Capitolo 28.5

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Tutti noi abbiamo una ragione per cui vivere.
Una cosa che ci porta ad andare avanti, nonostante le difficoltà. Quell'unica cosa capace di motivarci, spronarci, quella cosa che ci rende semplicemente vivi. Quelli che non riescono a trovarla, preferiscono smettere di vivere, e non negatelo; chiunque ne ha una. Ci sono ragioni più grandi, ce ne sono di meno grandi, ma tutte quante hanno la stessa importanza per l'essere umano.
Helya ne aveva sempre avuta una, e una sola, sin dall'infanzia: la musica. Coronare il suo grande sogno era il suo obiettivo maggiore. Probabilmente non sapeva se in realtà si trattasse semplicemente di voler rendere felice la propria madre, donna che era stata felice ben poco nella sua vita, ma che nonostante ciò non mancava di forza e tenacia: aveva avuto Helya all'età di soli diciannove anni, da una relazione che era giunta ormai al limite. Il padre del bambino si rifiutò categoricamente di assumersi le proprie responsabilità, e non volle nemmeno conoscere il proprio figlio. Scappò via, lasciando la povera ragazza da sola, con un bambino da crescere. Ma lei non si perse di coraggio: a quell'epoca, studiava per ottenere il titolo di insegnante di musica; il suo sogno, o meglio, la sua ragione di vita, era riuscire un giorno ad insegnare in un conservatorio. Nessuno avrebbe mai pensato che ci sarebbe riuscita, in quelle condizioni, eppure finalmente, quando Helya aveva appena cinque anni, lei riuscì nel suo obiettivo. Ora, la sua ragione di vita non era soltanto il suo lavoro, ma anche Helya che era appena un bambino.
L'unico desiderio di lui era rendere fiera la madre, diventando "il più grande pianista di tutti i tempi". Era un gran bel sogno, sì, non smise mai di crederci. Anche dopo che sua madre perse il lavoro, in seguito alla chiusura del conservatorio, cosa che scioccò molte persone; erano secoli che quel conservatorio accoglieva studenti; ma, con i tempi che correvano, a nessuno interessava più la musica classica. Finirono per chiudere per mancanza di iscritti, cosa che spezzò il cuore della madre di Helya. Lui, a quei tempi, era ormai un musicista provetto. Tutti ammiravano il suo innato talento e la passione che vi metteva per realizzare il suo sogno, e aveva tenuto persino diversi concerti, dietro compenso e non. Tuttavia, ciò che guadagnava era troppo poco, per aiutare anche la madre. Perciò, un giorno prese la fatidica decisione di accettare quel posto di lavoro in polizia, che suo zio gli aveva proposto tempo prima.
Non immaginava, però, che sarebbe dovuto uscire in pattuglia. Poche settimane dopo essere stato assunto, vi fu un inseguimento, il cui oggetto era un apparente pazzo omicida che aveva puntato un uomo con una pistola. Helya tentò di fermarlo, una volta al capolinea, ma questi gli sparò. Nessuno sa se erroneamente, o volutamente, apposta per levarselo dalle scatole. Sta di fatto che ore dopo, Helya si risvegliò come Non-morto, dopo aver ricevuto un colpo al cuore. Cosa mai successa.
E da allora, successe quel che già sapete.
Ma la nuova vita di Helya, seppur apparentemente invidiabile e perfetta, da star, non lo rendeva per niente felice. La sua ragione di vita era andata perduta; sua madre. Lo avevano strappato a lei. Lo avevano strappato alla musica.
Helya non riusciva a sopportare il pensiero di averla lasciata sola, e di non aver mantenuto la promessa fatta anni prima. E adesso lei pensava che suo figlio, la sua unica gioia, fosse morto. Helya fu spesso sfiorato dal pensiero di tornarla a trovare, dirle che stava bene, e che era in un certo senso "vivo". Ma ciò che lo bloccava era il pensiero che, anche se l'avesse rivista, non sarebbe più potuto tornare da lei, il che sarebbe stato ancora peggio. Lui preferì farle credere che fosse davvero morto.
Oppresso, schiacciato, soffocato dalla fama, da effimeri lussi e dallo stress della popolarità, si dice che in quel momento avesse cominciato a sfogare la sua frustrazione in sigarette e alcool.
Ma nonostante tutto, Helya una ragione per vivere la trovò, persino in quel momento: era l'amore. Non aveva mai avuto amore per nient'altro oltre la musica, nella sua vita precedente. Di certo, le amanti non gli erano mai mancate: era un uomo che possedeva un grande fascino, oltre alla innegabile bellezza. Sembrava stregare chiunque gli stesse accanto. Eppure, lui non aveva mai provato vero amore per nessuno.
Fino a quando non incontrò, anzi, rincontrò, quel Michael. Nientemeno che colui che lo aveva sempre deriso e preso in giro, adesso se lo portava a letto. Ma non era una roba da niente: sembravano amarsi davvero tanto, quei due. Nulla di più fuori norma, nella comunità dei Non-morti. Difatti, ero l'unica ad essere a conoscenza della loro relazione. Anni dopo, però, litigarono misteriosamente, ed Helya sembrò cadere in pezzi come non aveva mai fatto. Cominciò a trascurare tutto quanto, a partire da se stesso: mangiava pochissimo, fumava dalla mattina alla sera, non dormiva. Oltre a ciò, cominciò a smettere di svolgere bene il suo lavoro: cominciava a reclutare a caso, senza alcun principio, aveva completamente perso l'interesse per le Reclute che aveva mandato avanti lui stesso per tutti quegli anni insieme a Michael.
Helya a quel punto aveva davvero bisogno di un motivo per cui vivere, ma non riusciva a trovarne uno che lo soddisfasse abbastanza. La sua vita sembrava arrivata al limite, fino a quando non si concesse l'unico barlume di speranza che gli rimaneva, seppur assurdo e sbagliato...
Cominciò ad acquistare e a fare uso di droghe di tutti i tipi; la cocaina sembrava essere la sua preferita. Ne sniffava chissà quanti grammi al giorno, per affrontare la quotidianità.
La cosa più incredibile era il fatto che riuscisse perfettamente a nascondere la sua dipendenza. Infatti, nessuno sospettava del fatto che si drogasse, perché appariva sempre normale, tranquillo, certo un po' trascurato, ma come al solito. Prendeva dosi equilibrate, le distribuiva giornalmente in maniera intelligente, era sempre attento a non esagerare, in modo tale che non lo scoprissero.
L'unica ad avere sospetti, ovviamente, fui io. All'epoca passavamo tantissimo tempo insieme... certo, eravamo il Diavolo e L'acqua santa, ma eravamo soci, collaboravamo in tutto. Credo di essere stata la persona più vicina a lui, in quel momento. Perciò, una cosa del genere non poteva di certo sfuggirmi.
Ricordo bene la sua faccia quando lo colsi con le mani nel sacco, mentre con una siringa in mano, iniettava eroina nelle sue vene...
Ma non scappai. Non andai ad accusarlo, né gli diedi del drogato. Mi arrabbiai molto, lo ricordo, ma decisi di aiutarlo ad uscire da quella situazione.
Adesso, avevo trovato la mia ragione di vita: salvarlo. Decisi che da quel momento avrei dedicato la mia vita a lui, solo a lui. Non m'importava di nient'altro. Solo lui.
Scoprii solo in quel momento i sentimenti che avevo sempre provato e negato a me stessa. Sapevo però, che lui non avrebbe mai avuto occhi per me. Gli chiesi quale sarebbe potuta essere una ragione di vita diversa da quella. "Vendetta", rispose.
Eppure, sembrava ce la stessi facendo. Con il tempo, riuscii a farlo disintossicare, anche se a volte dovetti usare le maniere forti. Mi ringraziava, diceva di essermi debitore. Diceva...
Eppure, un giorno, fece qualcosa che, nonostante i tentativi, non riuscirò mai a dimenticare:
Helya fu ritrovato in condizioni a dir poco pietose, in seguito a una dose elevata di cocaina. Era sporco di sangue, e farneticava: continuava a dire "Sono stato costretto. Me lo ha detto lei, è stata lei a chiedermi di uccidere quella donna, non potevo dirle di no."
Quando gli chiesero a chi si riferisse, ebbe una crisi. Nessuno riuscì a capire mai di chi parlasse. Io sì: si riferiva sicuramente a sua madre.
Dopo la ricaduta divenne irrecuperabile, e in seguito all'omicidio venne processato, ma la sentenza fu rimandata a causa della sua instabilità.
Quel processo non trovò mai termine: poco dopo, Helya andò in overdose Essendo un Non-morto, ciò non poteva ucciderlo, ma in compenso, lo fece entrare in coma.
Non diede segni di vita per undici lunghi mesi, i mesi più tremendi della mia vita. Sentivo fortemente la sua mancanza, ma allo stesso tempo speravo che non si svegliasse mai: sapevo che, al suo risveglio, il verdetto finale sarebbe stato il suo completo esilio. Il pensiero di vivere lontana da lui mi faceva diventare folle... Almeno ora, anche se era in coma, era qui, e potevo stare insieme a lui. Passavo giorni interi accanto a quel letto, a piangere in silenzio mentre lo guardavo dormire, pregando che restasse sempre così. È crudele, ed egoista, ma non posso negare che a quei tempi la pensassi davvero così.
Fino a quando non scese la manna dal cielo: nessuno sa che cosa lo spinse a farlo, soprattutto dopo ciò che era successo, ma Michael si battè con tutto se stesso affinché la corte evitasse di condannare Helya all'esilio. Ebbe molte difficoltà, nonostante fosse una persona di elevato rilievo nella società. Dovette pagare chissà quanti soldi per riuscire nel suo intento.
Perché farlo? Perché gli importava ancora qualcosa di lui? Non ne ho idea, ma gli sarò eterna debitrice per ciò.
Quando Helya si svegliò, non ricordava moltissime cose. Aveva come dei vuoti di memoria, come un'amnesia selettiva: molte esperienze traumatiche da lui vissute erano come state cancellate dalla sua memoria. Sembrava non essere assolutamente a conoscenza di ciò che aveva fatto. Tuttavia, la cosa fu ritenuta positiva: Helya fu sottoposto a una specie di lavaggio del cervello. Gli furono costruiti ricordi nuovi, per evitare di farlo sprofondare nuovamente nella dipendenza da droga. Difatti, in seguito smise completamente di assumerne, e nel giro di un anno era puro come un giglio. Non so quante e quali cose gli vennero fatte credere di preciso, so soltanto che adesso lui è fermamente convinto che i Non-morti non siano in grado di amare, e cosa ancora più assurda, che farlo con le Non-morte sia letale. In seguito, le voci che giravano sul suo omicidio furono smentite dietro compenso, ovviamente di Michael, e tutti si dimenticarono di quella notizia che fece tanto scalpore. Tutti, tranne pochi ovviamente. Tranne coloro che avevano vissuto quella storia in prima persona... compresa me.
Di certo vi starete chiedendo come io faccia a sapere tutte queste cose su Helya. La sua storia, le sue debolezze, cose che nemmeno lui stesso ricorda più.
Fu lui a raccontarmi tutto, prima di smettere di considerarmi completamente, dopo il lavaggio del cervello. Eravamo così uniti, che certe volte avrei anche potuto pensare che potesse funzionare tra noi.
Ma poi... lui cominciò ad essere diffidente, verso il sesso femminile in generale. Ci misi anni per riconquistare la sua fiducia, ma il nostro rapporto non tornò mai quello di una volta.
Sono passati venticinque anni, da allora, e il tempo sembra essersi fermato.
E adesso... adesso è tutto nuovamente come allora. Helya non ricorda più niente, questa volta.
Ho paura, dannatamente paura. Venticinque anni di bugie saranno smentite, e lui tornerà a ricordare tutto ciò che qualcun altro aveva cercato di cancellare.
Voglio solo che torni a ricordarsi di me... del mio volto... fa male. Tremendamente male. Fa male non essere riconosciuti dalla persona a cui hai deciso di dedicare la tua esistenza.
Ma ciò che fa ancora più male è che lui...quel Dean... sia stato subito riconosciuto. Trent'anni nostri di conoscenza non sono bastati per fargli tornare alla mente il mio volto. Mentre per lui, è bastato un secondo. Pochi mesi, hanno spazzato una vita intera.
Perché?
Perché la vita deve essere così ingiusta?
Cos'avrà mai lui, che io non ho?
Cos'è che mi sta spingendo a scrivere tutta questa roba su un misero diario che nessuno si prenderà mai la briga di leggere?

Perché mai?

Perché ho scritto la sua storia, invece di concentrarmi sulla mia?
Beh, questo è più semplice: la mia non la ricordo. Non ricordo niente del mio passato, in cui non ci sia lui. Quel bellissimo, maledetto volto dai lineamenti angelici, e dagli occhi taglienti e freddi dalle iridi verdi, quell'espressione un po' seria e un po' sprezzante. Quella piega che prendono le sue labbra quando scherza, formando un mezzo sorriso.
Io continuerò ad amarlo, anche se quegli occhi non punteranno mai me. Fino alla fine dei miei giorni; è la ragione per cui vivo, è la ragione per cui continuo ad andare avanti da anni.
È lui ciò per cui vivo.

[Dal diario di Buffy Averlock]

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