Capitolo 111

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Non ho mai avuto il timore di varcare questo portone, ma oggi sembra tutto diverso e sento avvolgermi soltanto dalla preoccupazione e dall'ansia per ciò che accadrà una volta che entrerò dentro.

Deglutisco, mentre sento i battiti del mio cuore accelerare.

«Tutto okay?» Luke mi affianca, posandomi una mano sulla spalla e guardandomi dritta in viso, ma io non ricambio il suo sguardo, con la mente che naviga sulla scelta da prendere.

Forse scappare e nascondermi renderebbe le cose molto più semplici, ma alla fine non posso farlo da me stessa.

Annuisco flebilmente e poco sicura, per poi sussurrare «citofoniamo».

Mi avvicino sempre di più con la mano a quel bottone, che sembra come una calamita, perché è come se mi stesse richiamando a se, proprio per spingerlo e suonare, e infatti, senza pensarci troppo e scacciando le paure in un angolo remoto della mente,  lo premo per poi secondi, per poi lasciare ricadere il braccio lungo il fianco.

Guardo Luke, che mi fa cenno con la testa, molto probabilmente per tranquillizzarmi, e poi guardo Cameron, ma i miei occhi non incontrano i suoi, perché sono troppo impegnati a guardare il suo telefono e a digitare diversi tasti con una velocità che in altre circostanze mi avrebbe scioccata, ma adesso sono troppo indaffarata a lasciarmi avvolgere da un senso profondo di delusione, che si miscela insieme alla tensione, quasi fino a darmi alla testa. Lo fisso per altri secondi, sperando dentro di me che lui ricambi, ma quando mi accorgo che questo non accade, torno a guardare il citofono, diventando sempre più sicura che forse è arrivata la fine di noi due, di quel che non è mai cominciato, o almeno per lui.

«Chi è?» una melodiosa e pacata voce mi risveglia dai pensieri afflitti e confusi: quella di mia madre.

«Mamma» mormoro in un soffio di voce, quasi come se avessi paura a parlare o a pronunciare qualsiasi suono, come se le parole non volessero fuoriuscire e sprigionarsi nell'aria.

«Emily?!» la sua voce sembra sconvolta e sconcertata, ma subito dopo sento il rumore del portone che si apre.

«Bene, è giunto il momento... »esclamo a Luke.

«Sappi che comunque andranno le cose noi resteremo uniti. Okay?» mi rassicura, per poi ricevere un cenno con il capo da parte mia.

«Cameron, tu sali con noi?» domanda mio fratello, ma per qualche strana ragione io non voglio alzare lo sguardo e perdermi nuovamente nelle sue profonde iridi, così fisso il marciapiede.

«No, io aspetto al bar qua vicino» la sua voce è neutra e priva di emozione.

Chissà che cosa gli sta succedendo.

Domanda a cui non voglio rispondere per il momento, perché il mio pensiero principale è un altro e inoltre perché pensare a qualcosa che non esiste più?

«Okay» sussurra Luke, sfregandosi le mani sui suoi jeans, ma poi iniziamo a camminare affiancati, dirigendoci verso la lunga scala in marmo e facendo riecheggiare i nostri passi intorno a noi.

«Ti voglio bene» sento dire di soppiatto da Luke, che si è fermato dietro di me e che mi guarda con dolcezza e sincerità.

Il cuore inizia a battere forte, poi gli prendo una mano e la stringo forte nella mia «anche io».

Scorrono pochi attimi e poi di fronte a me si presenta porta in legno e troppo familiare, che si apre velocemente, rivelando così la dolce figura di mia madre che sembra preoccupata.

«Oh Emily! Tesoro mio, ma che ci fai qua?» mi accoglie subito nelle sue calorose braccia, posto in cui ho vissuto per molto tempo e nella quale ho sempre trovato un rifugio perfetto, un po' come in quelle di C... di nessuno...

Mi accarezza il viso, ma poi la vedo sbiancare e le spalle farsi tese, così come i lineamenti. Gli occhi le diventano lentamente sempre più lucidi, per poi sprigionare una lacrima. Il suo sguardo non è più puntato su di me, ma sulla figura che giace dietro. 

«Luke...» mormora deglutendo e un sorriso le inizia a incorniciare il viso.

Si avvicina pian piano a lui, lasciandosi me dietro, per poi accarezzargli il viso. Gli occhi di Luke diventano una miscela di emozioni e solo dopo qualche attimo si lascia sfuggire una lacrima. Mi porto d'istinto la mano sul viso, notando soltanto adesso di quanto sia bagnata.

D'un tratto tutto viene interrotto da un abbraccio ed è in questo momento che mi lascio sprofondare in alcuni singhiozzi, eppure soltanto quando mamma si volta verso di me torno al motivo per il quale sono qui, soprattutto quando balbetta «hai portato un tuo amico?».

È come se volesse nascondere l'evidenzia, come se nel suo cuore ancora sperasse che io non sappia niente, anche se dai suoi occhi si scorge quel manto che sa che si sbaglia.

«Mamma, so tutto...» mormoro, mentre le labbra tremano, così come il resto del corpo e i pensieri.

«Entriamo dentro» ha la voce sconfitta mentre inizia a camminare con incertezza, seguita da me e Luke, che subito intreccia la mano con la mia.

Lasciamo chiudere la porta alle nostre spalle, causando un tonfo, che però non ha niente a che fare con la tensione che circonda ed incombe in questa stanza.

«Perché mamma? Perché?» sbotto con un nodo alla gola.

«Ti posso spiegare...» prova a dire con voce soffocata, ma poi la mia voce tagliente la interrompe «bene, sono proprio curiosa, anche se hai avuto ben diciotto anni a disposizione, ma hai preferito tenermi lo stesso all'oscuro di tutto».

Piango e non riesco a trattenermi, facendo annebbiare ciò che mi circonda, persino la sua figura che sembra farsi sempre più piccola.

«Emily... ti prego, siediti» mi prega con voce piena di rimorso ed io mi sento talmente fragile al momento. Non so più cosa dire e l'unica cosa che riesco a fare è sedermi, guardandola dritta negli occhi.

FINE LINE 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora