Capitolo 113

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Più il tempo passa e più penso che la vita non sia tutta rosa e fiori e che non è neanche un percorso facile da intraprendere, diciamo che è un sinonimo di arduo, se non impossibile, così come le strade che offre, ognuna con quella linea sottile che ti si ritorce contro, quasi come se volesse soffocarti e affondarti nel petto, per distruggere quel che ne rimane di lui.

Fino a qualche ora fa pensavo che le cose non potessero peggiorare più di quanto già lo stessero facendo, ma mi sbagliavo, perché invece l'hanno fatto, allontanandomi ancora di più da Cameron, che sembra come volato via da me con la sua aurea che mi illuminava persino nel buio della notte inoltrata. Sembra come se il fato ce l'avesse con noi, ponendoci sempre qualcosa in grado di irrompere nel nostro percorso e bloccare ogni cosa. Forse è tutto sbagliato, ma a quanto pare gli sbagli sono la cosa che preferisco.

Pensavo che questo viaggio avrebbe portato molti scompigli nella mia vita. Beh, da un punto di vista sentimentale è andata proprio così, ma d'altro canto adesso è come se mi fossi liberata di un macigno all'altezza del petto che ostacolava i battiti del cuore. Forse sentire la verità da mia madre mi ha fatto bene e in qualche modo accetto tutto ciò che mi circonda e che fa parte di questa faccenda, anche se non sarò del tutto tranquilla, almeno finché non avranno rivelato la verità a mia sorella, quel fiorellino che amo così tanto, ma adesso sono due i fiori nella mia vita, perché c'è Luke ed io non potrei esserne più felice. In questi giorni è stato l'unico in grado di regalarmi e strapparmi qualche risata sincera e qualche sorriso vero.

Non so dove la trovi tutta questa forza di scherzare e divertirsi, dopotutto lui ha sofferto più di me, ma a quanto pare, per come sto reagendo, sembra il contrario e proprio per questo ho deciso che voglio accantonare tutti questi pensieri da un lato nascosto della mente e godermi questi anni del college, per potermi concentrare soprattutto sul futuro, ma anche per potermi ricordare questo come uno dei momenti più belli ed entusiasmanti della mia vita, insieme ai ragazzi e a mio fratello e chissà, magari anche con Cameron, sempre se si deciderà a dirmi che cosa lo ha portato ad allontanarsi da me. Sembra così disconnesso con quello stupido telefono che ormai sembra incollato tra le sue mani, proprio come lo sguardo.

Finalmente, dopo quelli che sembrano dieci minuti, se non di più, di fronte a noi si ferma un taxi, facendomi tirare un sospiro di sollievo. Siamo appena tornati a Los Angeles e il viaggio in aereo a questo giro non è stato proprio il massimo viste le continue e ripetute turbolenze, ma qua il sole sembra splendere, anche se un po' di vento si scontra contro i nostri corpi.

Un signore di mezza età scende, dirigendosi verso di noi e dopo aver fatto un cenno con il capo, prende le valige e le posiziona nel bagagliaio, per poi farci salire.

«Dove siete diretti?» domanda una volta essere andato alla guida e guardandoci dallo specchietto uno per uno.

«Alla Los Angeles Southwest College» risponde prontamente Luke con le labbra inarcate da un lato. Si vede che è sollevato e felice di essere tornato, non è più in tensione. E come non capirlo?

«Benissimo! Anche mio figlio frequenta la vostra stessa scuola, non so se lo conoscete, si chiama Brad e fa il terzo anno» ci dice fiero sorridendo.

«No, anche perché noi non frequentiamo il suo stesso anno, ma il secondo, però ci informeremo su di lui» continua Luke, facendo sorridere ancora di più il signore «mi farebbe piacere, anche perché lui non ha molti amici, diciamo che è piuttosto timido», si passa una mano dietro la nuca continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada.

«Ci penseremo noi allora» ride con dolcezza ed io non posso fare altro se non sorridere.

«Come vi chiamate?» domanda d'un tratto ed io prendo subito parola, irrompendo nel loro discorso «Emily, Luke e... Cameron» ho un po' di esitazione nel pronunciare l'ultimo nome, ma lui, seppur udendolo, non alza lo sguardo, neanche per una manciata di secondi.

«Io sono Charles» sembra non rendersi conto della tensione che si è scatenata in un solo attimo, eppure cerco di sopprimere tutto, come sempre oramai...

***

Dopo una mezz'oretta passata a parlare e scherzare con questo simpatico signore, di fronte a noi si presenta l'imponente struttura della scuola.

Bene, si ricomincia con la tortura e con lo studio. Alzo gli occhi al cielo per questa vista, ma non appena il taxi si ferma, non posso far altro che catapultarmi fuori e lasciare che il vento mi passi tra i capelli.

«È stato un piacere conoscervi ragazzi, anche se tu -indica Cameron- dovresti imparare a socializzare di più» ride lievemente con tono scherzoso, ma subito riceve una risposta scontrosa «credo che questi non siamo fatti suoi».

Ma che gli prende?

Per fortuna Charles non gli dà tanto peso, ridendo e alzando le spalle e, una volta averci salutati, se ne va via.

«Ma si può sapere che ti prende? Sei per caso impazzito?! Potevi pure fingere ed essere educato visto che quel povero signore stava solo scherzando» sono fuori di me. È come se la rabbia che mi tenevo dentro si fosse appena liberata, sprigionandosi.

«Fatti i cavoli tuoi anche tu, Emily» pronuncia il mio nome con una tale acidità da costringermi a fare un passa indietro.

«Cameron, non ti permettere di parlare così a mia sorella!» ringhia Luke, mentre lui mi guarda un'ultima volta negli occhi, ma non appena si volta, vedo il suo viso cambiare espressione e i suoi occhi spalancarsi, così come le sue labbra che si schiudono. Lascia ricadere la valigia a terra, provocando un lieve tonfo e si porta una mano di fronte la bocca.

Lo guardo, nella speranza di capire che cosa gli stia succedendo, ma non appena il mio sguardo segue il punto dove sta guardando, ogni mio dubbio sembra andare via... disperdendosi come il sole che è stato appena coperte da un manto di nuvole grigie, così come il mio cuore...

FINE LINE 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora