14 Chelsea

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14 Chelsea





Sono psicologicamente esausta. È stata la giornata più interminabile della mia vita e sono a malapena le dieci di sera.

Non vedo l'ora di tornare al mio dormitorio, al piacevole e familiare confort che la mia stanza mi da.

Mi sono appena resa conto che è la prima volta che mi trovo da sola, in una casa, con un uomo.

Non che Adrian sia pericoloso, per carità, ma è una cosa che mi lascia piuttosto perplessa.

Ammetto che all'inizio, quando l'ho visto in quelle condizioni, a malapena in grado di rimanere fermo sulle sue stesse gambe, mi sono sentita intimorita.

Lui è grande e grosso e, l'ultima volta che ho avuto a che fare con qualcuno che aveva alzato troppo il gomito, è stato un disastro di cui porto ancora i segni, sebbene solo nell'anima e nel cuore.

Nonostante ciò, non c'è stato nemmeno un secondo dove io abbia pensato che lui potesse essere una bestia violenta come mio padre. Certo, sul suo conto mi sono sbagliata e lo conoscevo da tutta una vita, ma Adrian non è così.

Probabilmente nella sua vita ha sofferto molto, più di quanto chiunque meriterebbe, ed è per questo che ora si comporta così, che tiene tutti alla larga.

Nella parrocchia ho visto tanti ragazzi allo sbando, giovani che avevano sofferto enormemente e che reagivano come animali feriti che mordevano la mano che dava loro da mangiare.

Per anni ho lasciato che mi buttassero addosso il loro disprezzo, la loro rabbia, perché era evidente che nessuno di loro aveva altro modo per sfogarsi. Con il passare del tempo, più che un sacco da box, sono diventata un'amica, una confidente. Nel mio piccolo, e con tanta pazienza, li ho aiutati a riprendersi la loro vita.

Adrian, anche se anagraficamente è più grande, è rimasto ancora un adolescente ribelle e arrabbiato con il mondo intero.

Non so cosa sia successo, ma nessuno diventa una roccia indistruttibile se non si deve difendere da qualcosa.

So bene cosa gli sta succedendo ora. Non sono una psicologa, è vero, ma l'ho visto capitare tante volte.

Chi è abituato ad essere rifiutato, non si fida di coloro che spontaneamente danno loro fiducia e supporto, lo vedono come un mezzo per ingannarli, per renderli vulnerabili e poi tornare a ferirli. Non si fidano davvero di nessuno e sono sempre pronti a fare un passo indietro.

Mio padre non voleva che avessi a che fare con quei ragazzi. Diceva che non era compito di una donna riportarli sulla retta via, che spettava a lui, con la parola del signore, occuparsi di quei poveri sbandati.

Allora mi sembrava un valido ragionamento, sebbene fossi determinata a non abbandonarli. Ora mi chiedo se, il reale motivo, non fosse un altro. Dopotutto sono pochi i "bianchi" che praticano l'anglicanesimo e buona parte della nostra parrocchia era composta da uomini e donne di colore, provenienti originalmente dall'Africa. Quindi ora, dopo tutto quello che è successo, mi sembra logico chiedermi se il reale motivo della sua ostinazione non fosse,  in verità, dovuta ad un certo tipo di razzismo.

Nel caso di Adrian, però, è tutto molto diverso e, forse, addirittura più complicato. Posso combattere contro un adolescente ribelle, con molti adolescenti, ragazze e ragazzi spaesati e additati da tutti, ma contro un adulto con la sindrome da Peter Pan non lo so, anche se voglio provarci.

Non voglio abbandonarlo a se stesso e, dopo quello che mi ha detto, mentre lo infilavo sotto le coperte, come se fossi sua madre, sono ancora più determinata a non arrendermi.

Può sputarmi addosso tutto il suo disprezzo, dirmi ancora che sono una stupida, ma ciò non mi farà desistere, perché, non appena abbassa un po' la guardia, si può intravedere qualcosa di davvero bello.

Assoluta Perfezione. The Colorado Series #4 (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora