Capitolo 26 - Il debito

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Nell'ufficio di Madame De la Roux prevalevano il rosso sangue sulle pareti e la moquette del pavimento, assieme al colore del mogano dei suoi mobili.

Seduti di fronte a una scrivania con dei documenti e un portatile, Nat e Sean stavano aspettando pazientemente l'arrivo di Madame.

Ok, non proprio pazientemente. Il piede di Nat batteva sulla moquette e il dito di Sean batteva sull'avambraccio a causa delle braccia conserte.

«Spero tu sia cosciente che è tutta colpa tua», sbottò la ragazza. Era una situazione imbarazzante, si sentiva come se l'avessero convocata nell'ufficio del preside per una marachella.

Sean gettò il capo all'indietro ed emise una pernacchia nel ridere. «Certo. Ovviamente dai la colpa a me. Tu mi hai spinto contro quella stupida statua».

Nathalie si sporse verso di lui. «Tu ci hai portati in biblioteca, in primis».

L'uomo della sicurezza, che stava sorvegliando la porta a doppia anta aperta, portò gli occhi al cielo.

«Per nasconderci dagli altri, tra cui tua madre. Avrei dovuto lasciarle vedere che frignona è sua figlia».

«Saremmo potuti restare in bagno se tu...!»

Un bastone cadde in mezzo a loro, colpendo la scrivania e facendoli sussultare.

Nat si tappò la bocca. Meglio non far perdere ancor di più la pazienza alla padrona di casa. Rimembrava l'immagine di una Madame De la Roux incazzata. Faceva male agli occhi e alle orecchie.

«Madame, posso spiegare».

La donna sospirò. «Qual è il motto che ti ripetevo sempre, quando prendevi lezioni da me? Balla come se fossi...?»

Nat chinò il capo. «Sul bilico del mondo».

Balla come se tutto stesse per finire. Come se ti stessi giocando ogni cosa. Come se rischiassi la morte.

Forse, quella sera, era così.

Madame De la Roux lasciò all'uomo della sicurezza il suo scialle e il suo bastone, poi gli fece cenno di uscire e chiuse l'unica via d'uscita. Sorpassò i due giovani, sfiorando la spalla di Sean, e si sedette alla grande scrivania di legno lucido. «Era il 1983 quando iniziai a studiare danza. Ci misi anni per perfezionare la mia tecnica, mi spronavo, neanche la perfezione mi bastava. Quando sono entrata alla Julliard School, mi sono sentita ripagata di tutti i miei sforzi. Ma non ero mai soddisfatta. Pretendevo il meglio da me e dai miei compagni, i quali alla fine si sono rivelati solamente un peso. Ce la feci da sola, pagai i miei studi da sola, entrai nel corpo di ballo europeo più richiesto da sola. E quando andai in scena per la prima volta, con Il lago dei cigni, il pubblico esordì in un applauso fragoroso. Nella zona VIP, vi era un membro del Partito Socialdemocratico inglese. Gli piacque così tanto la mia esibizione che venne a rivederla, più volte. L'ultima sera, mi regalò una splendida statua di cristallo a forma di cigno, che ho conservato calorosamente fino a oggi».

Sia Nat che Sean nascosero la testa tra le spalle.

«Quel cigno rappresentava l'inizio dei miei giorni di gloria, prima che il mio ginocchio venisse operato, stroncando la mia carriera di prima ballerina e costringendomi a insegnare come ripiego».

Sean si allentò la cravatta per deglutire. Non gli piaceva come si stava svolgendo la serata.

Madame prese una cartella da un cassetto della scrivania e col dito cercò un nome tra quelli segnati. «Eccoti qui. Mr Foster, dico bene? Ci hanno presentati a inizio festa. Hai rischiato grosso con l'aggressione. Cosa dirà il giudice quando gli dirò quello che hai fatto in una proprietà che non ti appartiene? Non si mette bene per te».

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