XX Capitolo

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Gemma

«Grazie, signora. Stamattina non ho visto nessuno e mi sono preoccupata...»

Le sorrido in modo materno, anche se fra noi occhio e croce ci sarà soltanto qualche anno di differenza d'età.

È giovanissima e il suo carattere docile mi fa quasi desiderare di poter avere nel mio grembo una femminuccia. Già, vorrei venisse proprio come Avigail.

Forse il mio istinto materno si sta facendo strada troppo velocemente, ma in questo momento sento dentro di me soltanto una gran voglia di piangere e maledire tutto e tutti.

Ma devo essere forte per me, per il mio bambino e...per questa disperata ragazzina ebrea.

È tutto ciò che mi resta per non affondare del tutto in fondo ai miei tetri pensieri.

«Scusami, stamattina sono stata un po' impegnata, ma non mi ero certamente dimenticata di te».

«Qualcuno ha chiesto di me in giro? Per il fatto che non vengo più a lavoro nei campi...»

«No, ancora no. Vedi...siamo tutti scossi da ciò che è successo a...Pierre».

Lei corruga la fronte con fare interrogativo.

«È morto, dicono si sia suicidato».

«Cosa? Era un ragazzo giovane, volenteroso...un gran lavoratore perché mai...»

Io cerco di abbassare lo sguardo per non far trasparire troppo le mie vere emozioni.

«Non so cosa gli sia preso, anche a me sembra impossibile, ma purtroppo è la verità».

Il suo delicato visino viene solcato da una rapida lacrima di sofferenza.

«Non piangere, devi pensare a te stessa. Tu sei ancora viva».

«Lo so, signora. Ma sentendo parlare di una morte così inattesa non posso far altro che pensare ad una cosa...»

«Cosa?»

Lei mi guarda con sospetto ingoiando un nodo alla gola.

«Che non si sia ucciso, ma che l'abbiano fatto fuori quei maledetti nazisti...non credete?»

Già, peccato che stavolta tale insinuazione non fosse vera. Sono stata io ad assistere con i miei occhi al tragico evento, ma non potendo ammetterlo me ne sto in silenzio con aria assorta.

Prima di poter rispondere, però percepisco un nitido rumore sopra le nostre teste. La botola a noi sovrastante è leggermente socchiusa, così noto il gran terrore che gli occhi di Avigail lasciano trapelare.

«Non è successo niente, stai tranquilla. Nessuno ci ha visti, tutt'al più può essere mia suocera, visto che mio marito è impossibilitato a scendere fin quaggiù. Altrimenti si tratterà di qualche servo o dipendente...»

Mi alzo per salutarla e andarmene fuori dallo sgabuzzino che nasconde la botola, ma lei mi ferma con il tocco della sua mano fredda e tremante.

«E se fosse quel nazista? Quello che vigila la vostra casa!»

Io sorrido senza alcun timore, dandole un bacio sulle guance umide.

«Lascia che vada a vedere, mi accerto di chi possa essere. Non ti preoccupare, ora ti lascio. Ci vediamo domani per il solito pasto».

Chiudo il nascondiglio con addosso la sua occhiata spaventata, sprango la serratura dello sgabuzzino e mentre salgo i pochi scalini per ritrovarmi in cantina, sento avvicinarsi una presenza circospetta.

L'amante tedesco (Disponibile anche in cartaceo)Where stories live. Discover now