Arcore

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18 luglio 2017

PIETRO'S POV
La suoneria pacata del mio cellulare interrompe la mia pennichella post-cena, facendomi sobbalzare dal letto. Inizio a cercarlo in ogni angolo più remoto della stanza, ma il suono sembra provenire da ogni fottuto lato. Il sottofondo è davvero rilassante, ma questo ronzio che si ripete inizia a innervosirmi. Metto in disordine ogni parte della mia camera, cercando addirittura nella cesta del bucato.
Infine, realizzo di averlo messo nella tasca destra del mio pantalone, e realizzo anche quanto a volte riesca a essere così ingenuo e idiota. Rispondo subito, senza neanche sapere chi mi abbia chiamato.
Pietro:"Pronto?"
Lorenzo:"Piè, sono io. Devi aiutarmi."
Pietro:"Dimmi che è successo!"
Il suo tono di voce abbastanza nervoso mi permette di agitarmi e anche io gli rispondo abbastanza timoroso di una risposta negativa.
Lorenzo:"Sono uscito con un mio amico e siamo andati in un bar, ma poi lui si è ubriacato e l'ho perso di vista."
Pietro:"Quindi?"
Lorenzo:"Adesso penso se ne sia andato e io sono rimasto senza auto ad Arcore. Zio, devi venire a prendermi."
Pietro:"Arcore? Seriamente?"
Arcore è una citta un po' lontana da Milano. In macchina ci vogliono più di trenta minuti per raggiungerla.
Lorenzo:"Per favore. Non so chi chiamare. Devi venire!"
Sbuffo altamente e aggrotto la fronte, pensando se aiutarlo oppure no. In fondo, è lui che si è cacciato in questo problema e io a quest'ora non dovrei neanche alzarmi dal letto, però lui rimane sempre e comunque il mio fidanzato. Se ha bisogno di me, io devo esserci per lui.
Pietro:"Dammi trenta minuti e sono da te."
Lorenzo:"Grazie. A dopo."
Ogni volta devo sempre salvarlo. Questa situazione sta diventando insopportabile da gestire. In questi ultimi giorni, Lorenzo si sta approfittando un po' troppo del mio tempo. Ovviamente io voglio passare del tempo con lui, ma anche io ho delle faccende da sbrigare.
Indosso le mie solite scarpe e mi affretto ad uscire dall'edificio in cui vivo. Prendo la macchina dal garage e velocemente accendo il motore.
I faretti dell'auto illuminano la zona che mi circonda, prima inglobata dall'oscurità. Esco dal mio parco e imbocco subito la tangenziale che mi porterà direttamente ad Arcore.
Il fumo che esce dalle fabbriche impedisce la vista del cielo e delle sue luci. Continuo ininterrottamente a guardare diritto e qualche volta osservo lo specchietto, in caso qualcuno impazzisse e volesse superarmi. Cerco di pensare il meno possibile, ma non riesco.
Ho intenzione di parlare con Lorenzo di questa situazione che si porta avanti da troppo tempo. Sono stanco di essere solo il suo tassista. Sento una fitta al cuore, pensando a tutto questo. Sono il suo ragazzo, ma sembro soltanto un semplice amico. Siamo, o meglio, eravamo migliori amici e adesso cosa? Più la nostra relazione va avanti, più lui mi sembra distante. Un'altra fitta, questa volta più pesante.
"Pietro, non pensare, non ti fa bene" continuo a ripetere a me stesso.

33 minuti dopo
Sono finalmente arrivato ad Arcore. È tardissimo e si gela, anche se siamo in piena estate, e ho dimenticato il cappotto a casa data la fretta che avevo. Accosto prima di entrare realmente in città e chiamo Lorenzo. Solo dopo qualche secondo mi risponde, ma stavolta il suo tono sembra piuttosto meravigliato e confuso.
Lorenzo:"Pronto?"
Pietro:"Sono arrivato ad Arcore. Mandami le coordinate."
Sento delle risate di sottofondo, ma non ci do attenzione, e mi concentro realmente sulla sua di risata. Adesso anche lui.
Lorenzo:"Davvero sei andato fino ad Arcore?"
Pietro:"Mi mandi la posizione?"
Lorenzo:"Io stav...scherz..and.."
A volte faccio fatica a comprendere quello che dice Lorenzo. So essere duro di comprendonio, ma lui deve spiegarsi bene.
Pietro:"Allora, mi mandi la posizione?"
Lorenzo:"Piè, è uno scherzo. Sono con Tudor."
Tudor:"Ciao Pietro!"
Ci metto circa due minuti prima di realizzare cosa sta succedendo e che io sono stato ingannato di nuovo, e sono di nuovo stato intrappolato in una gabbia di ferro.
Pietro:"No, non ci credo, Lore, tu non mi faresti mai fare una cosa del genere se non fosse importante."
Lorenzo:"Ma infatti è stata un'idea di Tudor."
Io mugolo qualcosa di incomprensibile e inizio a surriscaldarmi, e sono sicuro che non sia il motore.
Pietro:"Quindi mi hai fatto fare tutto questo tragitto per niente?"
Lorenzo:"Sì, scusa."
Entrambi ridono, ma io sono contrariato, e quasi arrabbiato. Forse frustrato da questo suo comportamento. Dovrebbe essere un semplice gioco, ma per me non lo è affatto. Ogni volta mi sembra di cadere sempre più in basso e di toccare il fondo con i polpastrelli.
Pietro:"Non ti crederò mai più e puoi scordarti della mia macchina e di me."
Infine, riattacco, senza nemmeno dargli il tempo di rispondere. Faccio una semplice inversione e ritorno indietro da dove sono venuto. Sono ancora più arrabbiato di quanto io potessi esserlo prima. Stavolta mi ha anche mentito e mi ha fatto andare fino ad Arcore alle 23:00. Alle 23:00!
Sbuffo e per un attimo lascio il volante, ma poi subito lo riprendo in mano. Il cellulare vibra, ma non ho intenzione di rispondere. So che è lui, ma adesso non può preoccuparsi, adesso non può scusarsi facilmente. Non sono un giocattolo, tanto meno un tassista. Ho anche io dei sentimenti e anche io devo pensare a me stesso. Deve capire che non può fare sempre così.

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