28. Per lei

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Piccolo disclaimer: in questo capitolo ci sono alcune parole in francese. Ho inserito delle parentesi per la traduzione nel caso possano esservi utili. 



Hogwarts, 4 novembre 1999


Durante l'ora di Pozioni quel giovedì mattina, come ormai faceva da ben cinque giorni, Draco si disse che era un idiota.

E non lo diceva solo perché quella maledetta strega tre banchi avanti a lui di cui era totalmente pazzo gli aveva fritto il cervello e glielo ripeteva a profusione come il canto di una sirena che s'insinuava nelle orecchie e lui non poteva fare altro che annuire, seguire e accondiscendere qualsiasi cosa desiderasse di lui, della sua mente e del suo corpo.

Tanto si era già detto che lo teneva per la sua penzolante patria potestà preferita.

Il problema era che Draco era un idiota perché aveva avuto un'occasione, L'Occasione, di prenderla e baciarla. Cosa che aveva ugualmente fatto in un certo senso: l'aveva presa tra le braccia, le aveva dato sei, SEI, bacetti sul volto, due morsi e aveva persino infilato la mano nei suoi capelli e, attenzione, qui sarebbe servita una pergamena da come minimo settanta centimetri per spiegare quanto fosse stato avvincente toccare i suoi capelli, che, saranno stati pure disordinati – e lui si era divertito a disordinarli un altro po', tanto lei non se ne sarebbe accorta – ma erano talmente soffici che avrebbe voluto strusciarsi col volto solo per sentire... ah, no, aveva fatto anche quello, ed era stata un'esperienza metafisica. 

I capelli di quella donna erano davvero irreali, come ora, che sembravano un intricato groviglio di lana dei suoi affezionati elfi, per l'umidità condensata nell'aula che s'innalzava insieme al vapore dei calderoni. Molto meglio che le trecce di chicchessia! Chissà come sarebbe stato sciogliere le trecce a quei capelli quando avrebbe ripreso a farsele.

Gli saliva l'erezione al solo pensiero.

Comunque, Draco rimaneva irrimediabilmente un idiota. Perché quella maledetta strega, quella seducente sirena, quella testolina morbida e scomposta, l'aveva avuta tra le braccia sotto le stelle, le sue stelle, e lui, lui, lui... Non aveva fatto niente! Non un bacetto su quelle labbra carnose e succulente, non una palpatina a quel sedere pieno e sodo che aveva visto più volte nella sua tuta babbana effetto seconda pelle e che avrebbe voluto farsi spuntare un altro paio di mani per non perdersene nemmeno un centimetro. Niente. Rien! (Niente)

E dire che lei non sembrava nemmeno volersi staccare da lui, tranne quando lo voleva picchiare, anzi, l'aveva sentita sospirare nel suo orecchio, rabbrividire e stringersi ancora di più. Non si era allontanata mentre la baciava o accarezzava o le respirava nei capelli e, Salazar, quei capelli... il ricordo era distraente quasi quanto i suoi occhi. O il suo sedere.

Fatto stava, aveva una donna totalmente consenziente al suo tocco, che a parte dargli dell'idiota e due pugni e un pizzico al fianco, era letteralmente sciolta sotto le sue mani e lui non aveva fatto niente! Rien!

E questo perché era un idiota e forse era per quello che la ragazza glielo ripeteva tra le altre cose, perché voleva dire: «Idiota, baciami finché non mi collassa un polmone e anche dopo, baciami finché non mi ridai il respiro!»

Ma lui era così ebbro in quel momento che sperava solo che lei non si allontanasse e alla fine si era ritrovato persino a costringerla a non lasciarlo, come voleva fare già di ritorno dall'Australia quando si erano abbracciati. E tra le altre ingombranti cose, aveva un'evidente quanto inopportuna erezione che se si fosse strusciato addosso a lei in quel momento, come voleva, l'avrebbe davvero dato dell'idiota pervertito e poi l'avrebbe schiaffeggiato in faccia, anziché sul fianco.

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