La volpe e la fata (Capitolo di natale)

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Sembrava il paese delle fate. Dall'alto i tetti rossi e verdi coloravano l'immensa distesa di neve bianca che circondava la vallata. Le luci oro e blu si infrangevano su ogni superficie illuminando di allegria tutto ciò che incontravano. La densa foschia si addensava circondando quel paesino sperduto tra le valli di chi sa dove. Nel paese di Natale l'anno era scandito da preparativi di ogni tipo: addobbi, regali, abeti e dolciumi di zucchero colorati. Tutto doveva essere perfetto, tutto doveva essere magico per un giorno solo, il 25 di dicembre.

Laila era una ragazza di 17 anni addetta, con tutta la sua famiglia, alla creazione degli addobbi per gli abeti. Per lei era più un lavoro che un piacere a differenza di tutti gli altri. Lei non sentiva questo bisogno di soddisfare i desideri di persone che nemmeno conosceva. Suo fratello maggiore Orion era così estasiato dal suo ruolo che ogni anno creava una pallina particolare, unica nel suo genere e la regalava ad un bambino del paese solo per vedere il suo sorriso. Orion, secondo Laila, ormai era perso, tra canti e storie natalizie era già partito sul treno dell'ossessione, am non era solo lui così, tutti si comportavano come Orion. E allora perché lei era diversa? Perché non riusciva a capire a pieno quella gioia?

Di tutte le favole che le venivano raccontate ce n'era una che aveva catturato l'attenzione della ragazza quando era piccola, una storia, diversa dalle altre. Il ricordo era vago, ma una cosa non la poteva scordare, una volpe, rossa come il sangue. La volpe odiava profondamente il natale e ogni anno sperava che qualcosa andasse storto, ma il suo desiderio non veniva mai esaudito. Laila provava tenerezza per quella povera volpe anche se era la "cattiva" della situazione, ma in uno strano modo che nemmeno lei sapeva si sentiva legata a lei. Chiedeva sempre quale fosse la morale della storia e Orion le rispondeva sempre puntuale che era una storia sulla forza della magia natalizia, ma per lei la morale non era quella, non era la risposta giusta, perché la storia non le sembrava completa.

Ogni anno allo scattare della mezzanotte nella grande piazza veniva accesso un maxi schermo dove tutti potevano seguire la corsa contro il tempo del sindaco Babbo Natale che con la sua slitta e le sue belle renne solcava i cieli di tutto il mondo per calarsi nei camini dei bambini che strepitavano nell'attesa di vedere che regali avrebbero ricevuto. Mentre tutti felici e gioiosi si godevano lo spettacolo, Laila sgattaiolava sul promontorio che sovrastava quella distesa di neve infinita. Da lassù la gente non si distingueva, nessun rumore, nessuna canzone di Natale, niente di niente. La pace.

Non odiava quella festa che monopolizzava la sua vita, semplicemente non trovava giusto che dovesse dedicarla e sprecarla per una cosa che non aveva scelto, per persone che nemmeno credevano alla magia che lei e i suoi compaesani creavano per loro. Quell'anno però decise di andare sul promontorio un po' prima e non solo per il 25. Aveva bisogno di una pausa. Arrivata prese un sasso e se lo rigirò tra le mani, accarezzando le sue increspature con le affusolate dita. Guardó i tagli che le segnavano, quelle non erano le mani di una normale ragazza di 17 anni, no, erano le mani di una lavoratrice. Gettó la pietra lontano, più forte che poteva, sfogando un po' di rabbia repressa.

"Ahi!" Una vocina ovattata rimbombò in quel posto sperduto.

Laila si tirò su di scattó.

"C'è qualcuno?"

Possibile che il cespuglio parlasse? Laila non avrebbe dovuto stupirsi visto che stava a contatto con elfi, renne volanti e altre magiche creature, ma anche per lei i cespugli parlanti erano qualcosa di innaturale.

Le fronde si mossero in un fruscio frenetico. Nonostante la situazione la spaventasse Laila a passi lenti e incerti si avvicinò. Ciò che trovò le fece sgranare gli occhi dallo stupore.

Dolce Flirt-Un disastro d'amore|| CASTIEL <3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora