Capitolo 40

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Lo sguardo di Alex vaga lentamente tra i presenti, accarezzando i volti con indifferenza, finché non trova il mio.

Nel momento in cui le sue iridi blu si ingarbugliano alle mie, l'espressione dura sul suo volto di pietra si ammorbidisce inaspettatamente, e sulle sue labbra appare il fantasma quasi impercettibile di un sorriso sghembo, dolce, sottile.

Ne rimango estremamente affascinata, mentre il battito del cuore accelera inavvertitamente: era da tempo che non mi guardava così, senza ombra di risentimento o disprezzo.

Ma è un'illusione che dura pochi, inafferrabili istanti.

Appena si accorge della presenza di Andrew accanto a me, del suo braccio che, furtivamente, senza che nemmeno me ne rendessi conto, è finito dietro la mia schiena, sul viso di Alex risorge l'usuale, antica indifferenza.

Il sorriso è ormai svanito dal suo volto, rapido esattamente com'era apparso, mentre lentamente si trascina verso di noi.

Ad ogni passo che muove, mi toglie un po' di respiro.

Al momento non riesco a pensare a nient'altro, se non al modo in cui il suo corpo a dir poco perfetto - fasciato in un paio di pantaloni eleganti e camicia nera - si sta a poco a poco approssimando al mio.

Dimentica della presenza di Andrew, di Michael e di qualsiasi altra persona sulla faccia della terra, mi riscopro a desiderare ancora una volta di ritrovarmi tra le sue braccia e sparire altrove. Ma, soprattutto, a mandare in frantumi l'ennesima promessa fatta con me stessa.

Non importa quanto volte mi chiederò di dimenticarlo: mi basterà sempre pochissimo – una vecchia foto, un ricordo impertinente, il suono della sua voce che rimbomba nello sterno, la sensazione del tocco delle sue dita sulla pelle - per tornare ad aspettare il suo ritorno, come una fedele, tenace Penelope.

E a sperare che non sia mai finita.

<<Gli avevo sconsigliato di venire>> il sussurro di Andrew mi scaraventa bruscamente nella realtà.

Suppongo che non avrei neppure dovuto udirlo. Eppure l'ho sentito eccome.

Mi volto verso di lui ma, prima che possa chiedergli spiegazioni, Alex ci raggiunge.

Accenna un breve saluto ad entrambi. Poi, annega gli occhi nei miei.

Sbatte le palpebre più e più volte prima di iniziare a parlare e si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli appena.

<<Volevo...>> fa una breve pausa, poi si schiarisce la voce. <<Volevo congratularmi con te per la promozione... totalmente meritata.>>

A quelle parole sento immediatamente il rossore infiammarmi le gote.

Alex non è mai stato un tipo da smancerie forzate o superflui convenevoli, e ricevere complimenti da lui è sempre stato estremamente appagante: sapevo che ogni giudizio positivo era senza dubbio reale, onesto, semplicemente perché non ha mai sentito il bisogno di fingere.

E, anche in questo momento, non leggo alcuna traccia di ipocrisia nei suoi occhi: è sinceramente contento per me.

Abbozzo un sorriso, mentre gratitudine e delusione fanno a gara dentro di me: se da un lato non posso che essergli riconoscente per lo sforzo appena compiuto, dall'altro non riesco a fare a meno di rattristarmi per il fatto che non abbia mostrato alcun reale interesse per la mia partenza.

Ma, in fondo, cosa mi aspettavo? Che mi pregasse di cambiare idea? Che mi chiedesse di restare con lui?

<<A Tessa piacerà da morire il nuovo lavoro>> interviene Andrew, stringendo ancora di più la presa sul mio fianco e avvicinandomi a sé con fare quasi protettivo. Possessivo. <<Anche se ci mancherà parecchio in ufficio. Non sei d'accordo, Alex?>>

Un imperdonabile erroreWhere stories live. Discover now