13. Non sono solo parole

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Quella mattina, prima che raggiungesse la Grifondoro nell'aula delle esercitazioni, aveva chiesto a Blaise di spiegargli quella parola babbana: Karma.

Il suo amico aveva cercato per un po' nella sua borsa con un sorrisetto divertito e poi gli aveva lanciato un libricino sgualcito che aveva visto anni migliori per tutte le pieghe e le sbavature da cui era stato afflitto. Draco lo sfogliò con reticenza facendo scorrere velocemente le pagine sotto il pollice e quando era arrivato all'ultima pagina aveva formulato con la gentilezza che lo contraddistingueva a non prenderlo per il suo perfetto regale podice, di certo non si sarebbe messo a leggere un libro babbano. Salazar, temeva di essersi condannato a qualche maleficio solo per averlo toccato.

Perciò Blaise, avendo pietà di lui, seppur mantenendo il proverbiale sorrisetto, lo aveva introdotto al concetto con un corso accelerato. Del suo spiegone ricordava solo che lui era quello che era nel presente in base a quello che era stato in passato e ciò che sarebbe diventato in futuro avrebbe potuto vederlo da quello che era nel presente, che poi era il passato del futuro. L'aveva chiamata Legge del Samsara, o di causa-effetto.

Ora, non che volesse puntualizzare quanto ormai il suo compagno fosse fuori di pluffa con tutta quell'erba di cui si assuefaceva la sera, ma quella legge oltre ad essere sconclusionata era anche fallace. Perché se lui era stato in passato quello che era stato, non avrebbe dovuto esserci ragione in quello che aveva fatto nonostante quello che era, no? Se lui odiava tutto ciò che non faceva rima con purosangue e Serpeverde, come si era ritrovato allora ad agire diversamente? Era stata una sua scelta, certo, impulsiva e vicina al martirio, ma era partita da lui. Perché credeva che fosse tutto sbagliato. Se fosse andato a dire al ragazzino tredicenne che un giorno nel futuro avrebbe salvato Hermione Granger, quello gli avrebbe impresso la stessa cinquina sulla guancia che infiammava la sua. A quel punto era terrorizzato di scoprire cosa ne sarebbe stato del sé del futuro ritrovandosi in quel presente fatto di tarli fastidiosi e rimorsi. Porco Godric! E se fosse diventato addirittura amico di Potter? Quello era oltre il martirio, aldilà del masochismo, un piano al disotto del baratro del peggio; era qualcosa di così indicibile che se l'avesse estrapolato dal suo subconscio sarebbe morto soffocato dal suo stesso vomito.

Eppure quei rimorsi gli punsero la nuca come spilli quando l'aveva vista con i palmi alzati mentre lui era pronto a scattare perché aveva capito cosa fossero i suoi amici ed era ripiombato in quegli incubi oscuri di urla e tormento. Era da tempo che avevano smesso di perseguitarlo, si era detto così tante volte che era riuscito a salvarla che finalmente aveva assorbito le parole del vecchio preside. Lei era viva e lui non era un assassino. Aveva fatto la cosa giusta.

Ma ora quella cicatrice era ancora lì e lui si era ritrovato di nuovo nel salotto di casa sua con la consapevolezza che in realtà non aveva fatto abbastanza.

«Hai ancora gli incubi?» Draco ripropose la sua domanda, i pugni ben stretti nelle tasche dei pantaloni. Si concentrò sul tessuto morbido che gli sfiorava le nocche e annullò alla vista tutto quello che c'era al di sotto del collo della ragazza.

«Sì, li ho ancora, anche se a giorni alterni» disse Granger fissandolo dall'altra parte dell'aula.

«Che genere di incubi?» chiese ancora.

«Si era detto una domanda per una domanda.»

«Non sei stata esaustiva.»

«Allora fai domande meno circoscritte» rispose alzando un sopracciglio, l'arroganza puntigliosa che la contraddistingueva le fiammeggiava nello sguardo. Una prassi.

Draco sbuffò. «Che vuoi sapere?»

«Perché hai avuto quella reazione quando ho scoperto della relazione tra Blaise e Theo?»

Mexican StandoffWhere stories live. Discover now