Capitolo 19

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Un anno prima (Parte 2)

Arrivo alla confraternita con gli occhi ancora rossi per il pianto e quando scendo dal taxi, mi aspetto quasi di vedere Alex avvinghiato a qualche sciacquetta, come succedeva prima che diventassimo una coppia.
Grazie a Dio, entro nella villa senza imbattermi in lui e nella fortunata (o sfortunata) di turno.

Mi stupisco di quanto sia effettivamente grande questa abitazione e per poco, tra stanze enormi e folle di gente delirante e già ubriache, rischio di perdermi.

Finalmente scorgo Eleanor, seduta su un divano di pelle nera dall'aria molto costosa, e mi affretto a raggiungerla.

Quando mi vede, strabuzza gli occhi, esterrefatta. <<Tess? Ma che ci fai qui? Alex ha detto...>>

Veniamo interrotte dall'arrivo di Michael, che mi prende immediatamente tra le braccia e mi fa volteggiare in aria, stringendomi fortissimo. <<Alla fine sei venuta davvero!>> esclama.

Rimango un po' stranita da questo gesto istintivo, ma gli sorrido ugualmente.
Conosco Michael e so che questo è solo un modo come un altro per dimostrare il suo affetto. E poi, in questo momento, l'abbraccio di un amico è proprio quello di cui ho bisogno.

Sto lentamente e letteralmente andando in pezzi e, forse, solo un abbraccio riuscirà ad aiutarmi a raccoglierli e rimetterli al posto giusto.

Michael mi lascia andare e mi studia attentamente per qualche secondo.

Ho indossato un semplice paio di jeans neri aderenti e una canotta argento, con le paillettes. Mi sono truccata più del solito, per nascondere i segni del pianto, ma dall'espressione di Michael sospetto di non aver fatto un buon lavoro.

<<Hai l'aria di una che ha bisogno di bere>> commenta, infatti, e mi prende per mano.

Per un attimo resto sconcertata da quel gesto così intimo e sono tentata di levare la mia. Ma alla fine non lo faccio: ad ogni modo, molto probabilmente, quando questa serata sarà finita, tra me e Alex nulla sarà più lo stesso.

Non passerà molto tempo prima che io lo veda avvinghiato a qualche troietta e nel frattempo, ho deciso di divertirmi.
Sono mesi che non lo faccio e ho tremendamente bisogno di smettere di pensare per un po'. Solo per un po'.

Mike mi accompagna in cucina e mi rifila in mano un bicchiere di qualche intruglio alcolico. Lo ringrazio con un sorriso e in pochi sorsi lo finisco.
Ha un sapore terribile, ma non mi importa.

Dopo il secondo bicchiere, incomincia già a girarmi la testa. Ma non mi sento ubriaca. Non come al solito, almeno. Piuttosto, mi sento strana. È quasi un'esperienza extracorporea: riesco a percepire chiaramente il mio corpo ma, allo stesso tempo, non ne sono più padrona. In un certo senso, è come se mi fossi finalmente liberata del suo peso e riuscissi a vedermi dal di fuori. Le azioni che compio non sono più comandate da me, ma da qualcos'altro. Da qualcosa che urla nella mia testa e che scaccia ogni pensiero.

Vedo Michael avvicinarsi a me e chiedermi se mi sento bene. Meccanicamente rispondo di sì.
A dir la verità, non mi sono mai sentita meglio.
Non mi sono liberata solo del corpo, ma anche dei tormenti, dei pensieri, dei ricordi. Del dolore.

Mi sono liberata di me stessa.

Michael mi guarda in modo strano, sorridendomi dolcemente. Non riesco ad interpretare la sua espressione e per un secondo avverto la vivida sensazione che mi stia accadendo o che accadrà qualcosa di terribile, di impensabile. Ma torno subito a sentirmi serena. Rinata.

Un imperdonabile erroreNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ