XXIV Capitolo

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Provenza, 1945

Janvier

Il bambino è di fronte a me: sorride e lancia dei teneri gridolini. Gemma ha deciso di chiamarlo Jean. Uno stupido nome, non piace né a me, né a mia madre. Ho deciso di permetterle di scegliere almeno questo particolare. Mi sembra il minimo dopo ciò che gli ho fatto. La creatura ha quasi cinque anni, mentre la guerra si è conclusa da qualche mese. Il tempo passa inesorabile inchiodandomi per sempre a questa sedia a rotelle.

Sembra che il trascorrere dei giorni riesca ad ammorbidire il freddo cuore che un tempo possedevo. Non provo pietà per Gemma o per quel bambino, che ho registrato come mio figlio legittimo.

Più Jean cresce e più assomiglia a Pierre. Già, ma non posso lamentarmi, l'ho voluto io. Nella mia vita ho sempre fatto di tutto per ottenere quello che voglio.

Ho arrecato del male alla donna che ho scelto come sposa. Non l'ho mai amata, ma non è colpa sua, anzi nemmeno io ho fatto qualcosa per farmi amare da lei.

Ciò che mi distrugge è il senso di colpa verso me stesso, quel bambino non ha il mio sangue, e mai lo avrà.

Non avrei mai pensato che questa importante consapevolezza mi pesasse così tanto, invece il tempo non ha fatto altro che aumentare il disprezzo per la mia totale incapacità di procreare.

Posso soltanto pensare che il mio patrimonio finirà volutamente nelle mani del figlio di un ex bracciante delle mie terre...Se soltanto mio padre fosse ancora vivo mi ucciderebbe con le sue mani, consapevole che mai potrà esistere un vero erede con il sangue dei Proveaux nelle vene.

Il mio sguardo non va oltre il perimetro della stanza matrimoniale. Ormai sono confinato qui da una vita e niente migliorerà la mia situazione. La compagnia di un bambino dovrebbe allietare le circostanze, ma dentro di me ho riflettuto più volte sulla possibilità di farla finita per davvero.

I miei occhi si posano sul cassetto del comodino, dove in un pertugio segreto che si apre a scatto, nascondo la mia rivoltella segreta.

Avvicino la sedia a rotelle e mi accingo a prendere l'oggetto, credo che per una volta avrò il coraggio di farlo. È anni che cerco il momento giusto, ma non è mai arrivato.

Poi, invece giunge come inaspettato il fatidico istante, in cui la tua sopportazione è diventata nulla e allora non puoi far altro che approfittarne. E se il coraggio non tornasse mai più?

Jean è di spalle, sta giocando con i soldatini di piombo che gli abbiamo comprato lo scorso Natale. È felice e spensierato e per un attimo lo invidio, perché vorrei poter anche solo riprovare per un barlume di secondo la spensieratezza di quando si è piccoli e inconsapevoli del significato della vita.

E se lo facessi fuori? No, non posso. Non sono capace di tanto, perché in fondo lui non ha nessuna colpa. Quel piccolo ometto non può rimetterci la vita per me. E se anche lo uccidessi in questo istante, il mio problema non si risolverebbe. Già, sarei ancora incapace di poter regalare a mia madre un vero erede.

Per fortuna non sa nulla e non ha mai sospettato niente del genere. Povera donna, è vissuta nella menzogna che suo figlio ha tramato come la sofisticata tela di un ragno.

Spero tanto che sia forte e riesca a sopravvivere alla mia perdita.

In fondo, mi auguro sia coraggiosa e superi tutto questo andando avanti per suo nipote.

L'amante tedesco (Disponibile anche in cartaceo)Where stories live. Discover now