, ma non si arrese. Inumidì nuovamente entrambi e riprovò. Con un paio di spinte e di imprecazioni, era finalmente dentro. Si muoveva con foga, era su di giri. Anche l'altro sembrava gradire, i loro gemiti si stavano fondendo nell'aria.

Con un verso più forte dei precedenti, Fabrizio venne e si svuotò nel giovane.

Dopo essersi staccato dal corpo dell'altro, lo fece voltare nuovamente. Lo baciò con trasporto, afferrando la sua erezione. Voleva far concludere anche lui.

Si inginocchiò davanti a lui e ricominciò il lavoro di bocca interrotto precedentemente. Si muoveva con rapidità e sapienza, facendo morire il ragazzo che nel frattempo aveva portato una mano nei suoi capelli, muovendogli la testa con foga. Sentiva che stava per venire, quindi aumentó ulteriormente la velocità. Con un gemito, il ragazzo si svuotò nella bocca del musicista, che non fece andar persa nemmeno una goccia.

“Devo scappare. Stamme bene ricciolì”, disse Fabrizio uscendo dalla porta.

Il ragazzo, rimasto solo, si rivestì.

“Ah comunque, io suono qua tutte le sere. Se vuoi fare un salto, mi trovi sempre qua”. Questa volta il musicista se ne andò davvero, non prima di aver fatto un sorriso ammiccante all’altro, che rispose con un'espressione imbarazzata.

Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho [MetaMoro]Where stories live. Discover now