Acqua di malasorte

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Natale bussa alle porte. L'atmosfera è ricca di jingles, omoni travestiti da Babbo, borsoni colmi di regali. In genere mi lascio scaldare dalle tazze di cioccolato fondente, dalle luminarie che uniscono i tetti delle case con fili di luci gialle, a dimostrare che almeno in questo periodo, Natale, il mondo dovrebbe stare più unito.

Per me e Marco è l'opposto. Entrambi siamo a Viacampo per le festività e il periodo prima degli esami. Quelle luminarie non sono un gomitolo di pace, amore e buoni sentimenti, ma una matassa di filo spinato appeso al muro che ci divide, un nuovo ostacolo alla risalita.

Inutile parlare con Biagio e confessare di rivolere il binomio. Parto con le migliori intenzioni, ma quando arriva il momento di metterle in pratica, fallisco. E Marco, nonostante le promesse, è teso, cammina su un filo di raso, incerto se lanciarsi dalla mia parte e sprofondare assieme nell'abisso o crollare dal lato opposto, in fuga.

Lo avevo profetizzato senza bisogno di una sfera di vetro: Marco non ha pazienza, si stanca di me. È al centesimo sorriso non ricambiato, alla millesima stretta di mano sfuggita, al milionesimo sguardo evitato. E adesso, dopo soli dieci giorni, i sorrisi si smorzano, come le belle parole.

Il conto alla rovescia sta finendo e presto Marco esploderà, mi devo sbrigare a gettarmi quella nottata alle spalle. L'intero 23 dicembre rovisto nella scatola, tutti gli oggetti fuori dal contenitore e poi dentro. Dopo aver ripetuto l'operazione un miliardo di volte, capisco per quale motivo continuo ad amare e odiare Marco. Nel mio subconscio la sua figura si è scissa in due persone diverse. Cerco e rivoglio il Marco del passato. Il Marco che adesso mi sorride e scalpita non è lui. È quello nuovo, aggiornato al presente, un usurpatore che ha cacciato la vecchia versione.

Non lo conosco. È una recente invenzione, nata quella notte alla Scalinata del Re. Tra i dirupi e i rigagnoli di fango, è avvenuta la spaccatura: il Marco bambino è corso a rintanarsi nel passato, imbronciato perché stavamo distruggendo il suo gioco preferito, il binomio; il Marco adulto ha colto l'attimo e si è impossessato di presente e futuro.

Posso riempire e svuotare la scatola all'infinito. Il mio Marco è stato soppiantato da uno straniero, ha smesso di esistere. Allora chiudo la scatola nell'armadio, mi domando se sia ancora lì, nascosto in un angolino di quel corpo ingigantito, in quel Marco a me così estraneo:

nelle canzoni che pizzica con la chitarra, non il vecchio repertorio cui ero abituata;

nel vizio di bere caffè amaro a colazione, non una tazza di zucchero con un goccio di caffellatte;

nel vestirsi con cura, mocassini e vestiti firmati, niente magliette stropicciate o indossate al rovescio;

nel trattenere ogni gesto.

Come può cambiare così tanto una persona in tre mesi di università? Vorrei chiederglielo, scuoterlo con la violenza con cui si shakera un mojito, gridargli di uscire fuori. Esci fuori, Marco, se sei ancora lì, torna a impossessarti del tuo corpo, esorcizza l'usurpatore. Deve pur esistere un incantesimo per svegliarti e riportarti da me!

Quattro di pomeriggio, di Marco nessuna notizia e un'improvvisa realizzazione: è il mio turno di tirare la palla, basta dormire, in attesa di un miracolo. Ora corro da Marco, scopro le carte e me lo riprendo. Guido su Pink con la borsa a tracolla colma di libri, mi sbilancia. Il cappottino rosso, sbottonato, svolazza alle spalle creando un mantello alla Superman.

E io mi sento proprio questo, Superman, proprio come quella notte in cui guidavo con Yuri per andare a bruciare il fienile di Marco. Solo che adesso sono più forte di Superman stesso, nessuna kriptonite che potrebbe smorzare la determinazione.

Binomio - 3Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt