Capitolo 7

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Pov Stefano
La maniglia si abbassa e piano la porta si apre.
Il mio cuore batte così forte che ho quasi paura possano sentirlo tutti.
La porta si apre del tutto ed è come se andasse tutto a rallentatore.
Sento come ovattati i singhiozzo di sua madre e i suoni dei macchinari.
Subito punto lo sguardo su di lui, ma ci metto un bel po' a guardarlo davvero.
Tutti quei tutti che lo collegano agli apparecchi e quella sua immobilità mi pietrificano.
È pallido e respira dannatamente piano, non fosse per quei bip regolari che sento provenire dalla macchina avrei pensato che fosse morto.
Faccio un passo per avvicinarmi, ma quei bip relativamente rassicuranti diventano un suono prolungato.
Anche il mio si fermó per un attimo.
Non può succedere davvero.
In un attimo veniamo spinti fuori dalla stanza per far entrare i medici.
Il tempo sembra fermarsi e non riesco a capire quanto passa prima che riesco a riprendermi.
Mi appoggio alla parete esattamente di fronte alla porta della stanza e scivolo fino a terra.
Appoggio le braccia sulle ginocchia e ci appoggio anche la testa, le lacrime scendono copiose.
Non posso non pensare che in questo momento il suo cuore si è fermato e potrebbe non ripartire più.
Sabrina passa insieme ad un infermiera e mi propone di andarmi a sedere insieme agli altri, ma rifiuto.
Mi sento stupido, ma ho come il bisogno di non allontanarmi da lui.
Il cellulare mi squilla in tasca.
È Marina.
Quasi mi sono dimenticato di lei con tutta questa storia.
"Pronto" dico dopo aver schiacciato la cornetta verde.
"Amore dove sei? Sono venuta a cercarti a casa, ma neanche i tuoi lo sanno" dice lei leggermente innervosita.
"Sto in ospedale Marina, Sascha ha avuto un incidente e siamo da lui" sinceramente in questo momento non ho molta voglia di parlarle.
"Sascha qua, Sascha la, sempre e solo Sascha! E io?" chiede come se stesse per piangere.
"Tu in questo momento non stai rischiando di morire" mi sta davvero facendo innervosire.
"E con ciò? Sono comunque la tua fidanzata!" ok ora ha davvero rotto il cazzo.
"Perchè non te ne vai un po' a fanculo allora?" chiedo sarcastico per poi riattaccare il telefono in faccia.
La sto insultando mentalmente in duecento lingue diverse quando la porta si apre.
Subito scatto in piedi e vedo il medico avvicinarsi alla madre di Sascha.
Sabrina mi raggiunge appena scopre qualcosa.
"Sta bene" mi dice "più che altro il medico ha detto che è stabile, possiamo entrare" è fa un piccolissimo sorriso nonostante si vedano delle lacrime ai lati dei suoi occhi.

Finalmente posso entrare nella stanza e avvicinarmi a Sascha.
È strano vederlo così indifeso e debole, è sempre lui quello che difende tutti e che si butta in ogni situazione.
Mi siedo in una delle sedie accanto al letto e vorrei prendergli la mano, ma non ne ho il coraggio.
Stiamo li per po', poi Sabrina decide che è meglio tornare a casa a mangiare qualcosa e riposare un po'.
Io resto.
Non me la sento di andarmene, di lasciarlo solo.
È strano però, non riesco quasi a credere a come sta andando tutto quanto.
Non riesco a capire.
Io amo Marina no?
E Sascha è solo il mio migliore amico giusto?
Non ci capisco più niente.
Se ripenso a quel bacio sono felice e le emozioni che ho provato non le ho mai vissute con nessun'altro.
Il punto é che ciò che sento è dannatamente sbagliato.
É il mio migliore amico e per giunta è un maschio, non posso provare qualcosa per lui.
Forse se lui potesse parlarmi, se non mi avesse lasciato solo, sarebbe tutto diverso.
Ma è nel momento in cui ho più bisogno di lui che mi ha abbandonato.
Quel momento in cui ho bisogno di sentirmi dire da chi mi causa queste emozioni che non c'è niente di male.
Quel momento in cui ho bisogno di sapere da lui che non sono sbagliato.
Ma lui non può fare niente di niente.
Ed è anche colpa mia, se l'avessi fermato ora non sarebbe qui.
Ma l'ho lasciato andare e ora rischio di non poterlo vedere più sorridere e di non poter più sentire la sua risata.
E io non dovrei pensare queste cose da ragazzina innamorata sul mio migliore amico.
Non è normale, non posso farlo.
Che poi non è che ci sia nulla di male negli omosessuali in generale, è solo che io non posso esserlo.
Ho sempre avuto ragazze, non ho mai pensato a un maschio in quel modo.
E poi c'è Marina, fra noi va tutto bene, anzi, perfettamente.
Certo, prima mi ha fatto arrabbiare e non ho la minima voglia di parlarle, ma sicuramente appena ci saremo chiariti non ci sarà nessun problema.
Quasi non me ne accorgo, ma ho preso la mano di sascha fra le mie.
È così fredda ed è terribile sentirlo così distante.
Sento di nuovo le lacrime agli angoli degli occhi e mi porto la sua mano alle labbra.
Sento la porta aprirsi ma non mi sposto di un millimetro.
È un'infermiera, deve cambiare la flebo e io devo lasciare la mano di sascha dato che ha l'ago.
Sorrido appena pensando alla paura incredibile di Sascha per gli aghi, sicuramente se fosse sveglio non gliel'avrebbe lasciato fare così facilmente.
"Sei tu il suo fidanzato?" chiede lei sorridendomi.
Io arrossisco oltre ogni logica, ma annuisco.
"Si vede, te lo si legge negli occhi" dice dolcemente e continuando a sorridere "non serve che ti imbarazzi, non c'è niente di male" cerca di mettermi a mio agio.
"Scusa" cerco una scusa "è che è ancora una cosa nuova per me, non stiamo insieme da molto" e non è nemmeno del tutto una bugia.
Lei annuisce "me lo ricordo, la prima volta che sono stata con una ragazza era strano, pensavo sempre che tutti stessero a giudicarmi, quando poi ho cominciato a fregarmene è andato tutto meglio" racconta sempre col suo solito sorriso.
"È facile fregarsene con Sascha, il problema è se sono da solo" le dico senza sapere bene perché, alla fin fine le sto raccontando i miei pensieri.
"È sempre più difficile da soli, ora devi solo aspettare che si scegli e che vada tutto a posto" mi dice sedendosi su una delle sedie della stanza.
"Spero solo che non mi odi" sussurro, come se non volessi farmi sentire.
Lei spalanca gli occhi stupita "e perchè dovrebbe?" sembra sconvolta.
"Avevamo avuto una specie di litigio appena prima dell'incidente" racconto, tanto ormai ho cominciato, mica posso tirarmi indietro ora.
"Qual'è il tuo nome?" mi chiede avvicinandosi un poco.
"Stefano" sono confuso da questo cambiamento.
"Beh io sono Sasha, ho soccorso Sascha prima dell'arrivo dell'ambulanza, sono una studentessa ma ho chiesto di poter "lavorare" qui per vedere come stava lui" mi spiega e non capisco bene perchè "quando eravamo nell'ambulanza ha detto il tuo nome, non so quanto fosse coscente, ma ha detto tipo che doveva scusarsi con te" mi spiega parlando fin troppo velocemente.
Io spalanco gli occhi e lo sento di nuovo lucidi "oddio, lui non deve scusarsi di niente, sono io che devo chiedergli scusa" mormoro portandomi le mani alla bocca.
"Io devo tornare al mio lavoro, ma vuoi che ti porto qualcosa? Un the o una cioccolata per esempio?" chiede alzandosi e poggiandomi al mano sulla spalla.
Scuoto la testa "ok allora ci vediamo" mi dice uscendo e io riesco a malapena a ricambiare il saluto.
Sascha vuole scusarsi con me, ma lui non ha nulla di cui scusarsi, anzi, non voglio che si scusi di niente, sarebbe come rimangiarsi ciò che ha detto e fatto.
E io voglio che ciò che è successo non venga dimenticato mai.

Eccomiiiiii
Chiedo umilmente scusa(T ^ T)
Posso spiegare il ritardo però, avete presente che le sfugge non vengono mai da sole?
Beh è vero
Prima mi mettono in punizione, poi mi finisce internet e poi mi si stacca il wifi... Non ho parole.
Comuqnue non è che mi piaccia molto questo capitolo, ma non mi andava di lasciarci così sulle spine quindi ecco qui.
Commentate se vi va e ci vediamo al prossimo capitolo.
Ciao ciao
Emma

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