Cap. 7

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È un'altra notte. Un'altra notte in cui faccio fatica ad addormentarmi. Un periodo che dura da anni in cui il sonno non cerca più di abbracciarmi.
La musica che in queste ore troppo corte, non ha più il suo effetto conciliante su di me; non riesco a farmi cullare abbastanza a fondo da lei.

Sento solo gridare parole sconosciute da persone altrettanto sconosciute.
E l'ho riposto, il mio walkman; lui che stanotte, forse, ha provato più stanchezza dei miei pensieri.
Ascolto il silenzio, adesso: quello che può essere più assordante di mille strumenti messi insieme. E sento così i respiri pesanti di chi, con me, condivide questa stanza.

Li osservo, i petti che si alternano al respirare la stessa aria che respiro io.
Osservo Davide e Luca riposare nei loro letti accanto al mio, e penso a come il corpo riesca a trovare la sua pace tra la distensione dei muscoli e l'abbandono dei sensi. E desidero che anche il loro Io più profondo, riesca a trovare il giusto senso di intorpidimento che si prova nel sonno. E vorrei provarlo anch'io questo totale senso di abbandono che stanotte ha preferito non accompagnarmi.

La vedo. Quest'alba timida affacciarsi in questo nuovo giorno di cui non sono riuscita a definire la fine e l'inizio. Il chiarore che penetra dalle fessure e spia chi vive all'interno, trova i volti di Luca e Davide e poi trova me, che anche stamattina la accolgo già preparata.

La fisso dritta in faccia, questa luce che mi osserva di rimando. La stessa luce che cerco di afferrare ormai da tempo. Luce che non si lascia trovare, e gioca a nascondino nei posti più cupi di me stessa; sa nascondersi bene, tanto bene che non sono ancora riuscita a stanarla. Corre troppo veloce, quel bagliore che si trova in fondo alla stanza. La stessa stanza che ospita la parte più vulnerabile di me.
Quella che lotta sempre a calci e pugni per uscire, ma che riesco bene a chiudere dentro con tre mandate di chiave. E bussa spesso, ma non sono ancora pronta per liberarla dalla sua prigione.

Preferisco restare al buio, cieca e senza punti di riferimento, piuttosto che mostrare una vulnerabilità che non mi è concesso avere. E vorrei che anche gli occhi, quelli che si toccano con mano, assaporino quel buio capace di far dimenticare tutto e tutti.
E tento invano di allungare le braccia alla stanchezza perché possa accogliermi. Poi un veloce sguardo all'ora, per rendermi conto che ormai è tardi per cercare di rimediare.
Con un suono improvviso a diffondersi nel silenzio intorno a me, quello che non ci si aspetterebbe mai a quest'ora del mattino. Con la voglia di capire chi mai sia, insieme a passi che riecheggiano tra il pavimento e le pareti per raggiungere l'ingresso. Quelli di chi probabilmente si sarà posta la mia stessa domanda, e corre in cerca della sua risposta.

E spero davvero tanto, che per lei, ci sia una risposta dall'altra parte della porta, e nessun inatteso punto di domanda.

JosephineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora