Welcome party

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Arriva la mattina

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Arriva la mattina.
Ho gli occhi gonfi e rossi, il mal di testa, i capelli incasinati, un sorriso finto e una nuova maschera. Sapete? Il mal di testa fa schifo. Ti fa sentire ancora più debole di quanto già non sei. Ho pensato abbastanza. Sento i neuroni che continuano ad accoltellarsi. Un'altra giornata sta iniziando. I preparativi per la festa sono già iniziati. Non ho le forze per alzarmi dal letto. I vestiti puzzano di fumo. Già. Ieri sera. Mi alzo anche se con fatica e raggiungo le docce. Mi lavo e mi vesto. Oggi non abbiamo allenamenti quindi scendo a fare colazione un po' più tardi. Tè con biscotti. C'è poca gente. Meglio così. Il baccano per questa festa è assordante.  I genitori stanno per arrivare. Sono le 10:30. Comunico a Steven che i miei genitori non verranno. Potrei semplicemente rinchiudermi in stanza. No, vero? In questi momenti mi manca Lexa. Vorrei che fosse qui con me , ad ascoltarmi, abbrcciarmi e rassicurarmi che andrà tutto bene. Invece rimango solo. Solo fin dalla nascita.
Il pomeriggio scorre velocemente.
Sono le 17:30. I genitori iniziano a prendere posto. Abiti da sera, vestiti eleganti con tanto di cravatte e papillon. I capelli gellati alla perfezione. Indosso una semplice camicia bianca, dei jeans aderenti neri con degli strappi sulle ginocchia e un paio di scarpe nere.
I ciuffi dei capelli non stanno in ordine da stamattina, quindi li lascio così. La testa sta per scoppiare. Il mal di testa è atroce però, resisto. Devo. I miei compagni sono tutti eleganti. Mi sento a disagio. Devo bere. Ho la gola secca. Avrò la febbre? Prendo un bicchiere d'acqua e lo finisco in un unico sorso. C'è molta gente, fin troppa. Tutti i genitori sono presenti tranne i miei. Mi sento sbagliato, un inutile fallimento. Aaron, Steven ed altri tre soldati fanno il loro ingresso nella sala. È così affascinante. Rimango a bocca aperta. La sua camicia nera risalta il suo petto. I tatuaggi escono dalle braccia. I suoi jeans bianchi sono troppo sexi. Il bicchiere mi scivola tra le mani. Va in frantumi. Nessuno se ne accorge tranne due bambini che stanno ridendo di me. Che piccoli sbruffoni! Nel tentativo di raccogliere i pezzi di vetro , mi taglio leggermente l'indice. Uffa!!
-"Benvenuti a questa festa!Siete in molti. Mi fa piacere. Ora vorremmo che tutti i genitori si presentassero. "-
Ora? Che faccio? Cerco di trovare una soluzione, ma niente. Cosa dirò quando arriverà il mio turno?
-"Mi chiamo Alexia e lui è mio marito George siamo i genitori di Karl "-. Sento e così via. Tocca a me. Gli occhi di tutti sono puntati su questo timido ragazzo di 18 anni.
-"I miei genitori non so potuti venire "-. Dico. Amo mia mamma, non smetterò mai di esserle grato per tutto ciò che fa e continua a fare per me ogni giorno.
È stato meno imbarazzante di quanto mi aspettassi.  Solo un "oh"di delusione ha ondeggiato nell'aria.
La festa continua senza problemi.
-"Vieni a bere con noi, amico! "-
-"No grazie sto bene così!"-  rispondo. Sono già ubriachi.
-"Potresti andare a prendere delle altre birre nello scantinato? "-  chiede Steven
-"Certo"-  rispondo.
Almeno posso sfuggire da quell'aria soffocante e per me tossica.
Lo scantinato è terrificante.
-"Si congela qui sotto! "- rabbrividisco. Sento dei rumori. È troppo buio. Entro. Un'ombra sul pavimento illuminata da una piccola lanterna si fa più grande.
L'ombra scompare e due enormi occhi verdi mi osservano. È l'ultima persona che avrei voluto incontrare in questo momento. Ha dei documenti tra le mani. Lo oltrepasso e sollevo la cassa di birra. Prima di lasciare la stanza sussurra....-"Che strana malattia...."- lo stomaco si contorce talmente forte che mi brucia il petto.
-"Cosa?"- mi giro
-"Ho detto che strana malattia che hai!"-  sghignazza
-"Non ho nessuna malattia! "- ribatto.
Faccio per aprire la porta quando la sua mano blocca l'uscita.
-"Lasciami passare! "-  sto iniziando a sudare .
-"Quindi se ti tocco qui......"- mi sfiora il neo sul lato del collo. Cerco di divincolarmi. Mi ha imprigionato con le sue lunghe braccia.
-"Girati "-  sussurra all'orecchio.
-"Fammi passare!"- cerco di dire.
-"Girati! È un ordine! "-
-"No!"- urlo. -"Smettila ti prego!"-.
Non può davvero farmi questo. Non lo accetto. Afferra la mia spalla con forza e sbatte la mia schiena contro il muro. Le birre cadono a terra, frantumandosi. La mia mano sanguina. Mi sono tagliato. Mi sta spaventando. Sembra arrabbiato, ma non capisco di preciso.
-"Quindi se ti tocco la guancia cosa provi?....."- la sfiora. -"E i capelli.....? Se mi avvicino così? "- la sua bocca non è distante nemmeno 5 cm . Sto avendo un attacco di panico. Mi sento svenire.
-"Stai tremando come una foglia! Non si  chiama haphephobia questa? "-  spalanco gli occhi. Sorride. Continua ad avvicinarsi. BASTA. FERMATI. La testa sta per esplodere. Inconsciamente la testa si appoggia al suo petto. Non ho più forze o energie. Solleva la mia testa.
-"È troppo pericoloso per te fare il militare "- dice. La barriera si spezza. Scivolo a terra. Esce e mi lascia lì. Solo, con i miei pensieri . Con le mie paure. Vedo in lui il ragazzo che ho sempre desiderato ma odiato.
Il mio occhio ricade su un'agenda in mezzo a quelle birre.
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Haphephobia  ◆ Tematica Omosessuale ◆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora