33. Gelosie - Parte 2

Magsimula sa umpisa
                                    

«Harry Potter! Se non mi metti giù, giuro che ti faccio passare un terribile quarto d'ora!»

«Miseriaccia, Gin, si sente la tua voce dall'entrata» in quel momento sopraggiunse Ron in cucina con alcune lettere tra le mani. Hermione gli sorrise quando lo vide, ma lui le dedicò un'occhiata storta.

Ottimo, era ancora arrabbiato dalla lite di ieri. Perciò sospirò e scuotendo la testa, riprese a far lievitare le tazze nell'armadietto.

«Ragazzi, potete lasciare un attimo me ed Hermione da soli?» aggiunse quest'ultimo. «E per favore, Harry, leva le mani dal sedere di mia sorella.»

«Come se tu non volessi mettere le mani sul sedere della tua ragazza quando usciremo da qui» chiosò indispettita Ginny appena Harry la fece scendere.

Questo, al corrente di cosa era successo tra i due, dedicò un'occhiata preoccupata ad Hermione, ma lei si limitò a stringersi nelle spalle e fece un cenno del mento verso la porta, lui annuì e si trascinò dietro Ginny, non prima di aver dato una pacca ammonitrice sulla spalla dell'amico.

Rimasti soli, Hermione si schiarì la voce, le mani impegnate a scartare con cura altre tazze. «Se hai ancora intenzione di parlare di ieri, ti dico già che non otterrai nulla.»

«Ti pareva. Se si tratta di te, non ne possiamo parlare, giusto?»

«Sono solo degli incubi, Ron» chiuse gli occhi, tentando di scacciare dalla mente i ricordi della notte scorsa e di quelle dell'ultimo anno. Sbatté le palpebre e si costrinse a respirare profondamente come aveva imparato con la meditazione. «Però se me ne parli anche durante il giorno, non mi fai del bene.»

«Io voglio il tuo bene, Mione, sei tu che non me lo permetti. Perché non mi vuoi raccontare che succede?»

«Non succede nulla. È solo la solita storia» la solita storia in cui si era ritrovata tra le braccia dell'ultima persona che avrebbe mai immaginato sotto un tavolo della Biblioteca e la incitava a non avere paura della realtà e di avere coraggio. Forse era davvero impazzita sotto le torture.

«Hermione, sono mesi che ti sento urlare quando dormiamo insieme» Ron comparì davanti a lei e le tolse la tazza dalle mani mentre la osservava con quei chiarissimi occhi azzurri che spesso aveva ritrovato accanto a sé quando riemergeva dai suoi incubi e da cui rifuggiva per non farsi vedere crollare. «E io non so cosa fare, se tu non mi parli.»

«Tu non devi fare nulla. Sono solo degli incubi» ripeté per la ventesima volta in quei mesi. «Sto pensando di iniziare a prendere una pozione, comunque» si strinse nelle spalle. «Me l'ha consigliata George, anche lui la usa e gli sta portando dei benefici migliori rispetto alla Pozione Senza Sogni.»

«Ah, giusto» sorrise sarcastico. «Perché tu parli con mio fratello, anziché col tuo fidanzato. Parli con chiunque tranne che con me.»

«Ti prego, Ron, lo sai che rapporto c'è tra me e lui. Non puoi essere davvero geloso di tuo fratello.»

Ron sogghignò ancora. «George è un conto, perché so che lui non mi farebbe mai una scorrettezza simile» lanciò alcune lettere sul tavolo davanti a lei. «Ma lui?»

Hermione guardò le lettere aperte riconoscendo la scrittura piccola, fitta e spigolosa di Viktor e riportò gli occhi sul rosso senza parole, mentre una rabbia e una delusione incontrollata risaliva, non solo per quello che aveva fatto, per aver controllato la sua posta, ma anche per ciò che aveva detto.

«Perciò ti fidi di tuo fratello, ma non ti fidi di me, giusto?» assottigliò lo sguardo su di lui. «Credi invece che io possa farti una scorrettezza del genere? Pensi davvero che io possa tradirti dopo che ho passato anni, anni, Ron, a morirti dietro?» fu lei questa volta a ridere sarcastica mentre si sentiva gli occhi pizzicare.

Mexican StandoffTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon