Epilogo

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Uscii dal quartier generale in solitudine. Avevo bisogno di prendere una boccata d'aria. Il vento era impregnato del tanfo di quelle immonde creature.
Osservai la vegetazione che costeggiava il lato opposto della strada. Lupi mannari, licantropi, succube; quel posto brulicava di creature sovrannaturali.
Mi accesi un sigaro. Il fumo e il profumo di tabacco d'importazione, per un istante, offuscarono piacevolmente la mia mente.
«G-generale», disse timoroso una recluta alle mie spalle.
«Spero sia importante», dissi incurante.
«Li abbiamo trovati tutti, signore.»
«Anche lui?», chiesi senza tradire l'eccitazione nella mia voce.
«Sissignore!».
Tirai fuori dalla mia tasca il tagliasigari e ghigliottinai il capo del mio nicaraguense.
Mi voltai senza degnare di uno sguardo il mio sottoposto e mi avviai verso l'entrata del mattatoio.
L'edificio, nonostante fosse abbandonato da anni, era ancora intriso dell'odore nauseabondo di morte. Mentre superavo il primo corridoio cominciai a riflettere sul discorso che avrei dovuto proclamare a breve; il mio cuore iniziò a battere celermente e dovetti fare un grande sforzo per nascondere la mia esaltazione. Niente doveva trapelare dal viso del generale.

Attraversati i vari corridoi, finalmente arrivaiall'ascensore che portava al quartier generale.
Entrai nell'abitacolo seguito dalla recluta.
«Oraproseguo da solo», dissi con un sorriso forzato.
Veramente quella recluta insignificante pensava di poter condividere lo spaziocon il generale?
«Ovviamente,signore». Lastupida recluta schiacciò il bottone per il seminterrato e poi attese in posa,finché l'ascensore non mi permise più di vederlo. Dovevo ricordarmi di parlareal tenente per far ammonire la stupida recluta.
L'ascensore aprì le porte. Un corridoio dalle tinte nere ed illuminato da lucibianche al neon mi portò fino alla sala grande, dove tutti i cacciatori eranoin attesa del mio arrivo. Non appena si aprirono le porte, trovai tutto ilcorpo militare in posa ad attendermi sui due lati della stanza; così che iopotessi fare la mia grande entrata. Ogni uomo, donna o bambino mi guardava con ammirazione.
«Riposo!». Tutti quanti abbassarono ilbraccio con il quale stavano facendo il saluto.
Attraversai la stanza e mi sedetti sul mio "trono". Il mio allievo sipalesò accanto a me con fierezza.
«Oggi è ungiorno molto importante per tutti noi. Segnatevi questa data, perché è l'iniziodel tramonto per i figli di Luna!». Mi crogiolai nelle ovazioni. Alzai la mano enella sala calò il silenzio.
«E ora unringraziamento speciale alle reclute che sono riuscite a portare a termine laloro missione. Venite qui accanto a me».
Due ragazzi e una ragazza si fecero largo tra la folla e si posizionarono infila indiana davanti a me. Mi sollevai dalla mia seduta. Trattenni una smorfiadi dolore dovuta alla mia vecchia ferita al ginocchio, infertami dieci anni fada un colosso di nome Brutus: l'unico licantropo che mi fosse maisfuggito.
Con un gesto feci segno al mio allievo di avvicinarsi. Lui obbedìimmediatamente e mi consegnò una scatola in legno contenenti tre anelli inargento.
«Grazie alvostro servizio il mondo è un posto migliore oggi. Vi consegnerò gli anelli delcacciatore, simbolo della vostra lealtà e della vostra tenacia verso la causa». Consegnai personalmente gli anelli ad ogniragazzo che ricambiarono la gratitudine con una forte stretta di mano.
«Ed oraniente più indugi! Fate entrare i nostri ospiti!».
Il mio fidato allievo schiacciò un pulsante che azionò una carrucola portandodentro alla sala i corpi di sei mannari appesi a testa in giù.
«Ora fateentrare l'ospite d'onore!».
Due soldati portarono un uomo in catene e lo fecero inchinare ai miei piedi.Questo mi sputò in faccia. Il mio allievo era pronto a ucciderlo ma lo fermaicon un gesto.
«Noncredevo che la avremmo avuta tra noi, che onore che ci fa con la sua presenza!». Tutticominciarono a ridere.
Il licantropo cercò di liberarsi dalle catene.
«Sono sessantacinqueanni che faccio questo lavoro e non avevo mai assistito ad un tradimento fralicantropi». Tutti sputarono per terra in segno di sdegno.
«Vede, noiodiano i sovrannaturali ma i licantropi in special modo, perché vi riproducetee vi nascondete come ratti, ma almeno sapete cos'è la lealtà... o forse cosìcredevo». Illicantropo tentò di azzannarmi.
«Oh, nonsi agiti tanto quelle catene sono di argento purissimo, non andrà da nessunaparte, perciò si metta comodo, sceriffo Black, perché non andrà da nessunaparte e poi non vorrà perdersi lo spettacolo!».
Feci un gesto a un soldato e lui tolse i sacchi in tela che coprivano le testedegli appesi.
Cominciarono a gridare dalla paura, a implorare pietà e infine a piangere.
Poi il mio allievo mi porse la mia amata spada.
«La vedequesta?», dissirivolgendomi a Black.
«Questa sichiama Mietitrice e sa perché? Perché è da generazioni che dona la morte a voicreature immonde. Si dice che appena una creatura vede il suo riflesso con lacoda dell'occhio, quella muore». Sferzai un colpo veloce e preciso e tagliai latesta a un ragazzo che stava appeso come carne da macello.
Il ragazzo si dissanguò in meno di un minuto e il sangue che gocciolava dal suo corpo creò una pozza di un intenso rosso. Gli altri ostaggicominciarono a gridare. Una donna cominciò ad implorare pietà.
Osservai la donna, era veramente bella, ma purtroppo era stata corrotta dalsangue di Luna, perciò posi fine anche alla sua vita.
«Mi hainterrotto», commentai allo sguardo di odio del signor Black.
«Comunque,ritornando al discorso di prima, la lama è di argento purissimo ed è stataforgiata durante un'eclissi lunare. Sulla guardia crociata sono statiincastonati gioielli rarissimi mentre l'impugnatura è stata incisa con anticherune di protezione e vendetta. Nel pomolo è contenuto il sangue di un anticolicantropo ucciso da un mio avo», spiegai vantandomi della mia potente arma.
«Ineffetti siamo difficili da uccidere», disse Black con scherno. Risi forte.
«Hairagione, è che io sono molto legato alletradizioni. Ai giovani d'oggi bastauna pallottola in argento ben piazzata è tutto è finito in pochi secondi». Fecisegno al mio allievo di procedere. Lui con grande velocità estrasse la suaDesert Eagle 50 e fece esplodere un colpo che c'entrò perfettamente lo spaziofra gli occhi al mannaro che si trovava accanto al primo ucciso. Poi ripetél'azione un'altra volta e un'altra volta ancora.
Stava per sparare una quarta volta, quando fummo interrotti dalle parole diBlack.
«Basta!». Fecisegno di fermarsi.
«Basta, basta, basta», ripetei facendogli il verso.
«Perché provare pietà per questo scherzo della natura? Tu e il tuo amico Romannon avete provato pietà quando li avete morsi e li avete condannati a esserequello che sono adesso. Né umani né licantropi. Solo un brutto scherzo deldestino». Miallontanai da lui e mi avvicinai all'ultimo appeso.
«Mifermerò solamente quando avrò ucciso ognuno di voi, proclamando la vostraestinzione», dissi con la bava alla bocca e la furia ciecanegli occhi. Con la spada infilzai al cuore l'ultimo superstite. La lamapenetrava con facilità nelle sue membra e cauterizzava la carne a contatto conl'argento non permettendo il processo di guarigione. L'uomo si divincolava comeun verme e piano piano si fermò fino a rimanere immobile.
Osservai Black, stava immobile a capo chino.
«E oratoccherà al tuo patetico gruppo perire. Portatelo via!», ordinai.    

Cari miei lupacchiotti, siamo arrivati (FINALMENTE) alla fine. Ci ho messo sangue, sudore e lacrime ma finalmente si è concluso il primo capitolo di questo racconto, ebbene sì ce ne saranno altri. Mi scuso di avervi fatto attendere un'infinità ma spero che, nonostante la lunga attesa, questo mio romanzo vi abbia lasciato qualcosa, che vi abbia emozionato, persino fatto arrabbiare a volte. Voglio solo dirvi grazie e alla prossima 😘
Un saluto dalla vostra alfa.

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