Capitolo 8

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Novembre passò velocemente. Fu un mese relativamente normale, noioso e vuoto. Prima che me ne rendessi conto, era dicembre. Alexi non mi aveva più parlato del piano e gli altri avevano a malapena commentato il fatto che anche io adesso ne fossi a conoscenza. Lo trovai strano, ma non avevo la minima idea di come affrontare l'argomento con loro. Non avevo ancora dato ad Alexi una risposta se volessi unirmi a loro oppure no. Ero combattuto; non sapevo fino a che punto ero disposto a spingermi, e se fossi pronto a mettere da parte i miei dubbi e le mie credenze – o la mancanza di esse – e seguirli ciecamente. Inoltre, ciò avrebbe significato implicarmi in qualcosa di potenzialmente pericoloso e macabro; per avere il potere di un Dio, avrei dovuto vendere la mia anima al Diavolo. Se avessi avuto almeno un po' di Fede, sarei stato sicuro che saremmo finiti tutti all'Inferno. La cosa più inquietante, però, era che io sembrassi l'unico a essere preoccupato da tutta quella vicenda.

«Oggi è stata l'ultima lezione del semestre», annunciò Jamie, mentre raccoglieva libri e appunti. Aveva passato le ultime due ore a leggere una specie di poesia in inglese antico, un mito su un ragazzo che voleva ottenere la vita eterna, e per questo aveva fatto infuriare gli Dei - o almeno pensavo che fosse qualcosa del genere dato che non avevo prestato davvero attenzione. Avevo fissato lui per tutto il tempo. Dopo quello che Alexi mi aveva mostrato, non riuscivo proprio a guardare Jamie nello stesso modo. Cercavo di scovare qualche traccia dell'oscurità che ora sapevo si nascondeva dietro quei sorrisi educati, dietro la facciata da bravo professore. Jamie Roberston aveva le mani sporche di sangue e voleva che noi diventassimo come lui; corrotti, sporchi, malvagi.

«Benjamin, posso parlarti un secondo?»

Mi fermai, rabbrividendo per il tono di Jamie, che non contemplava un no come risposta. Con la coda dell'occhio, vidi Alexi che mi aspettava sulla porta, con un'espressione inquisitoria sul volto. Gli feci un cenno con la testa e, dopo aver esitato un attimo, lui se ne andò con tutti gli altri. Rimasi così da solo con Jamie. Qualche settimana prima, non mi sarebbe dispiaciuto; ora, le mie mani iniziarono a sudare. Non volevo che pensasse che fossi intimidito da lui, quindi raddrizzai le spalle e mi avvicinai alla scrivania cercando di mantenere un'espressione neutrale.

Mi schiarii la gola e dissi: «Certo.»

Jamie fissò i suoi occhi nei miei, sorridendo come una volpe in un pollaio... e io ero il pollo. «Volevo solo sapere come ti sei trovato nella mia classe questo primo semestre. Riconosco che Folklore non è per tutti. Spero che tu—»

«Con tutto il rispetto», dissi, fingendo una sicurezza che non avevo. «Non vuoi chiedermi del modulo. Perché non vai dritto al punto?»

Il sorriso di Jamie vacillò solo per un momento prima che iniziasse a ridere. Lo fissai, sconcertato. «Oh, Ben. Mi piaci davvero. Sai sempre come sorprendermi.» Si avvicinò e cercai di non indietreggiare istintivamente. «Mi risulta che Alexi ti abbia detto tutto.»

«Sì.»

Jamie sospirò e agitò una mano davanti a sé con nonchalance. «Ero contrario, ovviamente.»

«Ah sì?»

Aggrottò le sopracciglia, il sorriso ormai dimenticato. «Non credo che tu capisca le reali implicazioni di ciò che stiamo facendo qui.»

Era quello il problema, allora. Non pensava che meritassi tale conoscenza. Non ero come il suo prezioso Alexi; il suo pupillo intelligente, spietato e disperato. O forse era solo preoccupato di quello che avrei potuto fare, perché non ero così facilmente manipolabile nel credere che il suo patetico incantesimo avrebbe funzionato.

«Penso di capire bene», brontolai.

«Credi?» Si appoggiò con il fianco alla scrivania. «Quindi Alexi ti ha spiegato tutti i passaggi nei dettagli?»

Gilded Cage - L'illusione della libertàWhere stories live. Discover now