Un Sogno Abbandonato Su Una Stella

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Un Sogno Abbandonato Su Una Stella

Inizio di Settembre, Punto di Vista di Maya

Se potessi tornare a quel giorno, con il senno di poi, continuerei a correre senza voltarmi.
Forse, se avessi avuto il coraggio di lasciarmi alle spalle il mio passato all'epoca, mi sarei risparmiata tantissima sofferenza ed allo stesso tempo penso che se me ne fossi andata, tutte le mie giornate sarebbero state terribilmente grigie a causa della nuvola di rimpianti che mi sarei portata dietro per tutta la vita.
Parlando onestamente, se tornassi indietro a quel preciso momento, mi troverei ancora una volta nella scomoda posizione di non sapere come mi sarei dovuta comportare.

"I'm so sorry!"
Esclamò una voce che un tempo avevo conosciuto. Mi dissi che dovevo smetterla, che la mia fantasia non poteva prendere il sopravvento perché non potevo dare spettacolo in continuazione ovunque mi trovassi.
"Are you okay?" mi chiese ancora accovacciandosi più vicino a me, naturalmente lui non era caduto nello scontro.
Fui costretta ad alzare il capo, non potevo semplicemente restarmene con la testa bassa facendolo preoccupare che mi fosse successo qualcosa, ma non ho mai voluto così intensamente che fosse la mia fantasia.
Invece lui era lì, davanti a me, con un sacco di persone dietro di se che portavano tantissime borse ed attrezzature.
"Maya?!" esclamò.
Sul volto gli comparve un'espressione stupefatta e meravigliata, quasi come se stesse assistendo alla manifestazione di un fantasma: quante volte aveva sognato di rivedermi e si era svegliato nel cuore della notte rigirandosi in un lette semivuoto?
Quante volte avevo avuto la sensazione di vederlo tra la folla di turisti, per poi scoprire che lui non ci fosse?
In qualche modo che ancora non sono in grado di spiegarmi, averci l'uno davanti all'altro sembrava assurdo. Ma credo che vada sempre così, i sogni sognati troppo a lungo vengono rilegati in un mondo che scompare con l'alba, anche quando diventano realtà.
La prima cosa che pensai fu che sarebbe stato molto più semplice dirgli mi avesse confuso con qualcun altro e proprio nella speranza di mettere in atto il mio piano codardo, mi alzai da terra pulendomi frettolosamente i vestiti ed indietreggiai di qualche passo agitando velocemente le mani.
"Maya, perché stai piangendo?" mi chiese guardandomi perplessa.
Le braccia mi ricaddero lungo il corpo come un peso morto e sospirai trattenendo un singhiozzo: mi sentivo tremendamente stupida nello star piangendo in quel modo. Piangendo per cosa poi? E perché non riuscivo a recuperare un dannato contegno che mi permettesse di andarmene?
Mi aveva riconosciuta.
In mezzo alla folla chiassosa di Parigi, dopo anni di distanza che avevano segnato irrimediabilmente i nostri tratti, lui mi aveva riconosciuto senza esitazione, quasi come se fossi rimasta quella ragazzina sorpresa incontrata in un bar di Roma.
Non potevo più dirgli che si fosse sbagliato, non mi avrebbe mai creduto.
Avrebbe pensato che non avessi voglia di vederlo, che gli portassi rancore per ragioni sconosciute e non potevo lasciare che pensasse questo.
Eppure non potevo neanche restare lì, perché prima che me ne rendessi conto lui se ne sarebbe andato ancora una volta ed io mi sarei sentita nuovamente sola, come quando partii per la Francia capendo che non l'avrei mai più rivisto.
Credo che fu a causa di questa paura che scappai via.
Non dissi neanche una parola, semplicemente mi voltai ed iniziai a correre.
"Maya!" urlò il ragazzo dai capelli scuri, mentre un gruppo indefinito di persone urlava il suo nome.
Non capivo perché mi stesse inseguendo.
Se io mi fossi trovata al suo posto, l'avrei guardato allontanarsi con malinconia e me ne sarei andata per la mia strada credendo che non volesse saperne più nulla di me.
Sentire i suoi passi allungarsi verso i miei, mi sorprese più di quanto mi avrebbe intristito il perderlo in tutta quella gente.

Quanto può essere considerato un cliché ritrovarsi a Parigi sotto la Tour Eiffel?
Profondamente, credo.
D'altronde non è un caso che questa sia una scena comunemente ripetuta in tutte le commedie romantiche, quasi come se Parigi fosse una tappa imperdibile per lo sviluppo di una storia, come se non esistessero storie d'amore che Parigi non la vedono neanche dal binocolo.
La mia vita si è sempre divertita nel prendermi in giro in questo modo stucchevole e questo suo divertimento l'avevo già compreso allora, seppure provassi ad ignorarlo il più possibile.
"MAYA!" esclamò con un leggero affanno, dimostrando quanto non fosse abituato al correre e parlare a gran voce contemporaneamente; mi afferrò per il polso inchiodandosi sul marciapiede e questo semplice gesto mi fece capire che fosse arrivata la fine della mia corsa.
Non mi sarei potuta liberare di quella presa, a meno che non avessi strattonato via il mio braccio: ma meritava sul serio che lo ferissi così profondamente per paura?
Sentivo lo sguardo dei passanti bruciarmi la pelle e sarei voluta scomparire dalla faccia della Terra pur di non dovermi girare per affrontare il ragazzo alle mie spalle, eppure non c'era via d'uscita alternativa all'affrontare di petto quella situazione.
Mi girai lentamente, illudendomi che se avessi sospirato profondamente ed avessi chiuso gli occhi la sua figura sarebbe potuta scomparire come i mostri che per anni mi avevano tenuta sveglia nel cuore della notte; invece, quando trovai il coraggio di aprirli, tutto quello che vidi furono le sue due enormi pozze color cioccolato.
Rispetto all'ultima volta che li avevo visti, erano due occhi nuovi: sembravano più stanchi e disillusi, spenti di quella scintilla euforica che gli intravidi mentre addentava il cornetto stracolmo di cioccolato; eppure erano sempre gli stessi occhi che mi avevano sorriso uscendo dalla porta del bar: nella profondità di quel deserto immenso, moriva abbandonata quella stessa dolcezza che mi aveva sfiorata allora.
Non avevo la minima idea di cosa stesse pensando lui nel rivedermi dopo tutto quel tempo, so solo che io pensai ancora una volta che i suoi occhi fossero tremendamente belli.

Sotto lo sguardo curioso dei turisti e dei parigini, Marco tirò leggermente il braccio che stringeva delicatamente e mi attirò a sé facendomi sprofondare sulla sua felpa nera abbracciandomi fino a farmi entrare nelle sue ossa.
Di abbracci ne avevo ricevuti tanti dopo quello che mi aveva regalato quella mattina di Marzo, ma nessuno era stato capace di farmi provare quella stessa sensazione di protezione; in fondo, mi sono sempre vantata del mio non aver bisogno d'essere protetta da nessuno per poi cascare in quella stretta quasi come se fossi una bambina che ha perso il proprio palloncino.
Il fatto è che anche chi è più forte, ha bisogno di un posto sicuro in cui essere debole.
Marco era il mio, ma ancora non l'avevo compreso.
"Maya..." borbottò con la voce ovattata dai miei capelli ormai del tutto spettinati "...Va tutto bene, sono qui."
Fu con quelle semplicissime parole sussurrate che tutte le mie barriere caddero, castelli di sabbia trascinati via dalle onde invernali.
"Scusami, ti sto sporcando la maglia..." dissi allontanandomi leggermente da lui non appena realizzai di dover aver tutto il trucco abbondantemente colato.
Lui mantenne salda la presa sulle mie spalle, stringendomi nuovamente in una morsa senza via di scampo e con la voce leggermente incrinata mi disse che non gl'interessava della maglia, ma lo disse con un tono così preoccupato da farmi aggrovigliare un nodo nello stomaco.
"Se poi ne approfitti per scappare di nuovo, come faccio a ritrovarti?" domandò dopo aver sospirato profondamente: non credo lo abbia mai notato, ma sorrisi impercettibilmente.
"Allora non mi hai dimenticata..." confessai restandomene ferma in quel modo, consolata e coccolata dalla mano che giocava con le lunghe ciocche scure, sentendo il peso della sua testa poggiata sulla mia.
Sentendo quel pensiero a voce alta mi allontanò leggermente per potermi guardare negli occhi ed istintivamente abbassai lo sguardo per non mostrare la mia dolce condizione di panda, lui ridacchiò facendomi credere che se lo aspettasse quel gesto e sporcandosi la mano di nero spostò via tutto quello ch'era colato dai miei occhi, che risultò essere comunque meno di quanto mi aspettassi.
"Ci ho provato..." confessò sconvolgendomi "...Ma non ci sono riuscito, quindi mi sono convinto del fatto che non ti avrei più vista. E poi mi sei piombata tra le braccia nel bel mezzo di Parigi, quasi come se qualcuno ti avesse lanciata."
Come se qualcuno mi avesse lanciata...
In tanti lo chiamerebbero destino, qualcuno filo rosso.
Io non so ancora come potrei definire quello che c'è stato tra noi.
Quello che so con certezza è che, sotto lo sguardo curioso di turisti e parigini, ritrovai un sogno che avevo abbandonato su una stella.

Se potessi tornare a quel giorno, con il senno di poi, probabilmente scapperei via decisa a non voltarmi; ma se lui dovesse afferrarmi ancora ed ancora, resterei comunque e per sempre prigioniera di quelle braccia che per anni sono state l'unica vera casa a cui sono appartenuta.


-Spazio Autrice -

Buonasera a tutti, come state?
Ecco qui a voi il primo capitolo inedito della nuova versione di Mai e Per Sempre: queste sono state le emozioni di Maya nel ritrovare Marco nell'immensa Parigi.
E Marco?
Marco cosa ha provato? Quali sono state le sue promesse non mantenute? Cosa ha sperato per tutti gli anni in cui non si sono visti?
Per scoprirlo, spero di ritrovarvi tutti nel prossimo capitolo che dovrebbe uscire entro stasera o domani sera al massimo.
Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti,
spero che queste novità vi piacciano.
Per sempre vostra.

Mai e Per sempre [M. M.] (#Wattys2017)Where stories live. Discover now