Capitolo 14 - Una risposta per una risposta

1.4K 39 5
                                    

Nathalie si fece scrocchiare il collo indolenzito e portò un’altra forchettata dell’omelette con prosciutto e formaggio alla bocca. Seduta alla penisola della cucina di casa Foster con Sean di fronte a lei, stavano mangiando in silenzio la colazione cucinata da lui.

Dopo che aveva accettato l’offerta di Sean, il giorno prima, erano andati a casa di lei per preparare un borsone con il necessario per un weekend fuori. Avevano cenato con tanto di battute pieni di botta e risposta e avevano passato la notte a fare sesso sull’unico letto matrimoniale che c’era.

Nat restò inamovibile sotto gli occhi di Sean e sorseggiò la sua spremuta. «Che c’è?»

Sean la fissò. Capelli biondi scompigliati, felpa grigia con lo stemma di Harvard e boxer neri. Pareva una casalinga disoccupata appena svegliata. Come riusciva a trovarla attraente persino in quello stato?

«Sto aspettando che mi salti addosso, così possiamo riprendere da dove ci siamo interrotti stanotte».

«Io non ti salto addosso».

«In verità, lo hai già fatto. Due volte».

«Dopo che tu mi hai stuzzicata per settimane».

«Puoi biasimarmi?»

Mise da parte il piatto ormai vuoto e si sporse, le mani poggiate al piano. «Ti dovrei sculacciare».

«Sì, ti prego».

Lord Menace… Lui e i suoi pettorali gonfi per l’allenamento, i muscoli abbronzati che si flettevano a ogni suo movimento, i pantaloncini neri che risaltavano la sua carnagione, soprattutto alle ossa più sporgenti vicino alle ginocchia.

Era più tollerabile quando stava zitto.

«Perché la casa è vuota?» Spinse i pensieri di entrambi da un’altra parte per non cedere immediatamente a quell’ammaliante stronzo.

Lui fece spallucce e si imboccò con l’uovo ripieno. «Mia sorella e suo marito sono in una seconda luna di miele. La prima ha fatto abbastanza schifo».

«E i tuoi genitori? Dove sono?»

«I tuoi dove sono?»

Touché.

Se lei non parlava, lui non avrebbe parlato. Un giusto compromesso.

Nat si stiracchiò. Quando non scopavano, l’atmosfera si faceva pesante. «Ti leggo la curiosità in faccia. È fastidioso».

Sean girò attorno alla penisola e la fece voltare, incastrandosi tra le sue gambe. «Non avrei tutta questa curiosità se tu rispondessi a qualche mia domanda».

Si costrinse a non perdere la pazienza. Per Sean, lei era semplicemente una ragazza comune che aveva cambiato scuola prima del diploma. Magari per via del lavoro di sua madre, per episodi di bullismo, per avere una casa più grande.

Non poteva pensare che fosse per qualcosa di ben peggiore, giusto?

«Il mio segno zodiacale è il Leone, sono una delle poche persone al mondo che preferisce i waffles ai pancakes e quando disegno uso sia la destra che la sinistra. Sono arrivata terza alla fiera della Scienza del secondo anno portando un modellino del Sistema Solare modificato, mostrando quali conseguenze ci sarebbero state se la Terra fosse stata veramente al centro dell’universo. Prendo il caffè solo la mattina, mai il pomeriggio, vorrei dare fuoco a qualsiasi tutù di questo mondo e trovo ineccepibile come le persone non battano ciglio nell’accendere le sigarette altrui, ma non donino un soldo ai bisognosi. Questo è tutto quello che saprai di me. Accontentati».

La mano sulla sua coscia risalì fino a infiltrarsi dentro i boxer e due dita le sfiorarono le mutandine.

«So anche che sei una lanciatrice di coltelli formidabile. Mostramelo ancora».

Prese un coltello dal set, simile a quello che lei aveva tirato la prima volta. Glielo passò, si allontanò e si mise con la schiena contro il muro. Restando fermo il più possibile, tenne in equilibrio una mela sulla testa.

Nathalie si strozzò con una risata. «Rischio di ucciderti».

«Lo stai già facendo. Lentamente».

Si alzò e calcolò la distanza tra di loro. «Mi ricorda quella fiaba dell’arciere e il figlio».

«Per loro è finita bene».

«L’hai voluto tu».

Era la prima volta che lo faceva mettendo a rischio la vita di qualcuno. Poteva riuscirci. Doveva solo mantenere lo sguardo sulla mela.

Evitare di sbirciare le braccia e le spalle a cui era rimasta aggrappata per ore.

La bocca che con i suoi ghigni l’aveva fatta impazzire.

Gli addominali che si erano strusciati sul suo ventre piatto mentre le entrava dentro, poi usciva ed entrava, usciva ed entrava…

Strinse forte il manico e chiuse gli occhi. Un respiro, due. Tornò a guardare il suo bersaglio, calibrò il proprio peso, roteò col corpo e lanciò. La lama trafisse il frutto.

Ce l’aveva fatta.

Sean non aveva fatto una piega. Aveva continuato a osservarla, senza timore. Come se si fosse fidato di lei.

Andò da lui e sollevò la mano, prendendo il coltello. Sean l’afferrò per il polso, costringendola a restare in quella posizione. I loro volti erano vicinissimi.

«Lo sapevo che eri una professionista». Il braccio libero di lui le circondò i fianchi.

Spavalda, Nathalie sorrise. «Dovresti vedermi con la pistola».

L’assalì, la fece sedere sulla penisola con prepotenza e Nat per sbaglio sfiorò un bicchiere, facendolo cadere e mandandolo in frantumi. Ma al momento, con le labbra di Sean su di lei, non le poteva fregare di niente.

Sean le mordicchiò il lobo e le palpò una tetta. «Non farò nulla senza il tuo permesso. Ho bisogno di sentirti dire che lo desideri».

Lo ingabbiò tra le sue cosce, facendogli sentire il suo calore. «Io… voglio… che tu… mi scopi», sussurrò, arrapata e pronta.

«Il consenso è sexy».



UNAPOLOGETICKde žijí příběhy. Začni objevovat