Capitolo 7

1 1 0
                                    


"L'ignoranza è una benedizione, ma perché la benedizione sia completa,

l'ignoranza deve essere così profonda da non sospettare neppure sé stessa".

( E.A. Poe)


Il citofono suona per la terza volta. Alzo gli occhi al cielo e reprimo un sospiro esasperato. Félix non ne vuole sapere di mollare la presa. Resto ostinatamente sul divano e quando il quarto trillo del citofono si palesa in maniera prolungata, afferro il plaid e mi copro fin sopra la radice dei capelli. Quel folletto dispettoso del mio amico starà tenendo il dito pigiato sul pulsante sino a farmi impazzire! Accidenti a lui!

«Ti prego, basta!» mi lamento sotto la coperta e con la guancia appiccicata al cuscino del divano. Ma lo conosco bene, non desiste.

Faccio un respiro profondo e vado a rispondere, di nuovo.

«Sei ancora qui?!» sbotto.

«Brutta ... cretina! Apri immediatamente il portone! Sei chiusa in casa da cinque giorni a piangerti addosso e adesso porrò fine alla tua fase di lutto e autocommiserazione!» scatta determinato.

«Non ti ho chiesto nessun tipo di aiuto» rispondo, indispettita.

«Se non apri immediatamente, suonerò al citofono di Cédric e gli spiffererò che sei depressa a causa della sua storia con Flora» mi minaccia.

«Fa' pure, tanto è al lavoro in questo momento!»

«Chérie, devo ricordarti che lavoro anche io da Leclerc e che non ci metterò un istante a dirgli che ti ha spezzato il cuore?!»

Aggrotto le sopracciglia. «Ma io non sono depressa per questo motivo!»

«Questo lui non lo sa. Ed è così convinto di essere talmente irresistibile ai tuoi occhi che mi crederà! Adesso apri o rovino quella parvenza di dignità che ti è rimasta!»

Stringo le labbra e attendo un paio di secondi.

Magari se ne andasse ... magari ...

«Perfetto, torno in agenzia e gli dico tutto! Sayonara! » annuncia a gran voce.

«No! Aspetta!» lo supplico e pigio il pulsante di apertura.

«Brava, Chérie!»

Non sono neanche libera di piangermi addosso qualche giorno per la fine di una relazione ...

Che impiccione!

Appena apro la porta mi rivolge uno sguardo indifferente. «Immaginavo che fossi in questo stato pietoso, non sono per niente sorpreso di trovarti in pigiama, con i capelli sporchi e le caccole attaccate agli occhi!» rimbecca entrando.

Chiudo la porta e lo osservo mentre si fa strada verso la cucina; sulla penisola poggia una busta di cartone dalla quale estrae un croissant gigantesco e due cappuccini takeaway.

«Hai mangiato in questi giorni? Lia dice che non ti sei seduta neanche a tavola».

Torno pigramente sul divano e mi riavvolgo nel plaid, evitando il suo sguardo. «Non avevo molta fame».

Fa spallucce. «Un po' di regime male non fa, di certo» borbotta, poi mi rivolge un'occhiata penetrante. «Adesso la fame ti è appena venuta» sentenzia.

«Ma non è vero».

«Invece sì. Lo dico io».

«Invece no!» protesto.

Per un imprevisto a New YorkWhere stories live. Discover now