Capitolo 2.

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«Diamine, fa talmente freddo che mi si sono congelati persino i peli del...»

«Ferma ti prego, risparmia l'ultimo briciolo di dignità che ti è rimasta» commenta la mia amica che, fino a pochi attimi prima, stava litigando con un bambino per chi dovesse uscire per primo dalle porte scorrevoli.
Sbuffo sonoramente stringendomi nella giacca di pelle che, ammetto non essere stata un'ottima idea. Nonostante sia primavera inoltrata qui il freddo non sembra intenzionato a lasciar spazio al dolce tepore che, di tanto in tanto, i raggi del sole regalano.
L'hotel dove alloggiamo è in stile moderno ma arredato in maniera semplice e pulita. La nostra stanza è dipinta sui toni del grigio tortora e l'intero mobilio è lucido e di un pulito bianco panna. Due letti da una piazza e mezza sono posti di fronte una parete vetrata che affaccia direttamente sulla O2 Arena.
L'unica motivazione per la quale Giorgia ha insistito così tanto per alloggiare qui è stata proprio la comodità di avere il luogo del concerto a pochi passi da noi, così da evitare ulteriori spese per i mezzi pubblici o i taxi.

Passeggiamo lungo le immense strade illuminate e brulicanti di passanti, dove ogni angolo sembra vivere di vita propria. Ci sono decine di centinaia di negozi appartenenti a tutte le etnie e sembra quasi impossibile non sentirsi a casa almeno un pochino. Nell'aria si respira un'atmosfera carica di vitalità e di voglia di fare cose nuove.
Persino io mi sento ispirata ad uscire e accogliere ciò che questo piccolo grande paradiso ha da offrirmi.
E per essere stata in grado di suscitare in me queste emozioni voleva dire che, prima sicuramente, era stata messa della cocaina nel mio succo di frutta. Non c'era altra spiegazione.
Siamo immerse in una delle capitali mondiali più belle e importanti del mondo ma, come se non contasse nulla, siamo già sedute a strafogarci hamburger e alette di pollo nel Mc Donald's più vicino che siamo riuscite a trovare. Magari avremo rimandato il giro turistico al giorno dopo.

«Sbrigati cazzo o faremo tardi» sbraita la bionda infilandosi in bocca una manciata di patatine fritte.
Butta giù due sorsi di Pepsi e, prima che potessi terminare il panino, mi tira via facendomi imprecare poco elegantemente.

«Il concerto non scappa mica, potevamo almeno finire di ingozzarci» mi lamento divincolandomi dalla presa della bionda per correre a recuperare il cibo grasso lasciato sul tavolo.
Potevo sembrare una barbona che non mangiava da mesi ma, in realtà, ero solo nervosa. Trovarmi in posti nuovi mi agitava sempre nonostante mi piacesse buttarmi in cose folli, proprio come questa.
E quindi la mia teoria resta che mangiare schifezze può quasi sicuramente essere paragonato al conforto di un amico, al rassicurante abbraccio di un genitore e persino al raggiungimento di un orgasmo.
Ti fa sentire appagato, felice e soddisfatto nonostante la consapevolezza che possa essere distruttivo per la salute.

«Solo perché abbiamo i biglietti per la prima fila non vuol dire che dobbiamo fare gli italiani anche qui»
La guardo con un sopracciglio alzato e un'espressione del tipo ti prego illuminami mia signora.

«Siamo sempre in ritardo Sol, non riusciamo mai ad essere puntuali ma, a costo di caricarti su una macchina del tempo, stasera saremo dentro quella fottutamente arena in anticipo» dice battendosi il pugno sul palmo con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Quello sguardo che si vede solo negli occhi dei serial killer quando passano le immagini al telegiornale.
Mi prende per mano e, come se fossimo inseguite da una mandria di zombie impazziti, ci mettiamo a correre. Corriamo per diversi minuti finché avverto il cuore salirmi in gola e la ciccia ballare come sul Tagadá.
Rallentiamo godendoci il paesaggio dei mille colori passarci sotto i piedi e, metro dopo metro, mi inebrio sempre di più di questo mondo fantastico.
Sento che questo posto inizia a piacermi sul serio.

*

Urla a destra, urla a sinistra, pianti isterici lì e pianti isterici là.
Mi sembra di essere appena entrata nella sagra del maiale selvatico del mio paese. Decine di centinaia di persone, evidentemente fuori di senno, acclamano impazienti il tizio riccioluto che da lì a breve sarebbe salito sul palco. Ed io, ormai rassegnata, mi trovavo nel bel mezzo di questa assurda follia.
Siamo a pochi passi dal palco e la visuale dell'intera arena è ottima.
La mia amica ha risparmiato tutta l'estate per poter acquistare i biglietti migliori e, in effetti, ci era riuscita.
Se solo mi fosse importato qualcosa di tutto ciò mi sarei sentita onorata di trovarmi a meno di un metro da un artista di fama mondiale come questo ma, non è così.
Odio la sua musica, odio i suoi outifit stravaganti ottocenteschi, odio le fossette impresse ai lati della sua bocca e, cosa più importante, odio la lentezza straziante con la quale parla.
Si, Giorgia mi ha costretto più volte e per mesi a subire le live dei suoi concerti e delle sue interviste. 
Praticamente sono più informata io che sua madre.
Si, non è male certo ma, non so per quale ragione, solo sentire il suo nome mi provoca una sorta di prurito urticante mista a reazione allergica. Quell'odio immotivato che ti monta dentro e che non riesci a far andare via. Mi sento proprio così nei suoi riguardi.

«Porca la vacca incinta delle colline bolognesi, ECCCCOLOOOO» sento urlare la pazza bionda al mio fianco e, inevitabilmente, mi batto una mano sulla fronte.

Sento tutto intorno esplodere, le luci brillare, i coriandoli volare in aria e le fans urlare come non mai.
Mi tappo le orecchie spaesata e sbuffo chiudendo gli occhi. Voglio solo che tutto questo finisca in fretta.
Il prima possibile.

«Buonasera Londra, siete uno spettacolo per i miei occhi. Grazie infinite di essere qui con me questa notte, sarà speciale»

Un'enorme boato di gioia esplode alle mie spalle e il caos regna. Neanche avesse appena tenuto un discorso alla Casa Bianca.
Possibile che ogni parola uscita dalla sua bocca sia motivo di acclamazione?

Sbuffo ruotando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.
Tengo stretta sia il mio zainetto che quello della mia amica e mi sento morire. Fa un caldo infernale e avverto la maglietta bagnarsi.
Ci saranno circa trentacinquenne gradi e il mal di testa che, prepotentemente cerca di irrompere, non aiuta. No, affatto.

«Sssh tutti zitti per favore, vedo emh, si lì c'è una ragazza che credo non si senta bene» dice improvvisamente il moro interrompendo la canzone.
Assottiglia gli occhi per cercare di capire meglio la situazione e lo vedo avvicinarsi di qualche passo verso il nostro settore.
Tutti ci guardiamo intorno cercando di capire chi sia la malcapitata ma, sembra quasi impossibile.
Siamo tantissimi e tutti prendono ad agitarsi.

«Adam puoi controllare che la ragazza con la maglia blu stia bene? È lì, vicino la transenna C» dice questa volta rivolto verso uno dei suoi collaboratori.
Quando vedo questo omone di circa centoventi kg puntare nella mia direzione, mi blocco.
Ed è lì che capisco.
Stava parlando con me.

Holaaaa
Trash level 1000 sempre presente ma è giusto che sia così, questa storia è nata per essere stupida, per farvi immedesimare e per farvi ridere. Quindi ci piace così ahaha.

Alla prossima ❤️

Instagram: redkhloewattpad

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