Capitolo 4

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"Esitare va benissimo,

se poi fai quello che devi fare".

( B. Brecht)


Sollevo lo sguardo dal display e resto in trance ad osservare tutto quello che succede intorno a me e, è come se vedessi tutto a rallentatore: Marie che gira tra le scrivanie distribuendo documenti e carpette mentre parla al suo supertecnologico auricolare, Paul che sbuffa al telefono con l'assistente di qualche cliente (o con la moglie), Céline che esce dal suo ufficio con un'allure perfetta e il suo passo spedito sui tacchi vertiginosi e tutti che la osservano un po' meravigliati ma anche intimoriti, l'espressione terrorizzata della povera sfortunata sulla cui scrivania scaraventa una carpetta rimproverandola per il pessimo lavoro, Félix che istintivamente si volta a guardarmi con il solito sguardo pettegolo ed io che rido sotto i baffi nascondendomi dietro lo schermo ... solo che stavolta la nostra complicità non dura più di due istanti perché i suoi occhi ridenti improvvisamente mi fulminano, tornano al contratto che stava esaminando e la magia del rallenty svanisce. Sbatto più volte le palpebre e finalmente mi decido ad andare a parlargli, visto che non mi rivolge la parola da quella famosa colazione in cui ho annunciato che Céline mi ha offerto un posto a New York.

«Ti serve qualcosa?» domanda senza neanche scollare l'attenzione dal malloppo che sta esaminando. Mi mordo le labbra e senza troppi preamboli esclamo: «Sì, vorrei che il mio amico tornasse a rivolgermi la parola visto che da due giorni non mi degna di una sola sillaba!»

«A che scopo? Tra un po' te ne andrai ... mi sto già abituando alla tua assenza!» dice con una calma snervante.

Stringo i pugni. «Ma io non ho ancora deciso!»

«Tu non lo sai, ma sei già partita. E sai perché lo so? Perché Céline ti ha offerto un salto di carriera che solo un pazzo rifiuterebbe, il tuo uomo ti regalerà le chiavi del suo super attico nell'Upper West Side e in men che non si dica ricomincerai una vita dall'altro lato dell'oceano» mantiene il tono pacato ma qualcosa nella sua voce mi fa capire che anche lui sta per esplodere.

Allora provo a provocarlo in maniera diversa. «Criticavi tanto Regina per il fatto che si fosse offesa per la storia di Capodanno, ma tu fai lo stesso!»

«Beh, aveva ragione: non saresti dovuta venire a New York, così non avresti incontrato Frank, cazzo!» e pronunciando l'ultima parola batte un pugno sulla scrivania e si alza andando dritto nell'ufficio di Céline.

Io lo seguo con lo sguardo lucido e soltanto adesso mi accorgo che Cédric, in fondo alla stanza, ha assistito alla scena e sospira, palesemente esasperato mentre alza gli occhi al cielo.

Accenna soltanto un saluto, poi anche lui si dirige velocemente nella stessa direzione di Félix.

Sono passati due giorni dalla fatidica sera in cui ho spiato lui e Flora dal balcone e ci siamo soltanto scambiati qualche saluto qui a lavoro e sulle scale di casa; non mi ha detto nulla, neanche una domanda a proposito di New York. Sembra che non gli interessi, perché non credo affatto che non sappia che potrei andarmene.

Anche se ancora non so decidermi.

Non ho ancora stabilito se accettare la proposta di Céline oppure no. Félix è quello che l'ha presa peggio, mentre Lia e Juliette dicono che mi sosterranno a prescindere. Ma se devo dirla tutta, neanche loro sembrano entusiaste.

Inoltre oggi è il mio compleanno e nessuno a parte loro e mia madre mi ha ancora fatto gli auguri.

Ah e Frank, ovviamente. Appena sveglia ho trovato il salotto pieno di rose bianche e una colazione degna di una regina.

Per un imprevisto a New YorkWhere stories live. Discover now