• Capitolo XVIII •

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Era solo una stupida ragazzina. B-273 aveva ragione. Una stupida ragazzina che credeva di poter cambiare le sorti dell'umanità, semplicemente comportandosi da cretina con un uomo che non sapeva nemmeno lontanamente cosa significasse provare empatia per qualcuno. Aveva gettato al vento un mese di inutile lavoro per ritrovarsi, di nuovo, al punto di partenza, imbottigliata all'interno di una spirale di impersonalità che l'avrebbe travolta. Presto, il reset-41 avrebbe svolto il suo effettivo compito e di lei non sarebbe rimasto altro che pelle in sottovuoto. Era la fine e non c'era modo per sfuggirne. Quel balancer l'aveva tradita. Ma, in fondo, non aveva fatto altro che dimostrarsi per ciò che era realmente. L'unica stupida che si era convinta di poter riuscire a sopraffarlo era proprio Skyler. Lei e lei soltanto.
Entrò nella sala riunioni del Consiglio della Resistenza, trascinandosi all'interno di una delle numerose camere ricavate dentro l'edificio. Alan l'aspettava alzato.
Skyler richiuse la porta dietro di sé e scoppiò subito a piangere, senza però emettere alcun suono.
Il ragazzo le andò incontro, abbracciandola "Hey, piccola... non fare così, andrà tutto bene... andrà tutto bene..."
"Come... come ha potut-potuto farmi una cosa... del genere?!..." sibilò lei, tra le lacrime.
"Quel figlio di puttana farà i conti con me un giorno... non vedo l'ora di vedere quel bel visino pestato a sangue..." le sussurrò, accarezzandole la testa.
La ragazza faceva fatica a respirare, tanto era grande la paura di affrontare gli effetti che il nuovo dosaggio le avrebbe provocato.
Alan la fece sedere sul lettino che occupava la minuscola camera, "Ascoltami, piccola." le disse, poi, prendendola dalle spalle "Non dovrai rispettare tutte le somministrazioni. Pensi che qui, nel Sottosuolo, la gente faccia ancora uso di quella roba? Guarda me... oggi non ho ancora preso nulla e mi sento alla grande..."
"Cristo, Alan..." la ragazza si asciugò il viso, "IO CI DEVO VIVERE IN QUELLA MERDA DI CITTÀ! LO CAPISCI, QUESTO?!... Pensi che la tua situazione sia uguale alla mia?! Pensi... pensi che io possa trascorrere la maggior parte della giornata rintanata qui sotto, mangiando hotdog e facendo battute alla gente del luogo, per poi tornare in superficie solo quando so che passerà il mio tutor?!" gli fece, alterata.
"Non sto dicendo questo..." disse lui, a bassa voce.
"IO DEVO VIVERCI IN QUEL POSTO! QUESTE PERSONE MI HANNO AFFIDATO UN COMPITO!" proseguì, mentre le lacrime riprendevano "...Ed io avevo promesso di farcela. Avevo promesso di aggirare quell'uomo, di ottenere informazioni che potessero farci arrivare fino alla Red Tower... fino a Mr. Peace!!! E per riuscirci ci devo stare in quella merda, mi devo confondere a quella merda, Alan. E sai che c'è?!" si alzò dal letto, con le mani in testa "Da domani diventerò una fottuta marionetta priva di vita e non potrò fare un cazzo di niente per impedirlo!!! Perché ho solo due scelte..." deglutì, guardandolo "Decidere di rimanere qui e proteggere i miei sentimenti... Oppure tornare lì sopra e cercare di difendere quelli dell'intera umanità."
"Non devi sacrificarti, Skyler... possiamo trovare altri modi..." intervenne, lui.
"Oh, ma davvero?!..." Skyler portò il viso ad un palmo da quello del ragazzo, "Perché, non so se te ne sei accorto... ma questa gente si nasconde da quasi cinquant'anni qui sotto, Alan. CINQUANTA FOTTUTI LUNGHISSIMI ANNI SENZA AVER MAI CONCLUSO NULLA, A QUANTO PARE. Quindi, dimmi... di quante altre alternative potremmo disporre, secondo te, se sono addirittura arrivati ad affidare il futuro di tutta la baracca ad una ragazzina rimbambita come me?!"
Alan rimase in silenzio a guardare Skyler, che ansimava e tremava.
"Non lo so. Ma di certo non c'è bisogno di fare la stronza con me. Cercavo solo di farti stare meglio." la spostò col braccio e si recò alla porta. La ragazza chiuse gli occhi, "No! Ti prego..." una lacrima le solcò il viso, continuando a rimanere di spalle "Resta..."
Alan sospirò e si arrestò davanti la maniglia.
Skyler, allora, si voltò sfilandosi la felpa "Resta e fa l'amore con me. Ho bisogno di sentirmi viva... Ora come non mai."

***

Il vetro opaco del bicchiere scivolava avanti e indietro sulla superficie in legno, di fronte gli occhi impenetrabili di Blake.
"Ehy, ragazzo, cosa stai contemplando?" gli chiese Connor, asciugandosi la mano contro il grembiule.
B-273 continuava a spostare il bicchiere, provocando un rumore stridulo.
Il vecchio si avvicinò ancor di più, "...Blake?"
Il ragazzo rinsavì, spalancando gli occhi, "Scusami, non ti avevo visto..."
"È da cinque minuti che sono davanti a te." riprese ad asciugare i vassoi, "Giornata difficile?"
"Non più delle altre..." rispose, passando una mano sugli occhi.
Il vecchio lo scrutò, stranito "Non dire puttanate, ragazzo... non a me. Hai qualcosa di diverso stasera..."
Blake fermò il bicchiere e alzò le pupille in direzione dell'uomo, "Forse non sono così bravo, Connor..."
"In cosa?" chiese lui.
"Nel mio lavoro. Forse non ho tutto quel controllo che pensavo di possedere..."
Il vecchio sbuffò, "Se stai cercando di farti dire che sei il migliore, sappi che non lo farò, ragazzo... perché lo sai benissimo già da solo."
"Non sono il migliore, Connor..." rispose, sottovoce, Blake.
L'uomo corrugò la fronte, "Mi prendi in giro?!... Hai meno anni dello sgabello in cui stai poggiando il culo, eppure tutti gli altri balancers che conosco ti obbediscono come fottuti cagnolini."
B-273 accennò un sorriso, "Quello è solo qualche grado in più sulla mia uniforme a provocarlo..."
"Ci sei comunque arrivato ad ottenerlo, cazzo!" esclamò, Connor.
Poi, si avvicinò al suo volto "Apprezzerei di più sapere davvero che ti succede, piuttosto che sentire i tuoi lamenti da brutto figlio di puttana viziato." esordì, con tono deciso.
"Vuoi davvero saperlo?" chiese lui, ricambiando lo sguardo.
Deglutì, infine, portando il petto a sporgere sul bancone "C'è una whiner, una ragazza... mi sta facendo esplodere la testa."
Il vecchio si rinchiuse in un atteggiamento perplesso.
"Credo che fra non molto impazzirò, Connor..." continuò, tremando compulsivamente con la gamba "Credo che a breve darò di matto. Non riesco a controllarlo, capisci?!... Quella stupida... quella stupida ragazzina spocchiosa..."
"Blake..."
"Vuole farmi andare fuori strada..."
"BLAKE!" urlò Connor, con tono autoritario.
Il ragazzo si zittì.
"Non un'altra parola, ragazzo." gli disse, guardandolo intensamente in faccia "Non avrei dovuto offrirti da bere. Tu sei completamente ubriaco..."
"Sono sobrio Connor..."
"NON UN'ALTRA PAROLA!" ammonì, ancora, l'uomo.
Avvicinò la punta del naso ai suoi occhi, "Questa è l'ultima volta che bevi con i permessi esauriti. Adesso vai via e tornatene a casa. Ed io farò finta che questa conversazione non sia mai esistita."
Blake abbassò lo sguardo e deglutì, guardandosi spaesato le mani. Poi, annuì silenziosamente al vecchio e lasciò lentamente il locale.

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