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La macchina nera e lucida, ci porta davanti casa. Scendiamo sotto una pioggia torrenziale, che ci inzuppa da capo a piedi, facendoci correre dentro casa.
"Bene" dice Meredith, aprendo le pesanti tende.
La guardo, non piacendomi affatto il suo tono. Si siede sul divano e dice:
"Sai tesoro, mi sento libera adesso che tu padre non c'è più, finalmente posso fare quello che voglio, senza essere costretta a fare quello che vuole lui." Inizia, lasciandomi sbalordita.
"Mamma, che ti prende?" Domando.
"Primo, smetti di chiamarmi mamma. Non sono tua madre, anche se ti ho dovuta crescere. Secondo, ci saranno dei cambiamenti. Sono stata dall'avvocato, dopo la morte di Bobby, ha lasciato tutto a me, tranne una piccola somma, per te" nel dire queste cose, si è alzata ed ha preso un plico di documenti che ha, adesso, poggiato sul tavolino.
"È tutto lì, nero su bianco. La casa, le auto, i contanti sono tutti miei per cui, ho deciso che per te qui non c'è piú posto. Te ne devi andare ed alla svelta." Mi dice con cattiveria.
"Ma non ho un posto dove andare! Che cosa ne sarà di me, io ..." mi interrompe.
"Non me ne importa nulla. Ho retto fin troppo a fare la mamma e la moglie, per potermi intascare i quattrini. Adesso basta, ho ottenuto quello che volevo, smetto di fingere" Non c'è dubbio sulla sua serietà.
"Hai 18 anni, sei maggiorenne ed io per legge, non ho l'obbligo di pensare a te. Fai le valigie, entro stasera ti voglio fuori." Esclama.
Resto lì come un'allocca, senza sapere che fare, che dire. Ho seppellito mio padre qualche giorno fa' ed adesso questo. Vado in camera e raduno le cose essenziali, i vestiti in un borsone, le scarpe in un altro.
Prendo tutto e lo stipo nelle capienti valigie, portando ogni cosa al piano di sotto.
Lei è andata via, dicendo che non avrebbe passato con me un solo momento piú del necessario.
Resto così, raggelata, per tanto, tanto, tempo. Si è fatto buio, anche se è solo pomeriggio. Esco fuori nella pioggia torrenziale, trascinando le valigie. Non so' dove andare, cosa fare...
Resto ferma sulla strada, una macchina passa e mi inzuppa da capo a piedi. Scoppio in singhiozzi ma, comincio a camminare. Arrivo vicina a casa di Kaleb ma, tutto è spento. Poco piú avanti c'é la fermata dell'autobus, prenderò quello e poi vedrò che cosa fare.
Faccio solo pochi passi, perché la valigia si incastra in qualcosa. Tiro per sbloccarla, non ne vuole sapere.
Metto piú forza e si sgancia, facendomi finire a terra, in una pozza.
Comincio a piangere, i singhiozzi, coperti dal rumore del temporale. Inizia anche a farmi freddo, ma non ho nulla per coprirmi. Mi rialzo e sento due mani che mi afferrano.
Mi volto e lui è lì, davanti a me.
"Cosa fai sotto l'acqua?" Mi urla, per farsi sentire al di sopra dei tuoni.
"Io..." Non riesco a proseguire.
"Perché hai i bagagli?" Domanda.
Alzo il viso e osservandolo, vuoto il sacco.
"Meredith mi ha messa alla porta, non so' dove andare, pensavo di prendere l'autobus ed arrivare in centro, poi da  lì, vedrò " racconto.
Si piega, prende il borsone e lo mette a tracolla, mi toglie le valigie  dalle mani e si incammina.
Lo seguo in silenzio, sta' andando verso casa sua.
"Kaleb  no, non voglio!" Lo fermo.
"Sei in mezzo ad una strada, non mi pare il momento di fare la difficile. Non sarà una reggia, casa mia, ma puoi adattarti" risponde a muso duro.
Lo tiro e lo costringo a guardarmi.
"Non mi sto' lamentando, non voglio darti disturbo. L'ultima volta non sono andate bene le cose tra noi, lo dico per questo" spiego.
"Ok" sta' per voltarsi, lo abbraccio.
Un attimo, breve, ma lo sento irrigidirsi. Mi stacco subito, mortificata.
"Scusa" sussurro, abbassando il capo.
"Ok" la solita risposta.
Corre sotto la forza bruta del temporale, cercando di scansare le pozze. È molto forte, visto che ha una valigia per mano e una tracolla, nonostante ciò non rallenta e sembra non sentire la fatica.
Arriviamo alla roulotte e apre la porta, lasciandola sbattere. Il vento è piú forte adesso.
Entra e lascia cadere le mie cose, mentre io provo, senza successo, a chiudere la porta. Viene in mio soccorso, aiutandomi, insieme ci riusciamo.
"Grazie" dico, non solo per la porta.
"Solo fino a domani, poi toglierò il disturbo ok?" Non mi risponde, non mi guarda. Si volta e prende una brocca, riempiendola di acqua. Vuole preparare un caffè.
"La' in fondo c'è la camera con il bagno. Ci sono acqua calda e asciugamani, vai a fare una doccia. Metti dei vestiti asciutti, insomma fai come ti pare. Io ti aspetto qui" parla veloce, senza mai guardarmi. Tolgo le scarpe e cerco in valigia, per fortuna resistente all'acqua, qualcosa di comodo e asciutto. Trovo tutto, intimo compreso. Vado verso la sua camera, notando di nuovo il disordine.
La camera non è come me la aspettavo. Il letto ad una piazza e mezza, in ferro battuto che ha visto epoche migliori, un cassettone davanti, su cui ci sono pile di abiti, non capisco se puliti o no, i cassetti sono aperti, il caos vi regna. Un armadio senza ante, sulla parte destra del letto. È in legno scuro, scrostato e sfondato da un lato. Un piccolo comodino, sulla sinistra, su cui c'è una lampadina, un posacenere stracolmo ed una rivista di meccanica. Accanto alla porta di quello che credo sia il bagno, un altro ammasso di scarpe e abiti. Questi, so' con certezza che sono sporchi.
Entro in bagno, in fondo non sono qui per giudicare, la scena è la stessa.
Nonostante sia pulito, il caos è sovrano.
Bottiglie di profumo, lacca e deodorante si trovano ovunque, assieme a confezioni di shampoo e bagno schiuma vuoti. Un accappatoio è agganciato dietro la porta. La doccia è dietro la stessa, un lavabo ed il wc sono gli altri elementi. È tutto attaccato, visto che il bagno è microscopico.
Apro il rubinetto, mi spoglio e piego gli abiti. L'acqua scalda subito, cerco di fare veloce, non voglio approfittare. Uso i suoi prodotti da bagno, avendo scordato i miei. Esco in dieci minuti, mi avvolgo nel suo accappatoio.
Sa' di lui, un mix strano, limone, bagnoschiuma e dopobarba. Non male però, penso, annusandolo. Ehi ma che mi prende?
Mi asciugo veloce e mi vesto, maglietta con manica a tre quarti e pantaloni leggeri. Calzettoni rosa e via, sono pronta.
"Hai già finito?" Mi guarda sorpreso.
"Be' sì, non è casa mia, non posso fare i miei comodi" rispondo.
"Sei sempre così?" Chiede.
"Cosí, come?" Non capisco.
"Dolce, rispettosa" lo dice come fossero difetti.
"Sì, perché?" Rispondo un po' scocciata.
Alza le spalle e gira il caffè nella tazza, indicandomi la mia. Va' verso il divano, borbottando qualcosa.
Ho capito che cosa ha detto, ma mi convinco di aver sentito male. Non può aver detto:
"Questa convivenza sarà più difficile di quello che credevo".
Non lo ha detto, vero?

Continua...

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