Mangiare fa bene

65 4 0
                                    


Passano dieci minuti, poi venti, poi trenta, e finalmente mi capacito del fatto che mio padre non mi richiamerà più.

Non oggi, perlomeno.

Afferro il vassoio per la ragazza e mi decido ad andare nella sua stanza. Drew l'ha trovata ieri notte vicino alla camera di suo fratello, addormentata per terra. Ha descritto a tutti la scena come patetica, ci ha riso sopra, ha fatto battute inopportune, ma poi ha ammesso di averla portata in braccio fino ad una stanza vuota con un bagno congiunto, e di averla lasciata lì a dormire in santa pace. Mi ha consegnato le chiavi della camera quasi dispiaciuto per averla dovuta rinchiudere come un animale.

Busso alla porta prima di entrare. Non ha molto senso, ma lo faccio comunque per rispetto.

Lei è seduta sul davanzale interno della finestra, e sta guardando fuori. Non si gira. I capelli lunghi marroni le coprono le spalle e gran parte della schiena.

-Ehi. Sono venuto a vedere come stai. Mi chiedevo se avessi fame.- mormoro con una dolcezza intenzionale.

L'immagine di una ragazza bruna, accovacciata di spalle davanti ad una finestra, richiama alla mia mente Emma. Mia sorella. Emma era una persona pacata e malinconica. Era quel caso su un milione che esce troppo intelligente e non riesce a soggiornare nel mondo, oppresso da una cultura non alla sua altezza, schiacciato da un sistema conformista.

Mentre penso a mia sorella, appoggio il vassoio sul comodino e mi siedo sul letto. Il cigolio delle molle del materasso attira finalmente la sua attenzione e si gira a guardarmi. Ha gli occhi stanchi ed è troppo emaciata, ma nel suo sguardo brilla quel qualcosa che negli occhi della vera Emma non ho mai visto brillare. Lei era arresa, rassegnata, erosa da ciò che le circondava. Non c'era più niente di umano in lei, non c'era più nemmeno la paura.

-Ti ho portato del cibo.- Ribadisco, piano.

Aspetto che dica qualcosa, ma niente. Mi fissa e basta. I suoi vestiti... niente Spongebob. Una maglietta nera con lo scollo a V, è di Daniel. Anche i pantaloncini sono boxer di Daniel. È stata anche con lui, dopo come l'ha trattata ieri mattina. È stata con Jacopo... Ma chi voglio prendere in giro?

-Va bene, io vado.

-Rimani un po', se vuoi- la sua voce è sottile, flebile.

Mia sorella non avrebbe parlato. Avrebbe aspettato che me ne andassi, continuando a fissare fuori dal vetro spesso. Poi, al tonfo della porta sbattuta con rabbia da me, si sarebbe accasciata per terra e avrebbe iniziato a piangere.

È andata così talmente tante volte...

-Va bene.

Silenzio.

Non riesco a togliermi dalla testa l'idea di lei e Daniel su questo letto.

Silenzio.

Emma era una ragazzina, oppure un'adulta, oppure una bambina, oppure una vecchia. Dipendeva tutto da come la guardavo: se da fuori, o da dentro. Il suo corpo era vergine, la sua mente stuprata della società. E mi dà così fastidio che la persona davanti a me abbia permesso l'abuso del suo corpo senza un motivo valido.

-Sei stata con Daniel.- affermo all'improvviso.

Silenzio. Non nega.

-Sei stata con Jacopo.

Silenzio. Non nega.

Perché non prova nemmeno un po' a difendersi? A darmi una spiegazione? Non so cosa ci sia che mi abbia dato così tanto fastidio, nemmeno la conosco. Però mi aveva fatto sentire importante, unico, necessario. E ora non lo sono più.

BambiWhere stories live. Discover now