Il tè di John Watson e il caso Jefferson

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John sta preparando il tè. Vederlo alle prese con i fornelli del nostro appartamento mi fa rimanere di sasso sulla porta d'ingresso. È leggermente ricurvo sul piano della cucina. Sta sistemando l'acqua calda in due tazze di porcellana, la sua e la mia. Ha scelto l'Earl Gray, e la caraffa di latte appoggiata sul tavolo mi fa intuire che lo avrebbe aggiunto alla fine della preparazione. La cosa che mi fa più stranezza non è l'atto in sé, ma il fatto che stesse fischiettando allegramente come se niente fosse, e il mio stupore è talmente tanto che la mia testa si piega impercettibilmente verso sinistra, con l'espressione più confusa che potessi mettere su. Nello stesso istante, John si volta per prendere la caraffa e aggiungere qualche goccio di latte. Mi sorride... un sorriso vero e proprio.

- Sei tornato! – Un'affermazione ovviamente inutile. Certo che sono tornato, sono qui davanti a te!

Non dico nulla, e continuo a fissarlo come poco prima.

– Ti ho preparato il tè, ti conviene sbrigarti, prima che si freddi. – Afferra entrambe le tazze e si avvia tranquillamente alle nostre poltrone, poggiando la mia sul tavolino di fianco. Quando si mette seduto ne beve qualche sorso e comincia a sfogliare il giornale mattutino che aveva occupato la poltrona del mio blogger fino a qualche secondo fa.

Non mi muovo per un po' e fisso la sua nuca, cerco di leggere dal suo viso quella espressione concentrata ed improvvisamente rilassata.

Con un colpo di tosse cerco di ritornare alla realtà, mi tolgo sciarpa e cappotto, e mi sistemo comodamente al mio posto, di fronte a lui. Non gli stacco gli occhi di dosso mentre la mia mano raggiunge il contenitore bollente di ceramica e le mie labbra ne assaggiano appena il contenuto. John sembra non notare il mio sguardo indagatore e continua a leggere le colonne dell'articolo in prima pagina, quello che parla della rapina alla villa di un nobile spagnolo venuto in vacanza a Londra, caso che ovviamente ho risolto personalmente e recentissimamente.

Vi starete chiedendo cosa ci sia di strano nel vedere John Watson preparare il tè e leggere il giornale, come era di sua routine... almeno fino a qualche mese fa, quando Mary Morstan venne uccisa con la loro bambina in grembo. Ma questo è un particolare che racconterò pian piano.

Perché questa mattina John sembrava sul punto di una crisi depressiva (come lo è da quel giorno), e invece, allo scoccare delle cinque del pomeriggio, ha preparato il tè? Perché proprio oggi dopo mesi e mesi in cui soltanto la signora Hudson si era premurata di farlo, mentre John fissava un punto indefinito della stanza, mormorando solo qualche monosillabo ad ogni nostra domanda? Cosa è cambiato?

- Mi stai fissando. – Mormora senza staccare gli occhi dal quotidiano che ha fra le mani.

- Mh, cosa? – Chiedo io, facendo finta di nulla e distogliendo lo sguardo sulla tv accesa, fingendo interesse per la trasmissione inutile che stanno mandando in onda.

- Sherlock, non fare il finto tonto, mi stavi fissando. – Mentre lo dice ripone in giornale accanto a sé e finalmente la sua attenzione è puntata su di me. – E da un bel po', direi. – Non dico nulla, mi limito a bere un sorso del tè che lui ha preparato. Possibile che non ci arrivi da solo? Doveva superare un gran bel lutto: la moglie, la figlia... tutti quegli interminabili mesi che ho passato a prendermi cura di lui e a cercare di trovare un qualsiasi tipo di caso interessante per non fargli pensare alla faccenda, a volte anche inutilmente, dato che il suo unico pensiero sembrava ruotare intorno a quella vettura senza controllo che ha investito la povera Mary senza neanche darle il tempo di correre in salvo. La sua immediata tranquillità mi turba alquanto.

- Hai preparato il tè, non lo fai da mesi. – La sua espressione curiosa si tramuta in una assai confusa, quasi come se non credesse a ciò che aveva appena fatto ai fornelli. Era stata probabilmente un'azione involontaria, dovuta alla noia, alla solitudine. Credo fosse uno dei modi per poter superare il lutto, ovvero ritornare alle vecchie abitudini, seppur questa fosse una delle poche. Non aveva ancora ripreso a scrivere sul suo blog.

The side of the AngelsWhere stories live. Discover now