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Mi fermai stremata, le mani aperte sulle gambe piegate. Stavo riprendendo fiato. Non avevo fatto altro che correre, correre lontano da casa, da Garrett e da Amanda.

Questa, praticamente, era la prima vera pausa. I muscoli erano tesi e nelle vene mi circolava l'adrenalina.

Inspirai ed espirai chiedendomi perché Garrett avesse fatto una cosa del genere. Perché mi avesse mentito. Poi la risposta mi balenò nella mente, come una luce che si accendeva sopra la mia testa.

Voleva soltanto la parte esteriore di me, quella del mio corpo. Mi voleva soltanto per passare una notte di sesso frenato.

Eppure, quando stavo davvero per farlo, era stato lui a fermarmi. Tutta questa storia non aveva senso.

Scossi la testa e dopo aver riacquistato il normale ritmo del mio respiro, proseguii la mia corsa, allungandola il più possibile per evitare di dover nuovamente affrontare la situazione.

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Corsi ancora per un'ora circa.

La rabbia e la frustrazione erano ormai svanite. Ora ciò che mi tormentava era il rimorso. Come avevo potuto lasciare Garrett in quel modo?

Ed ecco la parte più dolce e sensibile di me. L'Alyssa che aveva paura di sbagliare tutto, quella che si pentiva di ogni mossa. Quella debole.

Strinsi i pugni e continuai a correre, il respiro spezzato. Sapevo esattamente cosa volevo: non volevo essere presa in giro.

Delle lacrime mi sfuggirono dagli occhi e la brezza leggermente fresca di tarda mattina mi investì.

Mi fermai davanti alla zona pedonale del Tower Bridge. Avevo bisogno di pensare. Avevo bisogno di trovare riposte.

Un nome continuava a ronzarmi per la testa: Tessa. Necessitavo dei suoi consigli ora più che mai. Mi avrebbe dato delle dritte su cosa fare. Ora che non c'era più, ero incapace anche di risolvere i problemi. Era più facile scappare e lasciarsi tutto alle spalle che affrontare la mia vita... I miei sentimenti.

Sentivo qualcosa per Garrett. Ma non potevo avere la certezza che anche lui provasse quello che provavo. Poteva essere solo un'infatuazione o solo un modo per portarmi a letto. Non era la prima volta che capitava.

Avevo già commesso troppi errori. Non potevo commetterne altri.

Le lacrime mi scorsero sulle guance, le braccia appoggiate al bordo che separava me e il Tamigi.

Guardai attentamente l'acqua di un azzurro cristallino e inspirai a fondo il profumo. Così intenso, così tranquillizzante.

Scoppiai in un pianto incontrollato. Non mi importava delle persone che passavano. Potevano guardarmi come volevano. Potevano pensare: «Questa è così patetica.» Ormai la sola cosa che mi improntava era ritornare alla vita di tre settimane fa, quando la mia "ancora" c'era ancora.

Una parte di me era morta con lei e non potevo sopportarlo. La rivolevo indietro.

Il petto mi si gonfiò di rimorso e dolore. Mi misi una mano sulla bocca per soffocare i miei lamenti sommessi, ma servì a poco. Nonostante ci fosse un via vai di motori rombanti e voci, le persone che mi passavano accanto potevano chiaramente sentirmi.

Volevo essere diversa. Volevo essere capace di essere estranea alle emozioni. Volevo non dover più sentirmi così... rotta, a pezzi.

Digitai in fretta il numero di Cassie sul mio cellulare. Tirai su col naso mentre lo sentivo squillare.

«Pronto?» chiese Cassie con voce cantilenante.

Sospirai, reprimendo un altro gemito di dolore che mi soffocò la gola.

Scelti Dal Destino (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora