Capitolo 21

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Lizzie

Dopo aver parlato con Julia mi rendo conto di dover andare da Manuel. Ho cercato di ritardare il più possibile, ma ormai è inutile aspettare oltre. Presto o tardi Manuel verrà a conoscenza del fatto che sono incinta e sapendo che non avevo mai baciato un ragazzo prima di lui, saprà anche di essere il padre.

E maledirà il giorno in cui è venuto a letto con me.

Faccio un bel respiro e mi avvio verso la sua auto nel parcheggio della scuola, così da non dover dare spettacolo nel bel mezzo dei corridoi. Quasi urlo quando lo sguardo mi cade sulla mia immagine riflessa in uno dei finestrini.

Sembro uscita da un film dell'orrore.

Non importa, mi ripeto, non sono qui per conquistarlo. Non sono così stupida da credere che decida improvvisamente di diventare il mio ragazzo, conciata così o meno, ma mi sembra giusto che sappia di avere un figlio in arrivo. Sarà lui poi a scegliere se essere presente nella sua vita oppure non avere niente a che fare con noi.

«Lizzie, cosa ci fai qui?» domanda, chiaramente sorpreso di vedermi, comparendo accanto all'automobile.

Mi guardo intorno. Questa è la mia ultima occasione per fuggire, ma decido di comportarmi da persona matura. Più o meno.

«Devo dirti una cosa» mormoro.

Manuel si limita a fissarmi, in attesa, il suo viso una maschera di impassibilità. Ecco, è arrivato il momento in cui mi dirà di stare lontana da lui, perché quella passata con me non è stata altro che una delle tante notti da ubriaco passate nel letto di una ragazza sempre diversa.

«Sono incinta» affermo, prima di ripensarci e scappare lontano da qui. «E tu sei il padre.»

Per la prima volta da che lo conosco, Manuel non riesce a nascondere l'espressione che si fa strada sul suo viso. I suoi occhi azzurri si spalancano, così come le sue labbra piene che sembravano così perfette sulle mie quella notte, mentre cerca di formulare una frase, invano.

«Lo so che un figlio è l'ultima cosa che desidereresti al momento e non sono qui per chiederti di restare al mio fianco o cose del genere, ma mi sembrava giusto che lo sapessi. Se non vuoi che si sappia in giro» assicuro, nascondendo le lacrime «non dirò a nessuno che sei tu il padre.»

Passano parecchi estenuanti minuti e Manuel ancora non parla, così faccio per andarmene, interpretando il suo silenzio come un invito a lasciarlo solo, ma prima che possa muovere un passo in direzione della scuola una mano mi afferra dolcemente il polso, bloccandomi. Sorpresa, mi volto e mi trovo faccia a faccia con quel ragazzo, padre di mio figlio, che nonostante tutto mi fa ancora battere forte il cuore.

«Vieni con me» dice, spalancando la portiera e invitandomi silenziosamente a entrare in macchina.

Il viaggio verso casa sua è silenzioso, ma non imbarazzante come mi sarei aspettata. Certo, il silenzio non è propriamente confortante, ma è comprensibile. Dopotutto gli ho appena detto che fra nove mesi avrà un figlio.

Dopo aver parcheggiato l'auto mi prende per mano e mi trascina verso casa sua. Si chiude la porta alle spalle e mi prende in braccio, cogliendomi di sorpresa, ma sono troppo sconvolta per protestare. Lascio che mi porti fino alla sua camera, dove mi deposita, proprio al centro del suo letto.

Rimaniamo fermi per alcuni secondi, io troppo scioccata dal suo comportamento e lui intento a fissarmi con un'espressione indecifrabile, finché domando: «Cosa c'è?»

«Niente», risponde. «Volevo solo capire che effetto mi avrebbe fatto vederti nel mio letto. Odio avere delle ragazze nel mio letto, infatti non le porto mai qui.»

«Oh», mormoro, affrettandomi ad alzarmi in piedi. Perché mai mi ha portata in camera sua per poi dirmi che odia quando le ragazze sono sul suo letto?

«Aspetta. Lasciami finire» esclama, prima che possa alzarmi. «Come stavo dicendo, odio quando le ragazze invadono il mio spazio, ma con te è diverso. Guardandoti qui fra le mie lenzuola, penso che non ci sia posto più perfetto.»

«Perfetto

«Sì, perfetto per te.»

Lo fisso per alcuni secondi, decisa a trovare qualcosa nella sua espressione, qualsiasi cosa, che mi confermi ciò che sto pensando. Non può essere serio.

«Non devi dire tutto questo solo per via del bambino» chiarisco.

«Il bambino non c'entra nulla. Avrei dovuto dirti tutto tempo fa, prima di quella sera.»

«Cosa intendi?» domando, troppo spaventata per sperare.

«Prima di quella sera ho sempre creduto che per me non sarebbe mai arrivato il momento in cui avrei saputo dire di no a quelle relazioni senza senso che riempivano le mie giornate, ma che non riuscivano mai a riempire il mio cuore. Poi ti ho vista e ho capito che con te sarebbe stato possibile, ma ero spaventato. Sapevo che da sobria non mi avresti mai dato una possibilità, quindi mi sono comportato da stronzo e ho approfittato della tua debolezza per soddisfare il mio desiderio egoista di averti, se non per sempre almeno per una notte. Subito dopo, però, mi sono detto che non potevo restare. Pensavo di farti un favore, perché ero certo che al risveglio mi avresti odiato, ma non ho mai pensato, nemmeno per un secondo, che potevi essere incinta.»

«Mi dispiace così tanto, Lizzie» continua, prendendomi le mani fra le sue. «Non avrei dovuto portarti a letto quella sera e poi c'è anche la storia del bambino...»

«Cazzo» esclama, prendendosi la testa fra le mani. «Non ho mai dimenticato un preservativo in tutta la mia vita, non importa quanto alcool avessi in corpo, ma con te... con te ero perfettamente sobrio e non ci ho nemmeno pensato!»

«Non fa niente, Manuel» cerco di consolarlo. «Ormai è troppo tardi per tornare indietro.»

«Mi dispiace» dice, guardandomi negli occhi.

Invece di rispondere a parole mi chino su di lui per baciarlo, ma quando lo sento irrigidirsi mi allontano di scatto. Che stupida che sono, penso abbassando lo sguardo, è ovvio che questo ragazzo meraviglioso non voglia stare con me.

«Non ti merito, Lizzie» dice, stupendomi.

«Non è vero, Manuel!» esclamo, preparandomi per confessare la verità. «Lo volevo anche io, quella sera. Forse da sobria non avrei avuto il coraggio di arrivare fino in fondo, ma lo avrei voluto lo stesso. Ti avrei voluto lo stesso.»

Aspetto che dica qualcosa, qualsiasi cosa, invece le sue labbra discendono sulle mie per mostrarmi con un bacio ciò che nemmeno mille parole sarebbero state in grado di spiegare.

«So di aver fatto tante cazzate nella mia vita» continua dopo alcuni secondi «ma prometto di impegnarmi al meglio per te e per il bambino, qualunque siano le tue intenzioni nei suoi confronti. Che ne dici, possiamo ricominciare da capo?»

«Perché ricominciare?» domando con un sorriso. «Non mi pento di quella notte né di questo bambino e anche se forse è un po' presto per me per diventare madre, non ho intenzione di abortire o cedere mio figlio ad altri.»

«Quindi no», dico, «non voglio ripartire da capo, come se non ci conoscessimo, ma se per te va bene potremmo riprendere da dove ci siamo lasciati.»

«Nostro» risponde Manuel, lasciandomi perplessa.

«Hai detto che non avresti ceduto tuo figlio. Ci tenevo solo a precisare», spiega con un sorrisetto, «che è nostro figlio.»

Sorridendo gli getto le braccia al collo.

«Riprendere da dove ci eravamo lasciati, dicevi?» mormora, spostando il suo sguardo malizioso dai miei occhi alle mie labbra. «Io proporrei di cominciare subito.»

E con queste parole mi ritrovo sdraiata sul suo letto con le sue labbra premute sulle mie, riprendendo proprio là dove ci eravamo interrotti.

Nobody knows (Revisionata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora