• Capitolo XI •

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Un frastuono di clacson e freni sull'asfalto accompagnò il ritorno della ragazza al suo appartamento. Erano già le 22 e l'idea di trascorrere il resto delle ore in totale solitudine le procurò un vuoto allo stomaco che le lasciava una sensazione di panico soffocante. Si gettò sul letto, svilita, sfinita e impaurita dalle parole del vecchio Connor. Non voleva perdere i suoi ricordi, non voleva dimenticare i volti sorridenti di suo padre, sua madre... e del suo fratellino. Chissà se era ancora vivo, si chiedeva continuamente Skyler. Chissà dov'era, chissà se stava bene.
B-273 entrò in casa, togliendo metodicamente i guanti in pelle.
La ragazza alzò la testa, ancora tra le nuvole.
Blake rimase impalato a fissarla, spalle dritte, portamento impeccabile, nessuna espressione.
"Qualcosa non va, W-1022?"
Skyler portò dietro le orecchie due ciocche di capelli che le coprivano il viso, "...Si chiama Jason."
Il ragazzo si sfilò il cappotto, poggiandolo sullo schienale della sedia, "Non ho idea di chi sia."
"Mio fratello. La settimana scorsa ha compiuto undici anni."
In quel momento furono almeno dieci le domande che il cervello di Blake elaborò, ma solo una fu, tra tutte, la cosa che riuscì a dire.
"...E a me cosa importa?"
Il volto di Skyler mutò.
"Giusto. A te non importa mai nulla." scattò dal letto, dirigendosi al bagno.
"Dove vai, adesso." B-273 rimase inchiodato al pavimento, spostando lo sguardo in giù.
La ragazza, però, non rispose e si barricò frettolosamente nella toilette.
Blake giunse davanti la porta, "Apri..."
Nessun segnale.
"W-1022, sono il tuo tutor. Farai bene ad ascolt..."
Dei singhiozzi di pianto arrivarono al suo orecchio.
Un formicolio si fece strada sulla nuca del ragazzo, come se mille spilli lo avessero improvvisamente trafitto.
Si allontanò dalla porta, facendo due o tre passi indietro, poi andò alla finestra e la aprì di mezzo dito, per prendere aria.
Dopo dieci minuti abbondanti, Skyler uscì dal bagno. Il volto distrutto, gli occhi arrossati, la pelle pallidissima.
"Scusami. So che non avrei dovuto." gli disse, sottovoce, rimettendosi a letto.
"Già... non sarebbe dovuto accadere." ribattè il ragazzo, deglutendo vistosamente, senza però riuscire a guardarla.
Skyler asciugò il naso, "È stata una giornata difficile... ma immagino che questa non sia una giustificazione." lo osservò, "...Informerai la Red Tower?"
Blake le si attestò davanti, con l'aria di chi ha un po' troppi pensieri per la testa.
"...No. Non chiamerò nessuno."
"Perché." chiese, netta, lei.
"...Perché tu assumi il farmaco. Ed io ne sono testimone."
"Ma io sento!!!" la ragazza si alzò, abbandonando il materasso e fronteggiando Blake.
"Cosa. Cos'è che senti." domandò, a denti serrati, fissando i suoi verdi iridi.
"Mancanza. Affetto. Nostalgia." scandì lei, ricambiando quello sguardo.
Il ragazzo rimase qualche istante in silenzio, sprofondando in quegli occhi vibranti che si trovava di fronte.
"Non è per questo che piangi, W-1022. Piangi perché il pensare a tuo fratello che compie undici anni, da solo... in un luogo sperduto... non ti suscita le emozioni che ti eri preventivata di provare. E ti senti un mostro per questo."
Uno schiaffo schioccò sullo zigomo di Blake.
Si toccò la guancia, mentre Skyler, furente e ansimante, lo fissava.
Il ragazzo poi, con una velocità disarmante, la prese dai polsi, catapultandola di nuovo sul letto.
"E ADESSO DIMMI COSA SENTI." le fece, serrando la mandibola e continuando a bloccarle le braccia contro il materasso.
Skyler rimase in silenzio, senza distogliere lo sguardo, ma respirando affannosamente come un toro da rodeo impazzito.
La lasciò andare, con disprezzo, aggiustandosi le maniche della camicia.
"Sentiamo solo quello in cui ci conviene più credere."
La ragazza si passò una mano sugli occhi, che avevano ripreso a lacrimare, "Tu sei solo proprio come me, Blake. Noi due siamo più simili di quanto tu possa immaginare."
"No. Noi non siamo uguali, W-1022." riprese lui, "Perché io non ho paura di ammettere ciò che sono."
"Tu sei molto più di quello che credi di essere..." rispose Skyler, con un filo di voce.
"AH, SÌ?! MA DAVVERO?!..." Blake abbozzò un ghigno nervoso, "Ogni giorno uccido gente a sangue freddo. Che siano giovani donne, anziani, che siano bambini. E vedo spegnersi lentamente la luce nei loro occhi, mentre il sangue caldo inizia a sgorgare via e le palpitazioni si fanno sempre meno insistenti."
La ragazza portò le mani alle tempie, strizzando gli occhi "...Ti prego, basta!"
"Dovresti sentire come, dopo pochi minuti, i loro corpi inizino a diventare già più freddi... E, insieme, anche le loro speranze, i loro sogni, il loro futuro."
"BASTA!" urlò, esausta, lei.
Sì avviò verso l'uscita, "Sono molto peggio di ciò che pensi, W-1022. E mi dispiace deludere le tue aspettative, ma preferirei morire piuttosto che essere un debole. Piuttosto che essere come te."

"

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OSMIUM - Il pianeta senza amoreWhere stories live. Discover now