Facciamo un giro?

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Emma's POV

La sveglia suona, uno stridio acuto lacera il silenzio nel quale era calata la stanza senza molto tatto. Dopo un minuto di straziante successione di bip-bip, cessa per cinque minuti prima di ricominciare.

Mia madre entra in camera: sarebbe una bella donna, se solo si curasse. Ma lei si lamenta che la vita è la vita, che bisogna lavorare, che lei suda quattro camicie e non ha il tempo per rendersi accettabile.

-Alzati subito Emma.- ordina, il tono imperativo, come suo solito. -Che se proprio avanzi del tempo, lo usi per aiutarmi in casa. Ma non lo vedi come sono ridotta?- si lamenta.

Certo, sono io che non lo vedo, ormai sono anni che andiamo avanti con 'sta storia. È doloroso sapere che una malattia come la Sclerosi Multipla colga proprio un tuo genitore, ma è ancora più doloroso quando le medicine che è costretto a prendere lo portino a pensare che la sua stessa figlia sia la sua delusione più grande.

Il suo fallimento più grande.

Mia madre esce da camera mia sbuffando, e la mia mano corre sul mio polso destro: sei mesi fa forse ero troppo piccola per superare la situazione, forse troppo stanca, forse troppo debole, e i tagli che mi ero imposta persistono sul mio corpo sottoforma di righe bianche verticali, o oblique.

Mi mi trascino in cucina, metto nella lavastoviglie i resti della colazione dei miei genitori, prontamente preparata da me ieri sera, come d'abitudine imposta.

Affogo per me dei cereali nel latte, sciacquo la tazza con l'acqua, prima di andare in bagno a lavarmi passo per la camera dei miei e rifaccio il loro letto, stando attenta a non tirare troppo il lenzuolo come ieri mattina.

Stanotte, quando papà è tornato dal lavoro, mi ha svegliato iniziando a urlarmi addosso che non faccio bene un cazzo, nemmeno sistemare un letto. Al che, a mezzanotte e mezza, ho risposto che la prossima volta se lo faccia lui da solo, il letto, così non ci sono problemi. Si è infuriato, ha strappato via le coperte dal mio letto, mi ha minacciato di osare solamente indossare qualcosa oltre una maglietta come pigiama che mi avrebbe ammazzato. Così ho dormito col pigiama da solo, al freddo.

Voglio bene a mio papà, e in un primo periodo mi è stato più vicino di tutti, ma adesso la situazione sta cambiando anche lui, in tutti i suoi aspetti. I problemi che ha al lavoro, mescolati a quelli che trova quando, stremato, torna a casa, hanno sradicato completamente la sua delicatezza nei miei confronti.

Cerco qualcosa di carino da indossare, ma è tardi e non lo trovo. Forse non è che non lo trovo perché ho fretta, ma solo proprio perché non è nel mio guardaroba. Scherzavo, non ho un guardaroba, ho due cassetti: uno per i jeans, uno per le magliette e l'intimo. In ogni caso, non ho i vestiti fighi che hanno le mie compagne. "Ma loro sono troie" penso, e partendo da questo presupposto non mi dispiace più così tanto non vestirmi come loro.

-Mamma, sta sera c'è una festa che fa la Chiaretta, sai, coi suoi amici, posso andarci?

-No.- non si spende mai in molte parole.

Ovviamente, la prendo come una sfida.

***

Sono le sette di sera, la festa inizia alle nove.

Indosso dei pantaloncini corti e una maglietta che arriva poco sopra l'ombelico, tutti vestiti prestatimi da Chiara, ovvio. Lei ne ha così tanti, che potrebbe rifornire un esercito.

Applico un po' di mascara sulle mie ciglia e basta, non so truccarmi e non ho trucchi.

Preparo la borsa: lucidalabbra, portafoglio, fazzoletti, cicche, sigarette, accendino.

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