01 Chelsea

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01 Chelsea.



Più la osservo, più dettagli noto nella parete di fronte ai miei occhi. Eppure non riesco a sopportare la vista di qualcosa di più complesso delle lievi venature del muro, del modo in cui la vernice, così vecchia da non essere più bianca, ma grigia, mette in rilievo i puntini del gesso decorativo, vecchio di almeno vent'anni.

Non sopporto nulla. Mangio perché devo, ma per il resto, credo siano almeno tre giorni che mi trovo in questo stato semi vegetativo, ad osservare il muro contro cui è poggiato il mio letto.

È uno spettacolo desolante e, quando non ne posso più, mi porto le coperte sopra la testa, lasciando che il nulla mi catturi, sperando di non fare incubi.

Un incubo, per essere precisa.

Fino a tre giorni fa, avevo una vita incredibilmente pacifica e non avevo mai vissuto troppi dispiaceri. È vero, sono cresciuta senza madre, ma ero troppo piccola e non me ne ricordo. Ho solo una foto a mostrarmi com'era, oppure mi posso guardare allo specchio.

Da lei ho preso tutto, tranne i capelli e il fisico. Mentre lei aveva una bellissima chioma riccia di capelli biondi, io ho i capelli castani e lisci e, mentre lei era meno formosa, anche subito dopo aver partorito, io sono un po' più in carne. Eppure, nonostante queste differenze, io e lei eravamo uguali. Stessa forma degli occhi, sebbene non sappia se anche i suoi avessero la stessa sfumatura color malva, stesso viso ovale, stesso naso, stessa bocca, con labbra carnose e ben delineate e stessa altezza.

Siamo così simili che, per una vita, mio padre mi ha convinta che, indossando i suoi vestiti smessi, stessi benissimo.

Parliamo di pantaloni a vita alta, maglioni a coste e un sacco di altre cose degli anno '80.

Ero convinta di stare bene con me stessa, sebbene sentissi di essere diversa, ma pensavo che fosse solo per il fatto che mio padre è un pastore anglicano e che sono cresciuta all'interno della chiesa, in un ambiente religioso e morigerato.

La mia vita è cambiata quando ho conosciuto Meredith O'Connel, una bellissima ragazza dai capelli rossi con cui condivido il bagno.

All'inizio mi intimoriva, perché andava in giro per i corridoi come se le appartenessero, con sicurezza e forza. Dopo averci parlato un po', mi sono sentita ancora più inferiore, ma non perché lei abbia fatto qualcosa per farmi sentire così, ma semplicemente perché mi sono resa conto che mi sarebbe piaciuto essere come lei.

Erano passate un paio di settimane quando, finalmente, ho preso coraggio e le ho chiesto se potevo uscire con lei. Effettivamente, non mi aspettavo che dicesse di sì. Pensavo che mi avrebbe squadrata con un'espressione disgustata in volto e avrebbe detto di no, che non ci facevo niente con lei.

Invece lei mi ha guardata, quasi con pietà, ma non per la persona che sono, ma per quello che ho sempre pensato fossero vestiti che mi stavano bene.

L'ho vista sgranare gli occhi e dispiacersi, quando le ho detto che, effettivamente, erano proprio vestiti appartenuti a mia madre, proprio come aveva detto lei.

Ora posso ammettere, in tutta libertà, che tutto il mio look era pessimo. Non che sia un'esperta di moda ora, ma dopo il suo corso intensivo, ho capito che genere di cose mi stanno bene senza farmi sembrare una pornostar.

Dopo quella serata surreale, dopo che mi sono lasciata andare a domande anche piuttosto private e non capisco come sia potuto succedere, la mia vita al campus è migliorata notevolmente.

Non venivo più guardata come un alieno o una cavia da laboratorio. Mi sono sentita uguale a tutti gli altri, finalmente invisibile e non più continuamente osservata e sbeffeggiata.

Assoluta Perfezione. The Colorado Series #4 (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora