56. La rottura

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The hardest part was letting go
not taking part.
You really broke my heart...

The hardest part, Coldplay

Ollie

«Cosa hai combinato?». Mi chiese Ben dopo aver finito di fare effusioni poco controllate con la sua amata che si era alzata per andare a prendere altro da bere.

Bevvi un sorso di birra, ignorando il caos che regnava sovrano nel locale. «Non so di cosa stai parlando».

«Hai fatto arrabbiare Emma?». Urlò per sovrastare il rumore della folla.

Buttai un occhio in alto alla mia destra allo scopo di conoscere il titolo di quell'obbrobrio musicale che non smetteva di martellare dentro le mie orecchie.

Il videoclip di I love the way you kiss me continuava indisturbato a invadere gli schermi delle tv disseminate per tutto il locale mentre io rispondevo a Ben che no, non avevo fatto arrabbiare Emma, a cui sicuramente sarebbe piaciuta questa canzone.

«E allora perché non è qua? Non perde mai il bowling alcolico».

Ben amava organizzare serate al bowling, il cui solo scopo era quello di finire ubriachi marci visto che ogni birillo buttato giù equivaleva a uno shot.

L'unica che aveva il permesso di bere acqua al posto dell'alcool era Emma, prima sostenitrice della serata, che, mentre tutti continuavano a giocare ubriachi marci, passava l'intera sera ad andare al bagno a causa dei litri di acqua buttati giù.

Aveva addirittura comprato a tutti un cappello da baseball, che Ben infatti stava indossando fieramente, sopra cui avevo fatto stampare la scritta "one pin one drink".

«È a casa sua. È preoccupata per la nonna... credo». Aggiunsi poco convinto.

Noah alzò le sopracciglia scure. «Credi?».

«È strana ultimamente». Confessai.

«Magari ha le sue cose». Convenne Noah che di donne non ne aveva voluto mai capire niente.

Mi strinsi nelle spalle perché, fondamentalmente, anche io ne capivo ben poco.

«Ollie, se la fai soffrire...». Ben fece cadere il discorso in sospeso e io lo guardai male.

«Non ho fatto niente». Misi in chiaro. «Comunque, domani tornerò da lei e cercherò di capire cos'abbia veramente».

«Non sono abituato a non averla intorno». Confessò Ben con sguardo sconsolato.

Avrei voluto dirgli che, se lui non fosse abituato, avrebbe dovuto figurarsi me...

Emma era diventata la costante della mia vita e non svegliarmi accanto a lei era estremamente fastidioso, anche se non quanto non sentirla per la maggior parte del tempo.

La sera prima ero andata da lei e l'avevo sentita così strana.

Il suo corpo aveva reagito in modo insolito al mio tocco e i suoi occhi sembravano tormentati, anche più di quanto lo fossero i miei prima di incontrarla.

Vedevo e sentivo che stava male ma il mio intervento era risultato pressoché inutile. La mia presenza sembrava aver aggravato la situazione più che averla risolta.

Non smettevo di pensare a come fosse finita la serata. Emma si era addormentata tra le mie braccia e io ero rimasto con lei fino alle prime luci dell'alba. Poco prima che facesse giorno, l'avevo salutata con bacio per poi lasciarla dormire da sola nella sua stanza.

Come le ali di una farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora