16.

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Alle 4:20 sia Matthew che Hayley furono svegliati dal loro cerca persone, e furono costretti a lasciare il letto per recarsi il più in fretta possibile in ospedale.
Quando Hayley entrò in ospedale guardò Matthew.
«Non ce la posso fare a perdere un altro paziente.» sospirò.
«Hayley. Sei una dei migliori chirurghi ma non sei Dio, non puoi fare miracoli.» disse Matthew per poi sparire in una sala operatoria, Hayley invece entrò nella sala operatoria di fronte.

***

«Ore del decesso 10:43.» sospirò Hayley liberandosi dai guanti in lattice e il camice sterilizzato.
A Hayley era già capitato di perdere pazienti, eppure ogni volta era come se avesse perso un parente, come se in fondo si sentissime responsabile, anche se magari sapeva già che l'intervento era inutile perché non c'era più niente da fare lei non riusciva ad accettare di essere fallita, per questo mentre si dirigeva il più lontano possibile da tutti non riusciva a controllare le infinite lacrime che le solcavano il viso.

***

«Hayley ti ho cercata ovunque.» disse Matthew sedendosi accanto a lei.
«Come mai sei qui?» chiese Matthew guardando davanti a sé, i neonati che o dormivano o scalciavano piangendo nelle loro culle.
«Sono l'unica cosa bella dell'ospedale. Sono appena stati messi al mondo e sono vivi, stanno bene e hanno una vita intera davanti a loro.» sospirò Hayley.
«Ley, non è stata colpa tua, hai fatto di tutto, e hai dato il massimo, lo sapevi e lo sapeva anche il tuo paziente che c'erano pochissime possibilità e che se fosse uscito vivo gli avresti allugato la vita di una settimana al massimo.» disse Matthew appoggiando un braccio attorno alle spalle di Hayley e avvicinandola a sé.
«In una settimana può suggere di tutto. Aveva la mia età, aveva ancora anni e anni davanti a sé e io avrei dovuto fare in modo che lui potesse risvegliarsi sano dopo l'intervento. E invece...» Hayley sospirò appoggiando la testa ancora coperta dalla cuffia color azzurro intenso sul petto di Matthew come a voler nascondere il proprio volto in quel momento di debolezza. «L'ho ucciso Matthew, io l'ho ucciso.» affermò Hayley con la voce tremante, ritornando a piangere, Matthew d'instinto la strinse a sé forte.
«Hayley, non hai ucciso nessuno, il suo destino era segnato, non potevi far nulla per cambiarlo, vedila così, gli avevate dato tre mesi all'inizio e invece grazie ai tuoi interventi è andato avanti a combattere più di un anno. Non puoi farti una colpa per tutto, ci sono cose che accadono e tu non puoi cambiarle, puoi provaci e tu lo hai fatto, ma non puoi cambiarle.» disse Matthew accarezzando la schiena a Hayley, la quale si passò le mani sotto gli occhi per liberarsi dalle lacrime e si rigirò verso i neonati prendendo un braccio di Matthew e mettendoselo attorno alle sue spalle dopodiché appoggiò la testa a lui.
«Non pensavo ti piaceressero i bambini Hayley.»
Hayley si accigliò «A tutte le donne piacciono i bambini.»
«Hai ragione.» sorrise Matthew «Perció quanti figli vorrai? Uno? Tre?» domandò il ragazzo.
«Non lo so, non ci ho mai pensato.» ammise Hayley.
«Devvero? Non hai mai pensato all'avere figli?» chiese Matthew sorpreso.
«Si ci ho pensato, ma non al numero. So solo che se mai resterò incinta lascerò il lavoro, prima viene la famiglia, e con questo lavoro non si possono avere sia famiglia che lavoro.»
«Io non abbandonerei mai chirurgia. Nemmeno sotto tortura.» affermò Matthew.

***

Hayley finalmente arrivò a casa, erano ormai  le undici di sera, aveva tardato a causa di un paziente che non stava bene, dopo tre giri di chiave si ritrovò in casa, nel saloto fu accolta da una grande distesa di candele alla vaniglia, le sue preferite, e da un Matthew seduto a un tavolo per due davanti a lei.
«Ti avevo visto giù, volevo migliorare un po' la giornata.» sorrise Matthew.

Chicago HospitalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora