4.

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Quando Ermal rincasò, erano ormai le quattro inoltrate. Per percorrere lo stretto corridoio che lo separava dalla sua stanza, si sfilò le scarpe, per non fare eccessivo rumore e per non rischiare di svegliare suo padre.

Già si immaginava la sua reazione, che d'altronde non sarebbe stata diversa dalle solite. Un brivido di paura gli attraversò la spina dorsale quando superò la camera del genitore. Un rumore lo fece sobbalzare, facendogli perdere la presa sulle calzature, che caddero rovinosamente a terra.

"Merda", imprecò sottovoce. Aumentò la velocità e si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, mentre svelto si infilava sotto le coperte per simulare un sonno profondo. Il cuore gli martellava nel petto. Faceva un rumore infernale quel maledetto muscolo. Era convinto che gli sarebbe saltato fuori dal petto.

Quando si rese conto che in casa non vi era nessun rumore oltre al suo battito cardiaco e che nessuno stava per entrare per assalirlo, si calmò e si mise a dormire.

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Fabrizio, dopo aver lasciato il riccio da solo nel bagno, corse via. Una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco, un qualcosa di mai provato prima.

L'ecstasy assunta, mista alla grande quantità di alcool ingerita in precedenza, gli aveva fatto perdere il controllo. Non era la prima volta che gli capitava di avere rapporti occasionali, ma questa volta era stato diverso. Era stato con un uomo. Era come se, una volta annullata ogni forma di raziocinio, riuscisse ad essere libero di esprimersi.

Da ragazzo, aveva avuto una storia con un uomo. Forse era stata l'unica volta in cui si era innamorato sul serio. Ma era terrorizzato all'idea di sentirsi diverso, come se la sessualità fosse un metro di giudizio. Eppure, da allora aveva deciso di reprimere le sue pulsioni sotto strati di sesso promiscuo.

Mentre questi pensieri gli attanagliavano il cervello, raggiunse la sua abitazione. Quando entrò, si sorprese per lo stato in cui versava l'abitacolo. Poi si ricordò di quanto fosse strafatto la sera precedente e i pezzi del puzzle si ricomposero.

Afferrò un vecchio vinile dei Talking Heads e cominciò a sistemare.

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Quando Ermal si svegliò, l'orologio sulla parete segnava le 15 e 30. Si sentì sollevato, a quell'ora suo padre era al lavoro.

Quando cercò di alzarsi, una fitta alla testa gli fece perdere l'equilibrio. Non era abituato a bere, lo faceva solo in rare occasioni. Ma la sera prima aveva esagerato, causa anche degli avvenimenti del pomeriggio.

La sera prima. Appena i ricordi riaffiorarono in superficie, si sentì in imbarazzo. Aveva fatto sesso con uno sconosciuto. In un bagno di un bar. Fatto. La situazione era così fuori dagli schemi che lo fece sorridere. Sorrise sì, perché si era sentito bene. Si era sentito sereno, per la prima volta dopo molto tempo. Probabilmente erano le sostanze ingerite ad avergli reso la mente leggera, o forse l'ebbrezza che porta con sé il sesso.

Decise di alzarsi e andare a mettere qualcosa sotto i denti. Non aveva per nulla fame, anzi, aveva un grande senso di nausea. Però il cibo lo aiutava sempre dopo le rare sbornie.

Dopo aver mangiato, si infilò sotto la doccia, che ebbe un effetto ricostituente. L'effetto dell'aspirina presa a seguito del pranzo iniziava a farsi sentire. Cominciava lievemente a sentirsi meglio.

Ritornato in camera, si sedette sul letto con la sua chitarra. Aveva scritto un testo, pochi giorni prima e voleva provarlo. Prese il block notes scarabocchiato dalla scrivania e, dopo un paio di ritocchi, iniziò a suonare.

Quale stagione arriva per me adesso?

Non sarà l'ultima e nemmeno l'unica

a far sanguinare la mia pelle giovane e stanca

non farà più male di quelle mani dure come pietre

sulle mie giovani speranze

ma forti quanto quest'anima

Suonava con così tanta convinzione e con così tanta foga, da non sentire suo padre rientrare. E nemmeno lo vide quando si affacciò sulla porta della sua stanza.

"Che cosa cazzo stai facendo?" ringhiò l'uomo, "sempre con queste stronzate stai? Quand'è che ti concentrerai sulle cose importanti?". Dicendo questo, si avvicinò al ragazzo che nel frattempo si era paralizzato dalla paura.

"Con la musica non si campa, studia piuttosto. Immagino che tu abbia sprecato la giornata così". Ermal annuì. Aveva davvero passato il pomeriggio a suonare.

"Papà, ma la musica per me è importante. Suonare per me..." un ceffone non gli fece concludere la frase e le parole rimasero lì, a galleggiare nel vuoto.

Suo padre lo stava fissando con occhi di ghiaccio, mentre i suoi iniziarono a riempirsi di lacrime. Non tanto per il dolore, ma quanto per l'umiliazione. Per lui la musica era fondamentale, era parte di lui. Aveva ancora la chitarra salda in mano, non l'avrebbe lasciata per nessun motivo. La considerava la sua arma. Per questo motivo, decise di mettersi a suonare. Sperava, anzi, era convinto, di riuscire a plasmare suo padre.

Ma la musica è solo per animi nobili e le bestie non cambiano. Non cambiano mai.

Pochi minuti dopo, si ripeterono gli avvenimenti del pomeriggio precedente: lui a terra e suo padre a colpirlo. Questa volta era ancora peggio, c'era la consapevolezza. Ermal sapeva che suo padre non l'avrebbe mai accettato. Sapeva che l'avrebbe sempre odiato. Non importava quanto il ragazzo si impegnasse, il genitore l'avrebbe sempre calpestato.

"Cos'ho fatto per meritarmi un figlio del genere? Nessuno vorrebbe avere a che fare con una merda come te", dicendo questo si allontanò.

Il ragazzo si alzò a fatica da terra e decise che questo era il momento di andarsene. Non ce la faceva più a reggere. Prese il suo zaino e ci infilò dentro dei vestiti alla rinfusa, indossò gli occhiali da sole per coprire l'ematoma che da lì a poco sarebbe spuntato, afferrò la chitarra e lasciò la casa.

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Fabrizio era al locale ed era in procinto di salire sul palco. Questa volta aveva deciso di esibirsi da lucido, voleva percepire tutte le sensazioni che l'esibizione comportava, il più limpidamente possibile.

Cantò e suonò meglio del solito, era carico quella sera. Voleva spaccare il mondo. Le sue parole fendevano l'aria come lame taglienti e le sue dita correvano sulle corde della chitarra come se fosse la cosa più naturale del mondo. Si sentiva Dio.

Quando terminò l'esibizione, urli di approvazione si alzarono dalla folla. Un sorriso spontaneo si formò sul suo viso: era fiero di se stesso, per la prima volta.

Tra la gente, cercò il volto del ragazzo della sera precedente e con un po' di delusione si rese conto che non era presente. Peccato, l'avrebbe rivisto volentieri. Non gli aveva nemmeno chiesto il suo nome.

Lasciati gli strumenti nella stanza apposita, si diresse in bagno per sciacquarsi il viso. Si era scatenato parecchio sul palco e il sudore gli gocciolava sulla fronte.

L'acqua fresca lo rinvigorì ulteriormente: quella sera stava davvero bene. Mentre osservava il suo riflesso nello specchio, vide la porta del bagno dietro di lui aprirsi e una figura dirigersi al lavandino di fianco al suo. All'inizio non ci fece particolarmente caso, ma appena mise a fuoco la sagoma, riconobbe in lui il ragazzo della sera precedente.

"Ehi regazzì, anche stasera qua?". L'altro non rispose, si limitava ad inspirare ed espirare rumorosamente.

"Tutto bene?", Fabrizio si avvicinò, fino ad eliminare la distanza tra i due. Ermal si levò gli occhiali, piantando gli occhi in quelli del musicista che non appena vide il livido, cambiò espressione.

"Cazzo, cosa ti è successo?" chiese Fabrizio, con un tono preoccupato

"Posso dormire da te questa notte?"   


Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho [MetaMoro]Where stories live. Discover now