Doppio sogno (III)

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Quando apro gli occhi, la luce rosata dell'alba entra dall'oblò, un fascio che si dirama dritto sulla punta del naso. Riscalda di una tonalità romantica l'intero monolocale, la trave con le stelle fosforescenti, le piastrelle beige con le loro ammaccature.

Sono sul materasso a una piazza e mezza, avvolta in un caldo asciugamano e con i capelli ancora così bagnati da sembrare incollati alla faccia. Il braccio di Marco, una cintura attorno ai fianchi, mi tiene assicurata al suo petto come una fune di sicurezza, una protezione per impedirmi di scappare. Scappare dove, poi?

«Sei sveglia?»

La sua voce mugghia contro la mia nuca, impastata dal sonno trattenuto. Deve essere rimasto tutto il tempo a guardarmi.

«Marco...»

La colpa per quella parola, aspetta, attorciglia le budella.

«Va tutto bene, sul serio» mi rassicura. «Abbiamo tutto il tempo del mondo, noi due. L'abbiamo sempre detto, no?»

Con la schiena incastrata nel suo petto non riesco a leggergli il viso. Strizzo le palpebre, lo faccio per dimenticare, per schiacciare il tasto indietro e tornare a qualche ora fa. Il dito, però, non sa quando fermarsi, se selezionare l'attimo in cui sono entrata in doccia e annullare quell'atto d'amore, o zittire il mio aspetta che vi ha messo fine.

Vorrei che la storia con Marco non fosse una casualità di gesti e parole, né un palazzo di ghiaccio costruito sulle fondamenta di carboni roventi. La struttura della nostra reggia sarebbe instabile. I resti di Celeste, di Nicola, del nostro passato la scioglierebbero in un secondo, ci ridurrebbero a una pozzanghera di acqua rancida.

Forse un giorno non ci sarà più Celeste.

Forse un giorno mi scorderò di Nicola.

Forse un giorno non esisteranno più mezze parole e silenzi confusi.

Forse un giorno taglieremo le distanze di infiniti chilometri.

Forse un giorno smetterò di dover rinunciare a me per arrivare da lui.

«Ti posso pettinare?» mi chiede Marco, nel momento in cui scioglie il suo braccio dal mio stomaco.

Ti posso capire?

«I tuoi capelli sono tutti un groviglio.»

Noi siamo un groviglio.

«Ti pettinavo sempre quando eravamo più piccoli!»

Gli concedo questa misera grazia, di tornare a sfiorare una parte di me, di illuderci di essere ancora i ragazzini di un tempo, fermi sulla soglia di un binomio ancora da vivere. Marco incastra i denti di plastica nelle mie ciocche avviluppate. Tira con delicatezza, quando incontra un ostacolo, dà un veloce strattone di polso per districare l'intreccio.

Sono mille i nodi che mi scombussolano la chioma, lo stesso numero delle difficoltà che immagino, quando penso a me e a Marco felici. Credevo bastasse trasferirmi a Friburgo e vivere con lui per annullare i nostri problemi. Invece ho scoperto che anche se il luogo cambia, io e Marco restiamo gli stessi. Sono le parole taciute, i sentimenti negati, la passione nascosta dietro ad altri ad averci dilaniati. Non navighiamo più in un mare di acqua cristallina, ma in una brodaglia stantia.

Basterebbe essere sinceri, srotolare la lingua in una verità che abbiamo troppa paura di ammettere.

Ti amo, Nina.

Ti amo, Marco.

E distruggere con un laser da extraterrestre tutte le particelle di acqua impura che ci vogliono affogare.

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora