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Ritornai a casa sfinita.

Mi lasciai cadere sul divano con un lungo sospiro, chiudendo gli occhi.

Dopo che Jack aveva cacciato Charlie, Cassie ed io — grazie alla generosità del nostro capo — c'eravamo prese una pausa per parlare.

Dopo che mi aveva parlato di come la situazione tra lei e Van fosse meravigliosamente eccitante, mi aveva domandato di Charlie, di come mi fossi sentita dopo averlo rivisto.

«Beh» dissi con un'alzata di spalle, bevendo un sorso del caffè latte che Jack mi aveva offerto. «Diciamo che é stato come essere stata catapultata nel peggior incubo della  mia vita» avevo detto, incassando le spalle ed appoggiando la schiena al morbido cuscino con cui erano rilegate le poltrone del locale. «Ma sto bene.»

Cassie alzò un sopracciglio, dubbiosa. «Ne sei sicura?» aveva chiesto bevendo un lungo sorso di tè freddo al limone.

«È tutto a posto» la rincuorai con un sorriso radioso.

Allora mi accorsi che anche Tessa faceva parte del mio passato e non del mio futuro. Non volevo abbandonarla o dimenticarla, come avevo fatto — o avevo cercato di fare — con Charlie, ma la dovevo lasciare andare e l'unico modo era entrare nella sua stanza, quella che avevo chiuso a chiave dopo la sua morte.

Non sopportavo l'idea di entrarvi, non dopo quello che le era capitato. Non era più la stessa cosa senza di lei. 

Ero sulla soglia della porta chiusa della sua stanza, il cuore che palpitava e la mano tremante con in mano la chiave. Feci dei respiri profondi e prendendo coraggio, infilai la chiave nella serratura ed aprii la pota.

Improvvisamente un ricordo mi assalì.

• • •

«Alyssa!» mi intima Tessa con voce ferma. Mi blocco, lasciando cadere il cuscino sul letto mentre una marea di piume d'oca bianche mi solleticano il viso e si depositano sulle nostre braccia nude. Sono ancora scossa dalle risate quando Tessa mi prende per una mano e con un sorriso maleficamente bellissimo, mi circonda il collo con un braccio e mi avvicina a lei.

La guardo con la fronte aggrottata, ma lei non mi dà nessuna spiegazione, fatta eccezione di un «Cheese» e un fulmine di luce mi acceca, facendomi rimanere paralizzata per qualche secondo.

Mi riprendo appena sento le risate divertite di mia sorella che ora é sdraiata a pancia in giù, circondata dalla migliaia di piume che sono sfuggite dai cuscini durante la nostra lotta giornaliera. La raggiungo, facendo cigolare in letto sotto il mio peso.

Lei mi rivolge un breve sorriso e solo in quel momento mi accorgo che sta armeggiando con una piccola scatoletta. La riconosco immediatamente: é la Polaroid che le avevo regalato per il suo ventitreesimo compleanno. Ero andata in capo al mondo per procurargliela, considerata la sua passione per quelle foto rilegate in modo così bizzarro e simpatico.

«Non mi dire che mi hai fatto una foto» bofonchio irritata mentre lei scrolla una foto e ci soffia sopra con un sorriso divertito.

La guardo con gli occhi socchiusi e la bocca stretta in una linea severa mentre ammira la foto che mi ritrae con una grottesca smorfia di fastidio sulla faccia. Lei, però, rimane bellissima nonostante i suoi occhi non guardino l'obbiettivo ma siano rivolti verso di me con un'espressione di puro godimento nel avermi sorpresa con quello scatto.

Alzo un sopracciglio, sbuffando. «Perché riesci sempre a venire magnifica in ogni scatto, mentre io sembro ogni singola volta uno spaventapasseri?»

Lei si punteggia con un gomito sul materasso, dando un'ultima rapida occhiata alla foto che dopo mi consegna. «Non é affatto vero. Io ti trovo molto carina in questa foto.»

Scelti Dal Destino (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora