14. Mattone dopo mattone

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Aula Venti, 11 settembre 1999

Altro che schiantesimi, lo avrebbe steso a mani nude se non si fosse cucito quella bocca.

«Malfoy, se non ti focalizzi sul respiro quando compi questi movimenti, invece di contraddirmi ogni due secondi, non riesci a trovare il baricentro.»

«E tu come fai a respirare se impieghi quella boccaccia per tormentarmi?»

Affianco a lui, lo osservò piegare il ginocchio destro mentre teneva la gamba sinistra tesa dietro di lui e allargava le braccia nella posizione del guerriero. Theo e Blaise, rispettivamente alla destra di Hermione e alla sinistra del biondo la ascoltavano attenti e in perfetto equilibrio eseguivano il movimento.

«Devi girare il torace e le spalle devono essere parallele alle anche» gli suggerì. Il ragazzo voltò la testa sulla spalla per scoccarle un'occhiata infastidita. «E tieni gli occhi fissi davanti a te o perdi...» appenai suoi occhi grigi sfiorarono i suoi, li sgranò colpiti da un lampo di dolore e si accasciò in avanti, il tappetino sotto i suoi piedi attutì la collisione del ginocchio contro il pavimento. «...l'equilibrio» sospirò esasperata.

Blaise oltre Malfoy soffocò una risata gonfiando le guance e abbassava lo sguardo oltre la spalla sul compagno a terra.

«Anche tu, Blaise. Occhi avanti» lo rimbeccò Hermione e lui prese un lento respiro e ritornò con lo sguardo fisso avanti a sé, il corpo longilineo e tonico mentre manteneva con fierezza la posizione.

«Sì, anche tu, Blaise» disse Malfoy in falsetto mentre si rialzava e le scoccava la stessa occhiata di sdegno.

Hermione alzò gli occhi al cielo per la trentesima volta nell'ultima mezz'ora.

Si era stupita quando l'aveva visto varcare la soglia dell'aula insieme agli altri Serpeverde e non le era sfuggito l'aria circospetta mentre ispezionava l'ambiente che aveva trasformato nelle ultime ore perché gli incubi l'avevano di nuovo sottratta dal sonno e aveva lasciato il suo dormitorio molto prima dell'alba e poi su di lei, che aveva impiegato la sua magia per rendere l'aula un angolo di giardino zen aggiungendo altre piante e cespugli o l'edera che ricopriva le pareti, invece di concentrarsi a nascondere il pallore e le occhiaie che ormai la segnavano da giorni. L'aveva visto adombrarsi ancora di più quando il suo sguardo era scivolato sulle braccia nude, ancora su quella cicatrice, e si maledisse per non aver portato una felpa, ma il freddo della notte sulla pelle la aiutavano a scivolare via dal gelido terrore che l'aveva assalita nel suo inconscio e che le donavano la lucidità che le serviva per affrontare un'altra giornata. Ma per quanto lo avesse turbato quella vista negli abiti babbani, Malfoy non aveva perso la spinta di farla irritare con ogni parola con cui la sobillava. Ormai sembrava essere diventato il suo sport preferito. E più lei tentava di ignorarlo, concentrandosi su quella lezione di yoga, per allontanare il ricordo delle sue grida terrorizzate, più lui la incalzava da principe delle serpi qual era.

«Tutto ciò è ridicolo. Ma non mi sorprendo più di tanto, ormai» disse di punto in bianco il ragazzo. «Come quella ridicola crociata sulla liberazione degli elfi. Perché t'interessa davvero? Il tuo è solo un modo per elevarti, per mostrare quanto tu possa essere migliore delle altre persone. Voi Grifondoro avete un complesso dell'eroe senza pari.»

«Perché m'interessa, Malfoy?» disse tra i denti guardandolo di sbieco, affianco a lei. «Secondo te, perché proprio a me importi di come le persone, di come i maghi trattano delle creature pensanti e sensibili che la maggior parte ritengono inferiori?» Non poté evitare di dirigere il mento verso l'avambraccio nudo e sosteneva il suo sguardo. «Non pensi che possa avere una rilevanza personale, per me?»

Lo vide stringere la mascella, negli occhi una luce indecifrabile mentre faceva scivolare ancora lo sguardo sulla cicatrice.

Nel silenzio pesante che era sceso nell'aula, Theo dietro di lei sbuffò. «Smettetela un po'! Così mi deconcentrate.»

Mexican StandoffWhere stories live. Discover now