Apatia

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Emma's POV

Faccio fatica a correre via da quella stanza sconosciuta, le gambe mi reggono a malapena e la testa gira.

Dovrei mangiare qualcosa, lo so, ma la sola idea mi fa montare la nausea.

Ho bisogno di distrarmi, di non pensare a ciò che è successo stasera.

Sono stupida, stupida, stupida. Me la sono giocata male, sono veramente cretina. È che non sono in grado di fare nulla, com'è che dice sempre mia madre? "Completamente inutile". Ecco, completamente inutile.

Perché cazzo nessuno mi sta cercando?

Nessuno si è accorto che manco all'appello? No, perché sono inutile. Una presenza che poof, meno male che è scomparsa.

Dopo una corsa relativamente breve e scoordinata, i polmoni mi bruciano per assenza di ossigeno e i muscoli delle gambe mi fanno male.

Non appena mi accorgo di trovarmi davanti alla camera di Jev, mi fermo.

Dov'è stanotte? Lui mi distrarrebbe.

La porta è socchiusa; la apro per poi richiuderla alle mie spalle.

Il buio mi avvolge, solo un sottile raggio lunare illumina una fetta di parete verde.

La tranquillità che regna nella stanza (il silenzio, l'oscurità, l'aria fresca proveniente dalla finestra aperta), le domande iniziano ad affollarmi il cervello.

Posso capire che i miei non mi cerchino, mi odiano. Come hanno ripetutamente affermato, gli ho rovinato la vita e sono il più grande fallimento, la più grande delusione.
Ma Chiara? Non le manco? Perché non ha provato a cercarmi? Forse mi ha chiamata, magari è addirittura arrabbiata con me perché la ingoro.

Ma no, non è così: queste sono soltanto le mie speranze. Sono inutile, o probabilmente un peso sulla sua coscienza. Non valgo abbastanza nemmeno per Guido. O per la Marghe: finalmente adesso avra più tempo da passare con il suo fidanzato.

È un sollievo per tutti, il fatto che io sia sparita nel nulla.

La nausea mi attanaglia lo stomaco, forse per lo sforzo della corsa, e zoppico rapidamente fino al bagno, sbandando contro lo stipite della porta.

Un dolore acuto si irradia dalla spalla fino alla punta delle dita e mi lascio letteralmente cadere in ginocchio davanti al water del bagno di Jev.

Il conato di vomito mi sale dal basso ventre su fino in gola, ma dalla mia bocca non esce nulla se non un verso strozzato.

Ho bisogno di vomitare, perciò rimango a fissare il riflesso tondeggiante d'acqua nel cesso.

Dopo minuti interminabili, opto per infilarmi due dita in gola.

Di nuovo nessun risultato.

Ho un dannato bisogno di sfogarmi in qualche modo.

Poi, lo vedo.

È lì, immobile, sulla mensola dello specchio, brilla sotto la sottile luce della luna.

I ricordi dell'anno scorso affiorano impetuosi nella mia mente, il dolore, il sangue, le lacrime e poi altro sangue, la lama, ancora il dolore, le urla, i tagli... e il sollievo.
Aiutava, mi aiutava da morire.

Mi alzo e afferro il rasoio di Jev, osservando le lamette. Possono andar bene.

Spalanco l'anta dell'armadietto bianco per trovare la scatola delle lame di ricambio.

Ci metto poco ad afferrarne una, a riporre il rasoio al suo posto e a sedermi sul bordo della vasca da bagno.

I miei occhi si stanno abituando al buio e riesco a intravedere l'orario sul muro, sono le 2:53 di notte.

BambiWhere stories live. Discover now