Capitolo 24 "Famiglia"

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Strofino le mie mani talmente forte da farle bruciare, sotto l'acqua. Insieme a quel sangue giù per lo scarico, vorrei che andasse a finire anche tutta la mia colpa, e la responsabilità che ho di quel gesto. Come se l'acqua potesse cancellare per sempre quello che ho fatto, lavandolo via.
Sono davvero un assassino?
Gli assassini si sentono in colpa dopo aver ucciso qualcuno?
Così tanto da aver voglia di morire?
"Se lo meritava. Se lo meritava, se lo meritava, se lo meritava! Si meritava tutto, tutto!" Urlo a quel me stesso riflesso nello specchio. Questo silenzio mi fa impazzire, non riesco a sopportarlo. O forse sono già impazzito?
"Io non ho potuto fare niente! Non potevo fare niente per Helya, solo ammazzare quell'uomo! Quell'uomo... Quell'uomo gli ha fatto volutamente del male! Voleva vederlo soffrire! Si è meritato tutto questo!"
Quella persona riflessa nello specchio sembra un'estranea. Non mi piace, non mi piace per niente. Mi disgusta, non riesco più a sopportare la sua visione. Mi fa schifo!
"Sei disgustoso! Tu...tu sei come tutti gli altri! Un criminale, uno schifoso criminale, un mostro! Tu non puoi essere me! Io ti odio, ti odio!"
Vorrei tirargli un pugno in faccia, ma tutto quello che ottengo è il sottile vetro dello specchio che si fracassa sotto il mio pugno, tagliandomi la pelle.
Sangue sulle mie mani, di nuovo. Questa volta però è il mio, ed è il sangue di una persona che se lo merita.
Ma che cosa mi sta succedendo ultimamente?
Ho perso tutta l'umanità e il contegno di cui ero dotato tempo fa. Ero un uomo adulto, responsabile, diligente, ero sempre lodato da tutti. Ero bravo in quello che facevo, tutti cercavano sempre me, a suon di quattrini.
I soldi... Tutti quei dannati soldi, non mi sono mai serviti a niente. Li avrei dati tutti via, pur di ottenere l'unica cosa che mi mancava, ovvero la libertà. La libertà di essere me stesso...Adesso che ce l'ho, però, non sono più sicuro che sia stata la cosa giusta. Il mio io non si è mai formato, è un io confuso, un umanoide. La mia psiche non può sopportarlo ancora per molto. Rimpiango così tanto i tempi in cui tutto quello che dovevo fare era il mio lavoro...
Il ritrovamento del cadavere... Suicidio. C'è davvero qualcuno che ha attribuito a un cadavere la mia identità? Davvero Jamie è stato l'unico in grado di riconoscere che era tutta una menzogna? Davvero mi vedevano così triste da riuscire a credere che potessi suicidarmi? Non riesco a realizzare. Agli occhi di molti, probabilmente soffrivo tanto. Probabilmente avevo tutte le ragioni per farlo, nonostante avessi un ruolo e una vita invidiabile, ero infelice. Ma io non ho mai sentito niente. Io andavo avanti e basta, proprio perché ero così...Vuoto.
Sento delle nocche bussare alla porta. Non rispondo, ma la porta si apre comunque:
"C'è qualcuno? Ho sentito dei rumori, perciò ho pensato che..." La voce della ragazza si spegne all'istante, non appena i suoi occhi incontrano i miei: è Veronica Deb.
"Capo...ehm, volevo dire, Dean?!" Veronica irrompe dentro la stanza, correndo a soccorrermi.
"Ma com'è possibile che voi tutti siate sempre in mezzo ai piedi?" Brontolo infastidito.
"Cosa è successo qui? Lo specchio... Guarda, le tue mani!" Fa per toccarle, ma io le ritraggo bruscamente.
"Non toccare! Lascia perdere, è solo un graffio."
"Ma perché l'hai fatto?!"
"Non sono affari tuoi." Rispondo. Con quella frase volutamente scortese ho intenzione di farla arrabbiare, in modo tale che se ne vada, indignata, lasciandomi in pace. Ma invece sembra ottenere l'effetto contrario, perché continua:
"Dean, avanti, guarda che insisto. Fammi dare una controllata!"
Controvoglia, gli porgo la mano insanguinata. Dopo una rapida occhiata, lei comincia a rovistare all'interno di un grosso zaino che porta con sé, fino a quando non tira fuori una bottiglietta con del liquido all'interno, e un vecchio panno: Con mano gentile, comincia a medicare le ferite superficiali sulle mie nocche, picchiettando delicatamente.
"Vedrai che guariranno presto." Mi rassicura con un enorme e luminoso sorriso.
"Sei gentile...Ti ringrazio, e scusami... Per prima." Mormoro.
"Nessun problema! I tuoi vestiti hanno proprio un aspetto terribile..." Veronica riprende a rovistare all'interno dello zaino, fino a quando non tira fuori una maglietta pulita, e me la porge. Esito per un istante, prima di accettare.
"Ah, non preoccuparti, mi giro dall'altra parte se non vuoi che guardi!"
"Si tratta solo della maglietta...Non è questo. Solo, mi chiedevo il motivo per cui fossi fornita di tutta questa roba."
"Beh, sono un'esperta anche in medicazione! Mi hanno dato il compito di aiutare chi magari si trovasse ancora in difficoltà o fosse ferito, e di fornire la gente di abiti nuovi e puliti. Sai, mi piace aiutare la gente..."
"Ma sei una Recluta Speciale...Loro non dovrebbero...fare altro?"
"E perché mai? Aiutare le persone in difficoltà è un nobile incarico, ne sono entusiasta."
"Capisco." Faccio per sfilarmi la maglietta, ma lei si volta comunque, come in imbarazzo. Nel modo di toglierla, mi accorgo che qualcosa vi è rimasto impigliato, ma non capisco cosa: poi, me ne ricordo.
"Ma tu guarda, me n'ero quasi dimenticato!" Afferro il filo che si era impigliato nella maglietta, e mi rendo conto che si tratta di una catenina: l'ho sempre avuta, in realtà, sin dall'infanzia. Da piccolino ne ero talmente affezionato da non levarla mai, nemmeno per dormire. Così da quel momento in poi è stata sempre con me. Tuttavia l'ho sempre portata sotto la maglietta, e ormai ero talmente abituato alla sua presenza che non ci facevo più nemmeno caso; la sfilo dal collo, e la guardo bene: è una piccola croce d'argento. Sulle braccia, vi sono incisi due cognomi: Wert sul destro, Glade sul sinistro:
Era la collana di famiglia. Ce n'erano due copie identiche; una apparteneva a mio padre, una a mia madre. Quando lei morì, e mio padre si risposò cinque anni dopo, non sapeva cosa farsene di quel pendaglio. Un giorno, ancora prima che Jamie nascesse, lo abbandonò in un angolo del comò, dove cominciò a prendere polvere, ogni anno sempre di più. E quando gli chiesi se potevo tenerlo io, rispose di no, che avevamo una nuova famiglia adesso. Ma disobbedii, e cominciai a indossarlo di nascosto. Non so come, ma mi faceva sentire vicino a lei. Sentivo che con quella catenina, lei mi sarebbe stata sempre accanto. Mantenni il segreto per diversi anni. Ma quando papà se ne accorse, non si arrabbiò, per mia sorpresa. Un velo di tristezza mista a malinconia gli attraversò il volto, ma non disse nulla. Da quel momento, quella collanina diventò come parte di me. Eppure non seppi mai che fine fece l'altra copia, quella che apparteneva a mia madre. Probabilmente andò dispersa, o finì nella tomba con lei. Papà mi ha sempre detto che era morta di malattia... Nonostante ciò, dopo la sua morte, ogni volta che alla TV si parlava di una sparatoria, una rapina finita in tragedia, stupri, o cose del genere, sentivo un nodo strettissimo alla gola, il mio stomaco si rivoltava, e dentro di me provavo come una sensazione di disgusto, di rabbia, e di odio, immenso odio. Ogni volta la fame mi passava, e smettevo di parlare e di mangiare. Quel bimbo ingenuo non sapeva a cosa era dovuto tutto ciò. Mai avrebbe potuto immaginare che fosse dovuto a un trauma ormai impresso nella sua mente, ma che era troppo piccolo per poter ricordare.
"Deve avere una storia lunga, quella catenina." Afferma Veronica, notandomi fissarla da un pezzo. Emergendo dai ricordi improvvisi che mi salgono alla mente, scuoto la testa e indosso la maglietta pulita, rimettendo la catenina al suo posto, sotto di essa.
"Nah, non più di tanto. Si tratta solo di un vecchio regalo." Mento.
"Wow, chissà com'è riuscire a ricordare..."
"A proposito di ricordi...Helya...Devo tornare da lui, l'ho lasciato da solo!"
"Temo non sia più possibile, almeno per il momento. Sai, prima di trovare te volevo passare anch'io a fargli una visita, ma mi hanno detto che non era permesso, e che lo avrebbero operato a breve."
"Che cosa...? Operato? Adesso?!" Il senso di panico mi invade completamente. Non ero pronto a una notizia del genere.
"A quanto pare ripristineranno la memoria, attraverso una complicata operazione di circa nove ore..."
"Perché sono sempre l'ultimo a saperlo?!" Sbotto.
Operare Helya adesso, recuperare tutti i suoi ricordi. Nessuno sa gli effetti collaterali che potrebbe causargli. Potrebbe essere persino peggio di perdere la memoria per sempre, potrebbe perdere completamente la stabilità o la sanità mentale. Potrebbero fare di lui un mostro, potrebbero distruggere una volta per tutte tutto ciò che non hanno distrutto gli altri. Helya è fragile come il vetro, la sua psiche è talmente delicata che potresti distruggerla con un soffio. Probabilmente, ha sofferto tanto in passato, una quantità da non poter essere immaginata. Ho paura, tanta paura, troppa. Non posso rischiare di perderlo davvero. Ne vale la pena osare così tanto?
Ormai è troppo tardi per pensare. E nella mia mente sta già riecheggiando quel ritornello che non se ne andrà via per un bel pezzo:

"Potresti perderlo."

UndeadWhere stories live. Discover now