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È passata una settimana dalla disavventura al pronto soccorso con Maddy. La mia amica è ancora debole ma si è ripresa abbastanza in fretta. Un clacson strombazza fuori dalla porta di casa mia, saluto di corsa mamma ed entro in auto con Maddy, oggi è il giorno in cui lei rientra a scuola.

«Pronta ad affrontare le bestie dei nostri compagni?» le domando dopo averle dato un bacio sulla guancia. Purtroppo, la notizia del suo collasso è dilagata lo stesso a scuola, nonostante sia quasi certa che non siano state le mie compagne di squadra ad averla messa in giro.

«Insomma.»

Porto una mano sulla sua gamba scoperta perché indossa l'uniforme da cheerleader.

«Ti starò vicina io.» provo a tranquillizzarla.

«Cambiamo discorso, tu sei pronta per la tua prima partita. Capitano?»

«Assolutamente no. Me la sto facendo addosso.» faccio un lungo sospiro cercando di non farmi sopraffare dall'ansia.

«Dai, che sarai grandiosa. Ti prepari a questo giorno da mesi... anzi, da anni. Sei nata pronta.» sorride in modo genuino. Oltre alla mia famiglia è l'unica a comprendere appieno i sacrifici che ho fatto in questi anni per l'amore di questo sport.

«Se lo dici tu

«Dai piantala.» mi tira uno scappellotto sul ginocchio sinistro.

Nel frattempo, abbiamo raggiunto il parcheggio della scuola. Ci salutiamo in un abbraccio prima di incamminarci in due direzioni opposte.

«In bocca al lupo» sussurra al mio orecchio.

«Anche a te.»

Quando raggiungo le mie compagne nello spogliatoio noto subito che la tensione è alle stelle. Andrea urla come una forsennata perché non riesce a trovare le sue protezioni, persino Eleonore che di solito è la più posata e tranquilla agita le mani e girovaga per la stanza in visibile stato di agitazione.

È evidente che tutte noi teniamo molto al nostro grande debutto, l'inizio della stagione.

«Cap, alla buon'ora!» esordisce Stella, posandomi un braccio sulla spalla.

«Qui ci vuole un discorso di incoraggiamento.»

«Prima fammi vestire.»

«Come preferisci.» così si allontana e mi lascia il tempo per prepararmi. Non ho oggetti fortunati o rituali particolari, ma quando ero piccola mamma mi ha regalato un braccialetto di corda blu, dicendomi che apparteneva a mio padre e che glielo aveva affidato prima di partire per il college.

Al centro vi è un pallone da football arancione, ormai con il passare degli anni il colore però si è un po' sbiadito. Ma lo conservo gelosamente e quando sono pensierosa o in ansia da prestazione ci gioco nervosamente con le dita, come ora.

Sono così concentrata a guardare il mio oggetto scacciapensieri che non mi accorgo neanche che il coach è appena entrato nello spogliatoio.

«Bene, tutte qui intorno.» senza farlo aspettare troppo accerchiamo il coach Kelley.

«Voi siete una squadra, quando sarete là fuori non dimenticatelo mai. Piuttosto dimenticatevi dei vostri genitori sugli spalti, dei vostri amici, fidanzati, nonni, parenti, insegnanti e chiunque voi abbiate invitato. Rimanete concentrate sul gioco, sull'avversario, fidatevi le une delle altre, pensate e agite di squadra, così come avete imparato in questi primi mesi di allenamento.»

«Avete sentito il coach...» ora è il mio turno.

«Al tre...» uniamo tutte le mani, una sull'altra.

Un Gioco da Ragazze - A Girl's GameWhere stories live. Discover now