Sebastian

Un forte tonfo mi fa svegliare, non apro gli occhi, ma capisco che qualcuno sta sbattendo sulla mia porta incessantemente.

È sabato mattina e tutti in questa casa sanno che non tollero essere disturbato la mattina, specialmente quando si tratta del weekend. Ieri sera sono tornato alle quattro e ho intenzione di dormire fino a pomeriggio inoltrato.

Mi rigiro nel letto, noto con gioia che la ragazza che era qui ieri sera se ne è andata. La mia stanza si trova al piano terra e ho un ingresso riservato che mi permette di uscire ed entrare in casa indisturbato.
Alzo il lenzuolo fin sopra la testa e crollo nuovamente in un sonno profondo.

"Sebastian, tesoro..."
Una voce dolce mi fa capire che non potrò starmene nel mio letto fino a tardi. È la signora Rosalia che parla. Lei è la nostra domestica e babysitter, sia mia che di mia sorella. Vive con noi da quando sono nato.

Mi riferisce che mio papà mi stava cercando, capisco che prima era proprio lui a picchiare sulla mia porta.
Mi tiro su dal letto. Guardo l'orologio sul mio comodino, segna le otto. Ho i nervi a fior di pelle. Nel tratto tra il letto e la porta di camera mia trovo una t-shirt e degli shorts. Li indosso mentre salgo le scale per raggiungere la cucina.

Appoggiata al bancone con una tazza tra le mani c'è mia madre.
"Eccoti tesoro! La società ha indetto una riunione urgente e hanno esplicitamente chiesto la presenza di voi ragazzi per la seconda parte del meeting. Voleva dirtelo papà, ma è corso in ufficio."
Il tono amorevole di mia mamma mi irrita solo di più.
"Per che caz..." non riesco a finire la frase.
"Le parole, Sebastian!" Mi rimprovera subito dato che sta arrivando Alice.

"Per quale assurdo motivo hanno convocato anche noi ad una riunione di sabato mattina?!Spero per loro si tratti di una questione di vita o di morte, se no faccio un casino."
Ribatto altamente seccato.

Alice corre ad abbracciarmi e la prendo in braccio facendola volteggiare. Lei è l'unica persona che magicamente riesce a calmarmi. Quando la vedo, la rabbia si placa e mi torna il sorriso. La mia sorellina ha solo sei anni, è sveglissima e di una dolcezza smisurata. Sono iperprotettivo con lei.

"Cosa fai già sveglia?"
"Seb è da un anno che tutti i sabato mattina ho lezione di pattinaggio."
Mi risponde con tono di rimprovero per essermi dimenticato questo dettaglio. Le do un bacio sulla guancia e la lascio andare a fare colazione.

Mia madre mi esorta ad andare a prepararmi. Stringo i denti e senza aggiungere altro decido di fare quello che mi dice.

Odio quella società. Ogni persona che ne fa parte, ogni decisione che prendono, ogni singolo angolo del complesso e ogni incontro al quale sono costretto a partecipare.
Per mio padre, quella maledetta azienda viene prima di qualsiasi altra cosa al mondo, anche prima della sua famiglia. È un padre assente e le rare volte che si degna di farsi vivo o parla della società o passa tutto il tempo al telefono.
L'azienda mi ha portato via mio padre, l'ha trasformato in una persona avida e senza scrupoli. Mamma mi ha sempre detto che l'uomo che aveva sposato era diverso. Era dolce e altruista.
I primi anni della mia vita era un padre, ora invece non posso più definirlo tale.

Ricordi vaghi invadono la mia mente: io e lui in giardino a giocare a calcio o io sulle sue spalle mentre mi portava a prendere un gelato.
Dall'età di quattro anni è però finito tutto e nella mia memoria non è più custodito nessun ricordo felice con lui.

-

"Buongiorno raggio di sole!"
Urla Chris appena mi vede entrare dall'ingresso principale del complesso della Caphelia Industries e mi corre incontro per darmi un pugnetto sulla spalla.
"Buongiorno."

Progetto CapheliaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora