John, devo confessarti una cosa

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Il corpo è steso sul tavolo dell'obitorio, ricoperto solo da un lenzuolo bianco. Molly si sta avvicinando per rimuoverlo e farci controllare il cadavere. Quando ne abbiamo la piena visibilità, John emette un mugolio infastidito e decisamente scioccato alla vista di quel volto. Tracy ha gli occhi sbarrati ed il terrore dipinto in faccia. Perfino Molly sembra turbata da quell'espressione perché fa di tutto per evitare di incontrare quello sguardo terrorizzato.

- Lo avete portato adesso dal luogo in cui è morta? – Lestrade annuisce accanto a me, tenendo gli occhi fissi sul cadavere con una nota di dispiacere evidente nello sguardo. – Dottor Watson? – Mi rivolgo al mio amico, che è ancora turbato. Lui capisce all'istante e si avvicina al corpo per ispezionarlo.

- Non c'è nulla che faccia capire che sia stata uccisa da una seconda persona... e a prima vista è evidente che sia morta di paura. – Comunica John, dopo aver controllato per bene il corpo. – Soffriva di attacchi di panico, probabilmente. –

- Deve aver visto qualcosa di... - Non finisco la frase perché... non so proprio come continuarla. Adesso che so dell'esistenza di alieni e creature sovrannaturali, le possibilità possono essere infinite. – Qualcuno ha assistito? –

- La sorella Amber, è qui fuori ma è troppo spaventata per parlare, non ha emesso un suono da quando siamo partiti. – Dice Lestrade mentre io mi avvicino e con la mia piccola lente d'ingrandimento inizio a cercare qualche traccia utile... non noto nulla di rilevante.

- Andiamo a parlare con Amber. – Dico mettendo di nuovo la mia lente in tasca. Riesco ancora a sentire il sapore del vino bianco e la testa girare ma sono abbastanza lucido da capire ogni cosa.

- Sherlock, è molto scossa e dalla paura non ha emesso un fiato. Ti prego di non turbarla ancora di più. – Faccio un gesto noncurante con la mano e, seguito da uno John rassegnato dal mio solito comportamento, raggiungiamo con passo spedito la giovane che si trova in sala d'aspetto.

Il suo viso bianco come un lenzuolo non promette bene. Non piange, non ha nessuna espressione. Sta fissando un punto indefinito della parete che ha di fronte. Accanto a lei è seduta un'infermiera che le accarezza la spalla per incoraggiarla, mormorandole parole dolci e, se posso dire, inutili. Non si può far sollevare il morale ad una ragazza così distrutta in quel modo. Che odio quell'infermiera, è completamente inutile lì, perché non va via?

- Ciao Amber. – Lascio che sia John a parlare per primo. Lui è capace di utilizzare un tono ed un modo di comunicare adatto alla situazione... io no.

Lui è il cuore e tu la mente, Sherlock!

Io avrei semplicemente chiesto l'accaduto, rischiando di traumatizzarla ancora di più... che complicazione parlare con gli essere umani normali!

- Che ne dici se ci alziamo e camminiamo un po'? Possiamo anche uscire dall'ospedale, se ti va. – Noto che l'infermiera ha lanciato uno sguardo di rimprovero rivolto a John. Io faccio lo stesso verso di lei. Per l'amor del cielo, se ne vada e lasci che lui faccia il lavoro che lei non è in grado di fare. – Ti va? In questo momento non mi sembra che l'ospedale sia un luogo adatto al tuo stato d'animo. – Detto ciò, allunga la mano verso di lei ed attende, sotto lo sguardo contrariato della donna che ancora prova a sollevare Amber con delle stupide carezze sulla spalla.

Poco dopo, quest'ultima solleva lo sguardo verso John. Nei suoi occhi vedo il vuoto, il trauma ed il dolore. Afferra la mano di John e senza dire altro si alza. John le sorride, ma lei per risposta si porta una ciocca di capelli dietro all'orecchio... poi lo segue ed insieme ci avviamo verso l'uscita.

Durante il tragitto riesco a percepire i passi dell'infermiera che ancora ci segue, convinta di poter essere utile al cambiamento d'umore della mia cliente. Scocciato mi giro all'improvviso, facendola fermare con un sussulto.

The side of the AngelsWhere stories live. Discover now