I capitolo

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Provenza, giugno 1940

Gemma

Osservo per un'ultima volta l'orologio a pendolo nell'ingresso. Niente che mi scuote, il vuoto totale esiste in me da quando abito fra queste mura che odorano di rabbia repressa.

Fiuto la pregnante aria di guerra che si consuma là fuori, mentre io sono qui terra immobile dietro questa sottile tenda di organza.

Scruto dal vetro della mia camera quello che non si muove, aspettando che arrivi il finimondo anche qui.

Ieri Parigi è stata bombardata senza pietà, la gente si prepara tutta a fuggire a gambe levate.

Questa mattina quando mi sono recata fuori per prendere una boccata d'aria, ho notato tante e umili famiglie farsi scudo con i propri oggetti personali per trovare una sorta di temporaneo rifugio da questa folle caccia all'uomo.

Sono ancora troppo giovane per comprendere il vero motivo per cui la maggior parte degli uomini è felice se fa fuori una cospicua parte dei propri simili.

Sono appena diciottenne e miseramente sposata da due anni.

Dico miseramente, perché ho trascorso così pochi attimi con mio marito da ricordarne a malapena il volto.

A pochi mesi dalle nozze la seconda guerra mondiale è scoppiata senza rimedio e lui è partito per il fronte senza neanche giurarmi di tornare.

Forse, sono io ad essere una stupida romantica, ma avrei pensato che la mia vita da sposata fosse molto meglio.

Un uomo più vecchio di me di dodici anni, la prima volta l'ho visto in foto senza neanche avere una piccola emozione nel cuore.

Ho guardato con indifferenza quel minuscolo rettangolo di carta che lo ritraeva in bianco e nero su una sedia.

L'aria eretta e signorile, forse in un recondito angolo avrebbe potuto celare un po' di fascino, ma una già avanzata calvizie lo rendeva ben poco avvenente.

Occhi veramente insignificanti e un fisico dalla statura media, non troppo aggraziato, anzi già delineato da un notevole panciotto ben riempito.

Sospiro ancora di impazienza, mentre ripenso non solo alla foto, ma anche alla prima volta che l'ho visto.

I miei genitori mi hanno spinto ad accettare la sua proposta di fidanzamento, il quale è durato neanche un anno.

La mia famiglia aveva così tanta fretta di sbarazzarsi di me da non nasconderne neanche l'intento, anzi se a malapena protestavo era solo tempo sprecato.

Loro avrebbero continuato a dirmi in eterno che lo facevano per il mio bene.

Grazie a dei conoscenti sono riusciti a far maritare una ragazza di media estrazione sociale come me ad un signorotto di provincia come Janvier Proveaux.

E così, eccomi qua, senza arte né parte, a ritrovarmi rinchiusa in una casa che non sentirò mai mia.

È da egoisti, ma sono capace solo di essere triste, nonostante possa sentirmi protetta dalla mia nuova condizione sociale. Devo ritenermi soprattutto fortunata a non essere costretta a fuggire verso il sud della Francia.

Già, perché grazie al mio fortunato matrimonio sono stata confinata in un paesino della Provenza, dove il cognome di mio marito è ben noto e stimato da tutti.

Lo so, sono davvero un'ingrata, ma non posso dire di essere completamente felice.

Fin dal primo istante ho detestato il profondo odore di alcool di Janvier e la puzza dolce-amara della sua pipa rifinita d'argento.

L'amante tedesco (Disponibile anche in cartaceo)Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz