39. Tempo mutevole

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Il tempo, aveva imparato Hermione, era un piano della struttura esistenziale che poteva essere flessibile, non era sempre logico. Attimi dilatati dove si rimaneva sospesi a viverli come se durassero mesi interi, anni che si rincorrevano frenetici chiedendosi come fosse possibile che fossero trascorsi in così poco.

Il tempo era mutevole, ma non si poteva giocare troppo, lei lo sapeva bene dopo aver avuto la Giratempo. Si poteva tornare indietro di qualche ora per non inficiare nella trama del destino, ma mai oltre quelle ore, non se c'era il rischio di danneggiare la fibra dell'esistenza, magari persino far sparire generazioni e intere linee di sangue, come aveva appreso dagli approfondimenti che aveva studiato su quel piccolo ciondolo a clessidra.

E più lei si allontanava da quel Lunedì Nero, più si rendeva conto che il suo recente passato, e così il suo presente arido vuoto e freddo, era irreversibile. Non poteva prendere una Giratempo, non più.

Doveva fare tutto alla maniera babbana: accettare e andare avanti.

Anche se c'era dolore per quella mancanza e rabbia per non essere stata capace di risolvere quella matassa. E sdegno perché ancora una volta era costretta a vivere un ricorso del suo passato di accettare di vivere un amore da lontano.

E porca la miseria se aveva avuto ragione quando diceva che avrebbe dovuto semplicemente ignorare quel sentimento che era sbocciato, perché si era trovata esattamente come lo immaginava: un pugno di niente e col cuore spezzato.

E lei era stufa marcia di vivere la stessa storia di sempre.

Perciò nel tempo che le occorse per risalire verso la Torre del Grifondoro al termine della ronda dopo che avevano passato due ore a ripulire insieme a Ernie una roba strana e bavosa che aveva lasciato Pix per tutto il corridoio del primo piano e che non era stata sufficiente la magia per spazzolarla via, l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un bagno caldo e un abbraccio, ma se sul secondo non poteva assolutamente ripiegare, tranne che su un maglione che continuava a dimorare sotto il suo cuscino di cui avrebbe dovuto sbarazzarsi definitivamente e l'avrebbe fatto quella sera stessa, il bagno poteva concederselo.

Hermione valutò con la razionalità che l'aveva sempre e perennemente guidata in ogni decisione che doveva mettere un punto, chiudere il libro e bruciare quella storia se voleva viversi l'anno scolastico tranquillamente senza struggersi per una persona che non era disposta a combattere insieme a lei, per uno che non faceva altro che sopprimere le sue emozioni quando erano insieme, che si controllava per ogni cosa, con cui doveva perennemente camminare sui gusci d'uovo appena si toccavano argomenti scottanti.

Oltretutto lui glielo aveva detto che era stata una distrazione.

"Magari tu mi hai dato una motivazione per riallineare la mia vita."

Scosse la testa demoralizzata.

Alla fine aveva ottenuto ciò che voleva all'inizio dell'anno: far capire a Draco Malfoy cosa significava essere liberi. Dai pregiudizi, dagli indottrinamenti, dal passato oscuro che lo teneva incatenato.

Col tempo quell'incarico si era trasformato in un salvataggio esistenziale e una volta che entrambi si erano allontanati dai traumi, le loro strade si erano divise, anche se nel modo peggiore.

Lui voleva ritornare a com'erano prima, ma lei non ce la faceva, non se sapeva cosa significava averlo vicino in quella nuova forma. Dolce, costruttivo, totalizzante.

Non ce la faceva e avrebbe preferito non averlo affatto, perché sarebbe stato un eterno promemoria di quello che potevano ancora essere.

Doveva davvero rinunciare a lui. Poteva farlo. Basta lezioni private, basta cercarlo durante il giorno. Finito.

Mexican StandoffWhere stories live. Discover now