Capitolo 5

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"Sulla torta di compleanno metto le candeline col numero degli amici.

È l'unica cosa che valga la pena contare".

( L. Valli)


Quando prendiamo il taxi, la neve cade fitta e il vento sembra voler aumentare d'intensità. Senza esitazioni

il mio vicino di casa da le indicazioni al conducente che qualche minuto dopo ci lascia in Rue de Rivoli, davanti all'ingresso di "Angelina" una delle pasticcerie più rinomate di Parigi.

Appena scendo dal veicolo resto imbambolata guardando l'insegna nera a caratteri d'oro.

«Andiamo» mi esorta Cédric, tendendo la mano verso di me.

La guardo per alcuni istanti, domandandomi che fine abbia fatto Flora, ma ho talmente bisogno di sentire che stasera è tutto per me da decidere di ignorare il dubbio. Lo seguo dentro e, ovviamente restiamo lì per almeno mezz'ora dato che non so bene che torta scegliere.

Alla fine mi ha aiutato a decidere tra una millefoglie e una Tarte ai lamponi. Abbiamo optato per la seconda e non appena usciamo, una folata di vento freddo ci prende alla sprovvista; istintivamente lui apre un braccio per farmi da scudo ed io mi tuffo sul suo petto coprendomi gli occhi con una mano. Poi mi cinge le spalle e con assoluta naturalezza camminiamo avvinghiati sotto il portico, verso la stazione della metro.

«Tu e le decisioni non andate molto d'accordo, vedo ...» constata ironizzando bonariamente.

Sollevo il capo per guardarlo ... mi sento così bene sotto la sua ala protettiva. «Diciamo che neanche tu mi hai reso le cose facili, eh!»

M'indirizza un sorriso e mi rendo immediatamente conto dell'ambiguità della frase. «Intendevo dire che la scelta dei dolci in questo posto è ... complessa».

Mica che tu mi abbia reso più complicata la scelta tra Parigi e New York! Proseguo nella mia testa, arrossendo.

«Chiaro, una millefoglie fa gola ma un palato fine preferirà sempre l'acidità dei lamponi mista alla dolcezza della crema, trovi?»

Si sta paragonando ad una Tarte di lamponi?

«Io ho sempre amato i lamponi ...» e non capendo più di cosa stiamo parlando rettifico: «Sono un frutto sottovalutato».

«Dici?»

«Certo! Stanno benissimo anche nel cioccolato».

«Interessante connubio ...»

Sbarro gli occhi incrociando il suo sguardo malizioso. Lui scoppia a ridere apertamente mentre io lo ammonisco: «Cédric, smettila subito!»

Ma non finisce di ridacchiare neanche quando entriamo nella stazione della metro e spettiamo il treno che ci porterà a casa.


Appena apro la porta e accendo la luce, un tripudio di urla e coriandoli luccicanti mi travolge, facendomi indietreggiare per sbattere contro il petto di Cédric.

Lia, Juliette e ... Félix sono qui e saltellano intorno a me abbracciandomi a turno.

La prima è mia cugina. «Auguri Cugins del mio cuore!» i suoi occhi sono umidi; ha davvero temuto che partissi! Poi tocca a Juliette che mi abbraccia con forza e decisione sussurrando: «Hai scelto ciò che volevi e quindi la cosa giusta. Buon compleanno Ella!»

Ed in fine io e Félix ci guardiamo commossi. «Dove credevi che sarei andata, eh?» domando, prendendolo in giro. A questo punto spalanca le braccia e viene a stritolarmi mentre i lacrimoni gli rigano il viso.

«Sono così felice Chérie! Felice compleanno!»

Passiamo la serata a bere vino, mangiare la Tarte di lamponi che oltre ad essere deliziosa, sembra non finire mai e giochiamo a Tabu fin quando non ci ritroviamo stesi sul divano con l'addome gonfio e calici di vino sempre pieni in mano.

«Avete riempito il mio pavimento di coriandoli ...» noto contrariata.

Félix, seduto accanto a me, solleva un sopracciglio. «Ci voleva un rientro trionfale».

Juliette sbuffa sputacchiando un po' di vino. «Con coriandoli glitterati rosa?»

Il mio amico sembra offeso. «Quei coriandoli sono splendidi! Li ho scelti appositamente per l'occasione in quel negozietto sotto casa mia, non appena Cédric mi ha telefonato ...»

E contemporaneamente alla pronuncia di quel nome sento l'eloquente gomitatina di Lia.

La guardo e lei con un cenno della testa m'indica Cédric, in piedi davanti alla portafinestra che gusta il suo vino, placido e silenzioso con una mano nella tasca dei pantaloni.

Senza esitazioni mi alzo e lo raggiungo. «Dunque ... devo dedurre che tu sia felice che io sia rimasta !» inizio, guardando dritto nei suoi grandi occhi grigi; lui aggrotta le sopracciglia. «Assolutamente no ... ti ho già detto che la tua presenza mi risulta impertinente?»

«Impertinente non vuol dire ...» esclamo con un tono da maestrina, ma lui mi interrompe e mentre parla si china verso di me con il solito sorriso sghembo: «Impertinente, signorina, significa una moltitudine di cose tra cui : presuntuosa, screanzata, sfacciata, insolente ... vuoi che continui?»

A Tabu è fortissimo, non c'è che dire.

Non riesco a sostenere il suo sguardo senza ridere. «Okay. Allora che mi dici di quelle telefonate che dovevi fare non appena hai saputo che non ho accettato l'incarico a New York ?» alludo al fatto che abbia messo su questa festicciola in pochi minuti.

«Lavoro» risponde bevendo un sorso di vino per celare l'ennesima risata.

A questo punto lo pungolo con l'indice: «Sei proprio un pessimo bugiardo, devo dirlo».

«E tu un'ottima fanfarona. Per un attimo ho veramente creduto che te ne stessi andando!» mi accusa.

«Ma se in questi giorni non mi hai detto una sola parola!» scatto accalorata.

Sorride vedendo la mia reazione e mi accarezza una guancia. «Che cosa dovevo dirti? Toccava a te scegliere» e poi poggia il dorso delle dita con più pressione sulla mia pelle e con un tono tenero nota: «Scotti, e sei tutta rossa».

«È il vino» giustifico.

E anche tu!

«Ehm, ehm!» il nostro piccolo momento di confidenza viene interrotto da Lia che si schiarisce la voce con un'espressione divertita sul viso, mentre Félix esclama con naturalezza :«Se volete ce ne andiamo».

Io sbarro gli occhi e metto le mani avanti. «Ma assolutamente no! Juliette deve leggere le carte!» scatto, allarmata.

«Avete portato l'erba?» è la domanda della mia amica, mentre ci sistemiamo a cerchio sul tappeto.

Con stupore di tutti è Cédric a tirare fuori dalla tasca della giacca una bustina con due spinelli già pronti.

«Tu sai?» domanda Félix sconvolto.

«Si dia il caso che qualcuno di mia conoscenza mi abbia svegliato una notte, preda di una fugace ispirazione dovuta a questo tipo di situazione! Quando ho sentito Juliette mi ha detto che avrebbe portato le carte e ho dedotto che servisse dell'altro».

«Bando alle ciance ragazzi, da chi comincio?» scatta Juliette mescolando le carte.

«Comincia con Cédric» suggerisce mia cugina.

«Ci sto!» risponde prontamente lui mentre accende la canna e me la passa con un sorriso eloquente.

«Devi prendere la cosa sul serio, altrimenti non avrai risposte reali!» lo ammonisce Juliette legandosi in testa il suo foulard da megera.

Lui annuisce e chinandosi verso di me confessa: «Chissà che rivelazioni farà sul mio futuro? Di certo sei compresa anche tu, visto che rimani a Parigi ... buon compleanno impertinente stacanovista dei miei stivali».

Ricambio lo sguardo malizioso aspirando il fumo e finalmente sento i nervi distendersi.

Sono a casa. Parigi equeste persone sono casa mia. 

Per un imprevisto a New YorkWhere stories live. Discover now